Faenza, con oltre 5,5 milioni d’investimento il nuovo Ponte delle Grazie pronto tra un paio di anni

Romagna | 16 Settembre 2023 Cronaca
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Riccardo Isola, Sandro Bassi - «Il progetto esecutivo per l’intervento di messa in sicurezza del nuovo ponte delle Grazie è in fase di realizzazione, intanto però ci sentiamo di poter assicurare che gli interventi già in atto, e finanziati per circa 350mila euro, per lavori di messa in sicurezza delle spalle del manufatto oggi esistente non saranno resi vani. Inoltre arriverà un ponte Bailey che permetterà, assieme all’apertura di un senso unico nelle Grazie, di avere le direttrici Borgo-Centro e viceversa percorribili anche dal traffico veicolare». Cosi Milena Barzaglia, assessora ai Lavori pubblici di Faenza, commenta lo stato dell’arte e gli scenari futuri legati al ripristino di un asse viario e comunicativo urbano strategico e fondamentale, come quello che unisce il Borgo Durbecco con il centro, duramente colpito dalle piene del Lamone del 3 e del 16 maggio scorso. «Con l’alluvione - sottolinea l’amministratrice faentina - il ponte è stato sommerso quasi completamente. Il livello dell’acqua ha superato la quota dell’impalcato e il manufatto è andato sotto pressione». Saranno in tutto investiti 4,5 milioni di euro, stanziati dal Governo per il finanziamento di somma urgenza post alluvionale, sul ponte delle Grazie e circa 800mila euro per la realizzazione di un ponte Bailey che sarà installato alla destra (guardando il borgo da via Renaccio con immissione in piazza Lanzoni) dello stesso. Le tempistiche però sono ancora labili di fluttuazioni. Per Barzaglia però «alla luce delle ultime novità emerse nella programmazione provinciale relativa agli interventi di ripristino della rete viaria in seguito ai danni causati dall’alluvione, entro la fine dell’anno in corso dovrebbe essere installato il ponte Bailey. Struttura che assieme all’apertura di un solo senso di transito nel ponte delle Grazie permetterà, in attesa degli interventi ben più importanti e complessi di riqualificazione dello storico bypass urbano, di poter assicurare in entrami i sensi di marcia il transito non più e solo ciclo-pedonale». In definitiva, quindi, il ponte delle Grazie «non dovrebbe essere distrutto e poi ricostruito - conferma Barzaglia - ma profondamente ripristinato e risagomato, in altezza molto probabilmente, per aumentare ulteriormente il livello di sicurezza idraulica di questa importantissima infrastruttura . Sono tutte valutazioni al vaglio dei progettisti - conclude - ma di una cosa la certezza è assoluta, quella cioè che in relazione all’arrivo dei finanziamenti imprescindibili per poter effettuare l’intervento, il “nuovo” ponte delle Grazie arriverà». In attesa che certezze si affaccino all’orizzonte con ulteriore concretezza, per innalzare il livello di sicurezza idraulica lungo le aree urbane adiacenti agli argini, martoriati, del lamone, l’amministrazione comunale in accordo con Hera ha in programma la realizzazione di  un sistema composto da quattro idrovore fisse. precisamente dislocate rispettivamente  in via Lapi, via De Gasperi, via Cimatti e via Fratelli Bandiera. In aggiunta a queste potrebbe essere inseirta anche una quinta,  in via Chiarini. Nel frattempo queste zone saranno coperte da idrovore temporanee.

Gli antenati del ponte attuale
Gli «antenati» del Ponte delle Grazie sono almeno tre. Cominciamo dal primo, di età romana (I sec. d. C.), praticamente conosciuto da sempre ma il cui pilone di base, sempre visibile nei periodi di acqua scarsa e trasparente, venne esaminato, misurato e pulito a partire dal 13 settembre 2011 quando, essendo rimasto all’asciutto, fu oggetto di un esperimento di «archeologia partecipata» da parte degli Amici della Commenda coordinati dal compianto Giuliano Bettoli con la «direzione lavori» di Stefano Saviotti e Miro Gamberini. A causa della siccità (e del prelievo selvaggio) era infatti divenuta accessibile, in mezzo al greto secchissimo, la piattaforma centrale, rettangolare (metri 4.14 x 6.85) e costituita da cinque file di grandi blocchi in pietra («spungone» locale) legati fra loro mediante grappe in piombo. Come si legge nelle cronache, il ponte era crollato il 14 settembre 1842 dopo 60 ore di pioggia furibonda e ininterrotta che aveva provocato esondazioni anche in Borgo, nel Borgotto e nell’intera zona di Prada. «Croce e delizia» dell’imponente manufatto di epoca augustea era stata l’erezione, dopo il 1313, di due grandiose torri in mattoni ad opera di Francesco I Manfredi. Con le due torri, bellissime, il ponte era stato sì ulteriormente «monumentalizzato», ma anche indebolito, soprattutto per il peso fisico di quella centrale e per il fatto che, al fine di sostenerla, era stato chiuso il sottostante occhio vuoto che serviva per deflusso delle acque in caso di piena. Altrimenti, almeno in teoria, la nostra Faenza adesso potrebbe aver ancora il suo ponte romano né più né meno di Rimini. Tralasciando tutto il successivo dibattito circa la demolizione di quanto rimaneva oppure il suo restauro, va precisato che nello stesso anno venne realizzata una provvisoria «ponticella» in legno, a monte (all’altezza dell’odierna via Silvio Pellico), esclusivamente pedonale, e che nel frattempo si iniziò a costruire un ponte carrabile in legno d’abete. Quest’ultimo venne sostituito, nel 1865, dal nuovo ponte in ferro progettato dal ingegner Neville e le cui basi in laterizio sono emerse nei recenti lavori di risagomatura e pulitura degli argini. Come noto, il Ponte in Ferro rimase in opera fino al novembre 1944 quando fu minato dai tedeschi in ritirata. Sui suoi resti passarono i primi neozelandesi che liberarono la città il 16 dicembre. Al suo posto, dopo un provvisorio «Bailey», sorse l’odierno Ponte delle Grazie inaugurato il 16 dicembre 1951. 
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