Faenza, Giorgio Melandri, degustatore della Guida del Gambero Rosso: «La Dop Brisighella entra in una nuova era»
Riccardo Isola - Il mondo dell’extravergine romagnolo, in cui esistono solo due Denominazioni di origine protetta una a Brisighella e una a Rimini (Colli di Rimini), sta per fare un altro salto in avanti, soprattutto per quella parte geografia relativa alle colline faentine. Questo è in estrema sintesi quello che vede Giorgio Melandri, noto giornalista, produttore di vino e da tempo degustatore per la guida nazionale del Gambero Rosso «Oli d’Italia», sullo sviluppo presente e futuro di una filiera dell’agroalimentare che sta sempre di più appassionando non solo gourmet e addetti al settore, ma le tavole e i palati sia delle famiglie italiane che di quelle all’estero. La novità «è rappresentata dall’arrivo della società Crif, proprietaria del Palazzo di Varignana, all’interno della zona di produzione dell’olio extravergine di oliva Dop Brisighella. La situazione non potrà che trovare un cambio di carte in tavola che farà bene a tutta la filiera e quindi al racconto del territorio che nell’Evo trova un’eccellenza straordinaria».
Melandri a che punto siamo, dal suo osservatorio, sullo stato dell’arte della produzione qualitativa dell’olio in Romagna?
«Bisogna innanzitutto fare una precisazione. Le Dop romagnole, e di fatto regionali visto che in Emilia non ne esistono, sono la Brisighella e i Collidi Rimini. Se nel secondo caso stiamo parlando di una realtà che stenta un po’ a decollare per tantissime ragioni, quella di Brisighella, invece, ha tutte le carte in regola per spiccare il volo. Anche se ha i numeri che sono assolutamente non confrontabili con quelle di altre Regioni leader nel comparto, Toscana su tutte. Al di là di questo per la Dop Brisighella qualcosa di importante, dal 2021, si è concretizzato per far spicacare il volo a questa produzione che ha grandissimi interpreti sul territorio».
In che senso?
«Sicuramente per la capacità e la visione assolutamente diversa, rispetto all’esistente, che ha e che darà al sistema per esempio l’impostazione che viene data da Palazzo di Varignana (proprietà dell’azienda bolognese Crif ndr), che è entrato sul territorio di Brisighella con l’acquisizione di ettari di oliveti (Torre Cavina e Miola a Riolo Terme ndr). Una visione che premia in prima linea la territorialità, la diversità e quindi il valore quindi del marchio collettivo della Dop. E’ su questo terreno, infatti, che si può e si deve giocare la partita dell’Evo romagnolo. L’Olio extravergine comincia in questo periodo a seguire il percorso che il vino ha fatto negli anni ’90. Quindi appunto terroir e diversità di linguaggio. Anche se non sempre con la rivendicazione della Dop».
Cosa serve quindi?
«Un nuovo racconto del territorio, della filiera e del ruolo dell’Evo nella cultura agroalimentare ben precisa. Ma guardando al collettivo e non più solo al singolo elemento produttivo».
Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza per la Dop Brisighella?
«La forza di questa produzione, che è un olio del Nord con tanti polifenoli, profumi verdi con una timbrica da olio continentale, con più amaro che piccante, è sicuramente la qualità del suo carattere, il terroir e la storicità di una produzione che vede soprattutto sulla Nostrana l’essenza del suo racconto».
Da degustatore cosa ci si deve aspettare da questa annata?
«Adesso è assolutamente prematuro. La campagna di raccolta non è finita. Di materia prima ce n’è, aspettiamo però a fare previsioni. Credo che i campioni che arriveranno per la guida, di solito una ventina da tutta le regione con la stragrande maggioranza di questi provenienti dal territorio di Brisighella, potranno riservare belle sorprese. Da anni la qualità è assolutamente alta e costante».
C’è una’altra sfida particolare da cogliere per aumentare l’appeal della Dop?
«Assolutamente si. Superare la generica tradizioen dando un nuovo valore autentico del terroir. Soprattutto intercettando il turismo, il mondo della ristorazione e del comemrcio al dettaglio nel fare sistema. Un altro contributo arriverebbe poi dalla creazione di un nuovo valore, narrativo e produttivo, per tutti quei ulivi secolari che puntellano il territorio e che potrenbbero arricchire di contenuti un racconto straordinario per fare entrare Brisighella in un’era nuova».