Faenza, il grido di Giorgia: "La sofferenza di non poter fare visita a mio padre"

Romagna | 13 Febbraio 2021 Cronaca
faenza-il-grido-di-giorgia-quotla-sofferenza-di-non-poter-fare-visita-a-mio-padrequot
Silvia Manzani
«La mia più grande paura è il peggioramento della malattia degenerativa del babbo, che può essere molto veloce e imprevedibile nella tragedia. Non accetto le parole “ma tanto non mi riconosce più” o “intanto non cambia nulla” perché sì, lui non mi riconosce, non sa chi sono, ma io so chi è, ricordo la sua presenza a casa, i suoi sorrisi quando vedeva i nipoti, il guizzo malizioso nei suoi occhi. Con il tempo ho imparato a comunicare con lui con gli occhi, con le mani, e attraverso la musica, la passione che ho ereditato da lui, ma ora da una anno a questa parte tutto questo non è più possibile». Giorgia Samorini è la figlia di Giordano, 80 anni, dal 2017 ospite della residenza Sant’Umiltà di Faenza poiché affetto dalla demenza a Corpi di Lewy, la stessa di cui soffriva l’attore Robin Williams. Dal 29 febbraio 2020 Giorgia lo ha rivisto solo in luglio, da allora fino a ottobre si è alternata con la madre e il fratello per fargli visita ogni quindici giorni: «Da quattro mesi a questa parte,  dopo le nuove restrizione del Dpcm di ottobre non ci è più stata data la possibilità di vederlo. Per quanto convinta della necessità di tutelare gli anziani il più possibile per evitare che possano contagiarsi, e mai abbastanza grata per il lavoro di cura di tutto il personale, in dicembre ho iniziato a esprimere il desiderio di rivedere il babbo e trovare delle soluzioni per evitare l’isolamento degli ospiti da noi familiari. È così che ho conosciuto Licia Reggi, desiderosa di rivedere il nonno, anche lui ricoverato presso la struttura di Sant’Umiltà da marzo. Entrambe condividiamo la consapevolezza che le videochiamate non possono sopperire una distanza così pesante e prolungata dal punto di vista psicologico ed emotivo.  Ho toccato con mano l’incapacità delle persone non più giovani di capire quello che sta succedendo, avendo perso la nonna lo scorso maggio, sebbene non a causa del Covid. Lei, per quanto consapevole della pandemia, lo stesso non comprendeva certe limitazioni: ricoverata in ospedale per una frattura al femore, ha vissuto un senso di abbandono e di angosciante solitudine. È  deceduta senza un nostro conforto fisico, un abbraccio. Pensando a mio babbo, anche se sono certa che a livello cognitivo non possa sapere quello che sta accadendo, sono altrettanto certa che possa in qualche modo soffrire. E io e tutta la mia famiglia con lui». Dopo un incontro con l’amministrazione comunale e la cooperativa sociale «In Cammino» che gestisce la struttura, Giorgia ha però inteso che le speranze di allestire una stanza degli abbracci, come sta avvenendo in altre strutture limitrofe della provincia di Ravenna, così come attivare altre forme per ristabilire un contatto tra anziani e parenti, siano davvero poche. La presidente della cooperativa si è riservata di rivalutare la soluzione più idonea al termine delle vaccinazioni. Da qui nasce l’idea insieme a Licia della raccolta firme: «Abbiamo cominciato un grande tam tam sui social inoltrando la lettera che abbiamo inviato alle autorità e alla Cooperativa ad amici, parenti, conoscenti e ad oggi le adesioni ammontano a 830. Solo un centinaio sono state raccolte da Don Francesco Cavina, che come parroco di Santa Maria Maddalena ha sentito il dovere morale e pastorale di appoggiare e supportare la nostra richiesta, scrivendo personalmente alla presidente e invitando anche i parrocchiani a sostenerci. Il suo prendersi a cuore la questione mi scalda molto, al pari delle telefonate del sindaco Massimo Isola e della consigliera regionale Manuela Rontini, ma anche delle tante persone che mi hanno telefonato e di cui mi sento in parte portavoce. Sarebbe bello se non si spargesse solo la voce sulla questione, ma succedesse qualcosa di concreto: le famiglie come la mia e quella di Licia stanno soffrendo. La mia richiesta è l’unica dimostrazione di amore che posso fare per mio babbo. Inoltre vuole essere uno stimolo a cercare la soluzione migliore, perché questa situazione non si esaurirà nel breve periodo, è quindi indispensabile ripensare a modi alternativi di vivere e di relazionarci con gli altri. La chiusura non può essere una soluzione definitiva sul lungo termine, è nostro dovere aver cura anche dell’aspetto relazionale e affettivo. I primi a non volere esporre al rischio i propri cari siamo proprio noi famigliari. Perché il desiderio di rivederli è tanto, ma ancora di più quello di tutelarli e proteggerli al meglio».
Compila questo modulo per scrivere un commento
Nome:
Commento:
Settesere Community
Abbonati on-line
al settimanale Setteserequi!

SCOPRI COME
Scarica la nostra App!
Scarica la nostra APP
Follow Us
Facebook
Instagram
Youtube
Appuntamenti
Buon Appetito
Progetto intimo
FuoriClasse
Centenari
Mappamondo
Lab 25
Fata Storia
Blog Settesere
Logo Settesere
Facebook  Twitter   Youtube
Redazione di Faenza

Via Severoli, 16 A
Tel. +39 0546/20535
E-mail: direttore@settesere.it
Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
Redazione di Ravenna

via Arcivescovo Gerberto 17
Tel 0544/1880790
E-mail direttore@settesere.it

Pubblicità

Per la pubblicità su SettesereQui e Settesere.it potete rivolgervi a: Media Romagna
Ravenna - tel. 0544/1880790
Faenza - tel. 0546/20535
E-mail: pubblicita@settesere.it

Credits TITANKA! Spa
Setteserequi è una testata registrata presso il Tribunale di Ravenna al n.457 del 03/10/1964 - Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione:
23201- Direttore responsabile Manuel Poletti - Editore “Media Romagna” cooperativa di giornalisti con sede a Ravenna, Arcivescovo Gerberto 17.
La testata fruisce dei contributi diretti editoria L. 198/2016 e d.lgs. 70/2017 (ex L. 250/90).
Contributi incassati

settesere it notizie-romagna-faenza-il-grido-di-giorgia-la-sofferenza-di-non-poter-fare-visita-a-mio-padre-n27760 005
Licenza contenuti Tutti i contenuti del sito sono disponibili in licenza Creative Commons Attribuzione