Faenza, commissariato il canile. Ex volontari lamentano una cattiva gestione della struttura

Romagna | 22 Settembre 2023 Qua la zampa
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Una serie di gravi incomprensioni interne ha portato a maggio la Presidente di Enpa Faenza, Maria Teresa Ravaioli a contattare Enpa Roma per chiedere il commissariamento del Rifugio del cane di via Plicca a Faenza. Oggi, dopo le dimissioni della Ravaioli dello scorso luglio, la presidenza è in capo a Carla Rocchi, presidente Enpa nazionale che ha nominato Gabriele Tossani, volontario Enpa, guardia zoofila volontaria e responsabile della gestione di altri canili quale supervisione tecnico per la gestione della struttura. Le problematiche interne hanno portato al licenziamento di uno storico dipendente e tanti volontari ad allontanarsi dal Rifugio dove oggi lavorano sempre 5 dipendenti, un veterinario che ha sostituito la collega dimissionaria e che continua a seguire i cani oltre ad occuparsi di sterilizzazioni, un educatore e diversi volontari. «La nuova gestione ha peggiorato le condizioni degli ospiti del canile- hanno spiegato alcuni ex volontari- in primis per quanto riguarda il tempo dato a ciascun cane per uscire dal box e sgambare e quello dedicato alla socializzazione con gli altri quattro zampe. Se prima, infatti, i cani venivano lasciati uscire in gruppo e per diverse ore, oggi lo fanno singolarmente e per il tempo necessario alla pulizia dei box». Due relazioni di medici veterinari comportamentalisti presentate dagli ex volontari all’Ausl, al Comune e ad Enpa sottolineano come sia necessario ripristinare le precedenti abitudini per non stressare gli animali ed evitare di rovinare il lavoro svolto fino ad oggi ed elogiano l’efficacia delle precedenti procedure per il benessere psicofisico di cani sfortunati perchè costretti a stare in canile. «Tra gli ex volontari regna una grande delusione soprattutto perché il nuovo Parco Rifugio del cane, inaugurato appena due anni fa, e costruito anche grazie alle donazioni dei cittadini di Faenza, che credevano nell’operato dell’associazione, è stato studiato proprio per far uscire i cani nei parchi, cosa che ora non avviene più». Secondo l’ex presidente Ravaioli, invece, al canile le cose funzionano bene, così come stanno andando bene le adozioni. «I cani vengono fatti uscire in gruppi più piccoli perché era successo che si mordessero tra loro, ma hanno la possibilità di sgambare». Le nuove disposizioni del supervisore Tossani sono state criticate da molti volontari che non riconoscendosi più nella gestione del canile hanno scelto di allontanarsi. «Io tutelo in primis la sicurezza e l’incolumità delle persone e degli animali- ha spiegato Tossani-: fare uscire in branco i cani è un’abitudine vecchia e pericolosa che non viene adottata più nei canili. In struttura c'è un educatore perchè è importante seguire i cani più problematici e ho evitato di mettere nei box i cinque o sei cagnetti che ti “accolgono” liberi all’ingresso del canile perché sono anziani, alcuni malati, ma innocui. Confrontandomi con il veterinario abbiamo deciso di non modificare le loro abitudini». Anche le adozioni sono in linea con i buoni numeri che ha sempre registrato il canile di Faenza: «dopo lo stop alle adozioni consueto del mese di agosto, da inizio settembre sono andati in famiglia 8 cani- ha aggiunto Tossani». I dissapori degli ex volontari riguardano anche il cibo per le colonie dei gatti sparse nell’Unione faentina. «Prima era l’Enpa a darci il cibo da portare ai mici, sia umido che crocchette, oggi, invece, che anche la volontaria anima delle raccolte cibo nei supermercati ha fatto un passo indietro, siamo stati costretti a fare una piccola colletta tra noi per andarlo a comprare perché il canile non ce lo fornisce più». Una decisione, secondo Tossani, che non viola alcun accordo. «Non siamo tenuti a fornire cibo per le colonie di tasca nostra, va utilizzato quello che arriva dalle donazioni dei cittadini. Il “problema” sta nel fatto che fino ad oggi le gattare chiedevano cibo di marchi specifici sostenendo che i gatti mangiassero solo quello e non quello che arrivava tramite donazioni e magari di qualità inferiore. Abbiamo scelto di non consegnare più umido che va a male in fretta e provoca cattivo odore che potrebbe infastidire i cittadini che abitano nei pressi delle colonie e per quanto riguarda le crocchette si consegnano i sacchi che vengono donati. Il tutto senza violare alcun accordo». (marianna carnoli)
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