Faenza, i consigli del mental coach Paolo Svegli per affrontare la quarantena

Romagna | 18 Aprile 2020 Cronaca
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Damiano Ventura - Trascorrere un periodo lungo tra le mura domestiche limitando  le uscite allo stretto indispensabile è qualcosa di cui molti avrebbero fatto volentieri a meno. Eppure non è detto che questa clausura forzata non possa coincidere con un’esperienza positiva, anche e soprattutto per la mente. Per approfondire tale argomento abbiamo fatto qualche domanda al romagnolissimo Paolo Svegli, un mental coach, o per meglio dire un coach aziendale, trainer di programmazione neurolinguistica e sistemica, il quale oltre a essere molto seguito su YouTube e sui social è autore anche di due libri.
Svegli ci dica, questo è un periodo in cui siamo costretti a essere chiusi in casa. Possiamo riflettere, pensare e condividere. Ma alla lunga non rischia di diventare un problema?
«Innanzitutto mi consenta una premessa: ognuno vive nella propria realtà ovvero nel mondo che crede che esista. Se pensiamo che vivere chiusi in casa sia un problema sarà un problema, se invece pensiamo che potrebbe essere un’esperienza emozionante e particolare la vivrà come tale. Siamo noi che decidiamo che significato hanno le cose che ci succedono. Questa è un’esperienza importante che tramanderemo ai nostri nipoti o è una iattura devastante per la nostra vita che lascerà il segno e dalla quale non ci riprenderemo mai più? Questa è una scelta che noi facciamo a monte, spesso inconsapevole per cui non ce ne accorgiamo, a seguito di questa scelta andiamo a dare una serie di attenzioni che confermano ciò che abbiamo deciso essere oppure evitiamo di vedere ciò che dimostrerebbe il contrario. Uno si deve chiedere cosa c’è di buono in questo. Se la risposta è niente dovrebbe continuare a farsi questa domanda chiedendosi cosa c’è di buono qui perché in ogni caso ci sarà del buono e in ogni caso ci sarà del non buono ma se non mi chiedo cosa c’è di buono rimarranno solo le cose negative».
Bene, in pratica, quale potrebbe essere il suggerimento da dare?
«La cosa fondamentale è la disciplina, ovvero fidarsi delle routine precise, darsi una scadenza del tempo, decidere a che ora ci si alza e alzarsi a quell’ora, ma alzarsi perché si è deciso di fare qualcosa di interessante per la propria vita. Non serve andare in palestra per fare ginnastica, si può fare un sacco di ginnastica in casa, se uno non sa come, si spera che abbia internet dove ci sono esercizi di ginnastica per casa. Facciamo che uso questo tempo per me e decido cosa fare per me. Se sono appassionato di cinema posso decidere di vedere 10 film al giorno, se mi piace leggere o scrivere posso leggere 10 libri o scrivere un libro, però lo decido prima e mi faccio una tabella di marcia per la giornata».
In questo periodo sono molte le aziende che consentono di lavorare in smart work. Eppure si sente dire che per la mente è importante staccare la spina tra un’attività e l’altra. Quali sono i rischi di condividere lo stesso ambiente per lavorare e per vivere quotidianamente e quali consigli sarebbe meglio seguire?
«Se è vero che per staccare bisogna andare via fisicamente dal luogo di lavoro è altrettanto vero che il limite fisico lo decidiamo noi e quindi possiamo decidere che il limite è un posto, anche nella stessa tavola. In un posto mangio, in un posto leggo, in un posto consulto internet. Se ho più spazio a disposizione decido quali sono le stanze idonee per ciascuna attività. Definiamo un ambito nel quale si mangia, si fa sport, si legge. Può andare bene anche una sedia diversa. Nelson Mandela ha vissuto a Robben Island in una prigione in cui le celle erano 2 metri quadrati e ogni tanto si metteva la coperta sugli occhi e immaginava di correre in un prato. Il potere della nostra mente è questo, possiamo esercitarlo e possiamo riscoprirlo anche in questi giorni».
Poi però ci sono le relazioni tra le persone. C’è chi vive da solo e chi invece in famiglia magari con i figli da seguire, come si può coniugare il lavoro da casa e la vita di tutti i giorni?
«Le relazioni vanno ascoltate con molta attenzione dandosi spazi e tempi. Se si lavora a casa magari si può decidere chi bada ai bambini e quando. Per esempio uno lavoro la mattina e l’altro al pomeriggio. E’ in questa organizzazione che possiamo trovare moltissime risposte e questo tipo di disciplina ci aiuterà per sempre anche nel dopo. Quando impareremo che con un po’ di disciplina tutto diventerà più semplice lo metteremo in pratica anche quando non saremo obbligati e aggiungo che quando avremo imparato queste metodiche capiremo che ciò che ci spaventava prima è qualcosa che possiamo superare molto facilmente. Il mio consiglio è utilizzare il momento per evolverci. Ne avremmo fatto volentieri a meno, ma visto che c’è prendiamo il buono che c’è perché comunque ci toccherà e se guardiamo quello che non è buono, questo ci farà molto male».
Secondo la sua esperienza quando ci si prefigge un risultato di qualunque tipo a che cosa bisogna ambire e a che cosa invece no.
«Bisogna tenere presente che ci vuole sempre una sostenibilità in ciò che si fa. Non bisogna aspirare a un risultato a qualunque costo ma a un risultato sostenibile cioè che non comporti per esempio un infarto o la lontananza dalla famiglia. Non bisogna accontentarsi di dire devo ottenere quell’obiettivo costi quel che costi. Quel costi quel che costi è un campanello d’allarme che ci avvisa che siamo sulla via per fare dei danni». 
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