Faenza, crollata e distrutta nella bufera di vento di giovedì scorso la grande quercia di San Biagio
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Sandro Bassi - Nel breve ma violentissimo temporale di giovedì 13 luglio è crollata la quercia di San Biagio Vecchio, forse l’albero più vecchio dell’intero territorio comunale di Faenza, di certo uno dei più grandi e belli. Si trattava di una roverella (Quercus pubescens) piantata nell’aia della casa di Monte Tarbato, in via Salita di Oriolo, appunto in località San Biagio Vecchio al bordo di una delle vigne dell’omonima Cantina; anzi: il luogo e l’albero erano talmente pittoreschi da aver meritato un vino, il Centesimino «Monte Tarbato», detto anche «perla di Oriolo!». Ma, enologia a parte, la perdita da un punto di vista botanico è davvero grave. La quercia era bellissima, con un tronco imponente (quasi 5 metri di circonferenza) e una ramificazione molto scultorea, leggermente tormentata e «serpentiforme» come spesso avviene nelle querce secolari, ancora stupefacente nonostante lo schianto, tre anni fa, di una delle branche più basse, rimasta poi lì sotto, a terra, a far mostra di sé. E a proposito di età, c’è da dire che quella stimata era «300 anni», dato non provato ma probabile e anzi verosimile a giudicare dalle dimensioni e dall’aspetto della casetta di cui la quercia era sicuramente coetanea; i suoi compiti casalinghi erano, infatti, notoriamente due: ombreggiare l’aia e soprattutto fornire le ghiande per i maiali che così non dovevano far tanta strada per pascolare e ingrassarsi. Nei primi anni del Novecento il sottostante pozzo era stato dotato di un’elegante, quasi vezzosa, copertura di vago sapore liberty; un dettaglio che contrastava con la povertà della casetta ma che conferiva un ulteriore pregio cartolinesco al luogo, già estremamente suggestivo per la posizione proprio di fronte alla Torre di Oriolo. Tutto finisce, si dirà. E in effetti l’albero era arrivato ad una sorta di capolinea biologico. L’aspetto sembrava ancora vigoroso, ma l’interno minato dal tempo, dagli insetti e dalle battaglie combattute in trecento anni di vita. In effetti la perizia della ditta Ares che valuta la stabilità degli alberi aveva riscontrato il rischio, classificando l’albero come ormai prossimo al cedimento.