Faenza, i cent'anni di Alteo Dolcini al cinema Sarti
Federico Savini
La 100 km del Passatore, la Nott de Bisò, la ceramica da intendersi come biglietto da visita e come omaggio ufficiale della faentinità, trent’anni di onorato servizio in Comune, il Tribunato di Romagna, la Società del Passatore, i rapporti con Schürr e Spallicci. Quasi non ci si crede che dietro a tutto questo ci sia sempre lui: Alteo Dolcini, cultore della Romagna e vulcanico ideatore di progetti al quale Faenza rende omaggio in occasione dei suoi cent’anni.
Sabato 18, dalle 10 del mattino al cinema Sarti di Faenza si terrà un convegno a lui dedicato e introdotto dai saluti del figlio Andrea Dolcini (presidente dell’associazione Alteo Dolcini che da anni lavora per la divulgazione di importanti tracce del patrimonio culturale romagnolo, ad esempio un video su Youtube con le voci dei ‘parlanti’ che Aldo Spallicci selezionò per permettere a Friedrich Schürr di avviare il suo studio sistematico del dialetto romagnolo) e con gli interventi dello storico Roberto Balzani dell’Università di Bologna, di Bruno Marangoni del Dipartimento di Colture Arboree dell’Alma Mater, del professore emerito Silviero Sansavini, dell’ex primo cittadino di Faenza Claudio Casadio, dell’ex deputato Gabriele Albonetti, del giornalista Salvatore Giannella e dell’attuale sindaco della città manfreda Massimo Isola.
Figura complessa e sfaccettata quella di Alteo Dolcini, la cui biografia è densa di eventi ed invenzioni, molte delle quali di enorme riuscita, al punto di risultare almeno in parte controverse sotto il profilo filologico per quanto attiene alla divulgazione del patrimonio culturale romagnolo, che poi è stato per tutta la vita il pallino di Dolcini.
Nato a Forlimpopoli il 12 settembre del 1923, quinto figlio in una famiglia di contadini conosciuta come i Pidsull, studiò da ragioniere e nel 1940 si arruolò volontario, finendo a combattere in Africa. Un’esperienza che gli aprì le porte della passione giornalistica, attraverso alcune corrispondenze con riviste dell’epoca. Imprigionato e poi liberato alla fine della guerra, completò gli studi universitari in Economia tra Bologna e Firenze, e sposò Giuseppina Morgagni, da cui avrà quattro figli. Nel 1956 divenne Ragioniere Capo del Comune di Faenza e poi ricoprì l’incarico di segretario generale fino alla pensione, nel 1988.
A Faenza Dolcini ideò numerosi eventi di rilievo, come la Giornata del Faentino Lontano, la Primavera a Oriolo dei Fichi e poi anche la Nott de Bisò, pensandola come festa di popolo legata al Palio del Niballo. Promosse inoltre, più di chiunque altro, l’idea che la ceramica dovesse diventare il più immediato simbolo, e biglietto da visita, della città. La stessa nascita dell’Ente Ceramica si deve per buona parte alle sue intuizioni (che non sempre misero d’accordo tutti, vedi ad esempio i piatti ceramici made in Faenza di «Italia ’90», che non piacquero a molti, a differenza del lavoro per la tutela delle botteghe ceramiche artistiche, che divenne legge nel 1990) e si adoperò per portare letteralmente la Romagna e Faenza nel mondo, ad esempio incontrando grandi personalità come papa Giovanni Paolo II e Ronald Reagan, che omaggiò con una capparella, non una ceramica.
Questo perché in effetti l’obiettivo celebrativo/divulgativo di Alteo Dolcini riguardava certo Faenza ma soprattutto la Romagna intera, tanto che risale al 1962 la nascita, per sua volontà, del «Consorzio per la Tutela dei Vini Tipici Romagnoli per la denominazione d’origine», oggi denominato «Consorzio vini di Romagna», le cui «emanazioni» più concrete furono la Ca’ de Bé di Bertinono (1971) e la Ca’ de Vèn di Ravenna (1975) e la Cà de Sanzvés di Predappio Alta (1976).
Fondatore della rivista Mercuriale Romagnola, che per molti aspetti si ispirava al lavoro pubblicistico di Aldo Spallicci, intraprese dal 1967 la pubblicazione di numerosi libri, quasi una trentina, per circa la metà dedicati alla formazione della pubblica amministrazione e per la restante parte alla cultura romagnola, approfondendo in particolare argomenti come il vino, la musica tradizionale (per la quale avrebbe fondato uno specifico ente), l’arte ceramica, la storia faentina, «l’uomo dei terremoti» Raffaele Bendandi, il beccaccino e il Passatore.
A proposito di quest’ultimo, dopo il cruciale incontro con il giornalista Max David e la nascita, nel 1967, del Tribunato di Romagna - ente divulgativo della cultura romagnola, tutt’altro che privo di aspetti goliardici - nel 1969 Dolcini diede vita anche alla Società del Passatore, che pochi anni dopo porterà alla nascita della «100 km del Passatore» (la sua idea di maggiore e più duraturo successo popolare insieme alla Nott de Bisò) ma porterà anche a definire l’icona più nota del Passatore (utilizzata soprattutto in ambito vinicolo) con le fattezze barbute di un brigante calabrese, mentre oggi si sa (probabilmente si sapeva anche allora) che Stefano Pelloni era praticamente glabro e indossava tutt’altri copricapi.
Ad ogni modo, agli eventi del Tribunato intervennero i maggiori protagonisti della cultura romagnola, da Spallicci a Piero Zama, da Serantini a Don Fuschini, da Frederich Schürr a Walter Della Monica.
I progetti di Alteo Dolcini, scomparso nel 1999, non si esauriscono qui, ma è bene almeno ricordare che dal 2022 la biblioteca della Cassa di Risparmio di Ravenna conserva tre importanti fondi su di lui donati dagli eredi: un fondo librario composto da più di mille volumi, una parte documentaria contenente i suoi carteggi privati e un fondo fotografico da tremila immagini.