Faenza, il «teatro animato» dialettale di Francesco Gobbi da Bertaccini

Romagna | 30 Ottobre 2021 Cultura
faenza-il-teatro-animato-dialettale-di-francesco-gobbi-da-bertaccini
Federico Savini
«L’uso del dialetto in forme poetiche “alte” è una conquista dei poeti del secondo Novecento, ma io credo la semplice bellezza della lingua romagnola, anche al di fuori dei contesti culturali, abbia ancora un potenziale appeal verso un pubblico giovane. Quello che serve è soprattutto un rinnovamento delle narrazioni e dei repertori». Francesco Gobbi è cesenate ma vive a Pisignano, ha 43 anni ed è a tutti gli effetti uno dei più giovani poeti romagnoli che armeggiano con gli strumenti retorici della lingua dei nostri nonni, cioè con il dialetto di Guerrini, Guerra, Baldini e Nadiani. Magari usato in modi nuovi, visto che Gobbi nasce come attore, coltiva da tempo una sua particolare idea di teatro dialettale - smarcata ma nient’affatto aliena dalla tradizione delle nostre commedie - e coltiva pure una vena poetica che è riuscito a portare anche in rete (tra i pochissimi a farlo come si deve). Ad esempio sul suo profilo Facebook e su YouTube, dov’è reperibile lo spettacolare monologo E mat, che lo vede anche in veste di attore e si avvale delle notevoli animazioni di Emilio Rossi (in quello che forse è il primo esperimento del genere con al centro il nostro dialetto), le fotografie di Andrea Pagliacci e le musiche dei Bevano Est.
L’occasione per parlare di Gobbi sulle nostre pagine la fornisce la Bottega Bertaccini di Faenza - un faro per ogni questione dialettologicamente rilevante -, che sabato 30 alle 17.30 ha organizzato un incontro con «Tre poeti contemporanei di Cesena». Il primo è Maurizio Balestra,  fondatore dell’associazione «Te ad chi sit e’ fiol?», firma della Ludla (la rivista dell’Istituto Schürr) e autore dei libri Pauri, Insogni e Pignol (un rifacimento del Pinocchio di Collodi), oltre che della recente raccolta di monologhi Invalnè. Il secondo poeta cesenate è Dolfo Nardini, autore di E’ lavor de’ pisirel: Buiarii (2003), Tango (2007), Cuntantès (2008), Fin a qué (2009) e del recente Poesie, la cui lettura sarà affidata a Maurizio Cirioni.
Quanto a Francesco Gobbi, ha pubblicato l’esordio Poesie e altro nel 2019, mentre da Bertaccini presenterà la nuova raccolta Ch’a n e’ vega int i mercatini in franchising. «Il libro raccoglie poesie e monologhi che porto in giro con i miei spettacoli - spiega Francesco -. Non c’è un filo conduttore, l’ispirazione è molto libera».
Con le poesie fotografi più un momento, insomma, che un tema.
«Sì, vale per la raccolta ma anche per ogni singolo scritto. Gli spunti arrivano, di solito, dalla società o da quello che mi accade, vedi ad esempio la pandemia. A seconda di come si prestano diventano poi poesie o monologhi»
Prima che con la poesia, ti sei cimentato con la recitazione. Come arrivi al dialetto?
«Ci sono immerso da una dozzina d’anni. Ho recitato anche in italiano, prima di arrivare al dialetto. Del teatro dialettale mi sono piaciute soprattutto due cose: anzitutto la lingua, che è proprio bella in sé, e poi la possibilità di fare tante repliche, affinare la spettacolo e incontrare tanto pubblico. Se parliamo di teatro non professionistico, in Romagna le compagnie dialettali funzionano meglio di quelle in lingua; hanno proprio un pubblico che viene per ridere con il dialetto, e non perché ti conosce. Con il Covid ho visto calare il pubblico, ma ce n’è ancora. Attualmente, oltre ai miei spettacoli, collaboro con Cla bela cumpagnì di Forlì e Cvi de mi paes di Vecchiazzano».
«E mat» è un video che ha addirittura le animazioni, oltre che la musica. Forse sei il primo ad avere usato il dialetto nella «pienezza» delle possibilità offerte dal digitale. È l’unica strada per portarlo avanti?
«Se sia l’unica non lo so, ma di sicuro è un modo per rendere attuale il dialetto e questa è da sempre una mia battaglia. Anche all’interno delle compagnie dialettali ho sempre lamentato il fatto che i repertori sono troppo vecchi e non possono attirare i giovani. L’immaginario è quasi sempre quello degli anni ’40 e ’60. Esiste un repertorio più moderno e poco frequentato»
Quindi il problema del rinnovamento del pubblico del teatro dialettale ha a che fare più con i canovacci narrativi che con la lingua?
«Secondo me non è la lingua che tiene lontani i giovani. Il nostro teatro tradizionale si è sviluppato negli ambienti parrocchiali, subendo forti condizionamenti sulle trame e sulla morale delle storie, che è ridondante e prevedibile».
I monologhi di Raffaello Baldini o di Nevio Spadoni sono in toto un altro mondo. Ci vorrebbe un legame fra le due cose?
«Sono distinte a tutti gli effetti, hanno in comune solo la lingua e devo dire che proprio la scoperta di Baldini, e poi di Pedretti, Guerra e Galli per me è stata illuminante, mentre Spallicci mi suona troppo vecchio e retorico. All’inizio anch’io recitavo Baldini, poi l’ho lasciato a quelli più bravi (ride, nda), anche perché negli spettacoli cominciavo ad inserire qualche mio testo e la cosa funzionava. Le tradizionali commedie romagnole sono tutta un’altra cosa, ma non per questo devono rimanere sempre uguali a sé stesse. Il teatro dialettale mi ha dato molto, mi piace interpretare ruoli comici e far ridere la gente, anche assecondando qualche luogo comune. La cosa, invece, che amo di più in un poeta come Walter Galli è la sua “verità”, la crudezza spietata dei suoi versi. Non è per forza un fatto di levatura culturale ma di realismo. E secondo me si può inserire “più realtà” nelle commedie dialettali. Di recente, a Vecchiazzano mi hanno chiesto di fare una serata delle mie, coi miei monologhi e i musicisti in scena, all’interno di una rassegna di commedie dialettali. Un bel segnale».

Alla Bottega Bertaccini i posti sono limitati, si consiglia la prenotazione al numero 0546/681712. Obbligo di Green Pass e mascherina.
Compila questo modulo per scrivere un commento
Nome:
Commento:
Settesere Community
Abbonati on-line
al settimanale Setteserequi!

SCOPRI COME
Scarica la nostra App!
Scarica la nostra APP
Follow Us
Facebook
Instagram
Youtube
Appuntamenti
Buon Appetito
Progetto intimo
FuoriClasse
Centenari
Mappamondo
Lab 25
Fata Storia
Blog Settesere
Logo Settesere
Facebook  Twitter   Youtube
Redazione di Faenza

Via Severoli, 16 A
Tel. +39 0546/20535
E-mail: direttore@settesere.it
Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
Redazione di Ravenna

via Arcivescovo Gerberto 17
Tel 0544/1880790
E-mail direttore@settesere.it

Pubblicità

Per la pubblicità su SettesereQui e Settesere.it potete rivolgervi a: Media Romagna
Ravenna - tel. 0544/1880790
Faenza - tel. 0546/20535
E-mail: pubblicita@settesere.it

Credits TITANKA! Spa
Setteserequi è una testata registrata presso il Tribunale di Ravenna al n.457 del 03/10/1964 - Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione:
23201- Direttore responsabile Manuel Poletti - Editore “Media Romagna” cooperativa di giornalisti con sede a Ravenna, Arcivescovo Gerberto 17.
La testata fruisce dei contributi diretti editoria L. 198/2016 e d.lgs. 70/2017 (ex L. 250/90).
Contributi incassati

settesere it notizie-romagna-faenza-il-teatro-animato-dialettale-di-francesco-gobbi-da-bertaccini-n31306 005
Licenza contenuti Tutti i contenuti del sito sono disponibili in licenza Creative Commons Attribuzione