Faenza, ceramiche popolari e design nella nuova sezione del Mic
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Sandro Bassi
Cominciamo dalle popolari. C’è chi dice, non senza ragioni, siano le ceramiche più belle perché dettate non da mode o dall’ostentazione del lusso, ma dal lavoro e dalle esigenze quotidiane dell’uomo: conservare e cuocere cibi, trasportare liquidi, illuminare la notte (le lucerne), fino a far giocare i bambini (i fischietti).
Parte da qui la nuova sezione permanente nel grande piano interrato del Mic. Aprirà al pubblico il 22 maggio e vedrà, fianco a fianco, ceramiche popolari, design e rivestimenti. Orci e pignatte, piatti, anfore e fiasche, tazze, vasi, salsiere e saliere, corredi da tavola e una ricchissima oggettistica di design assieme a piastrelle per pareti e pavimenti. «Si tratta - spiega Claudia Casali, direttrice del Mic che assieme alla conservatrice Valentina Mazzotti ha curato la mostra - di oggetti che attraversano i secoli e accompagnano da sempre la nostra vita, i nostri gesti più comuni. Questa nuova sezione mostra come la ceramica racconti gli stili di vita delle diverse epoche e i gusti che si sono succeduti nei secoli lasciando tracce importanti nella vita dell’uomo. C’è un costante dialogo tra funzionalità, arte e design, con continue interazioni».
Si tratta di oltre duemila oggetti, suddivisi per tipologie e in tre capitoli principali: le popolari dal ’700 al ’900 con strumenti di lavoro per i campi, per la cucina, la dispensa e la tavola; la parte dedicata ai rivestimenti ceramici - il Mic conta infatti oltre 15mila esemplari di piastrelle di particolare significato storico, produttivo e artistico - e infine la parte più corposa della sezione, dedicata al ’900 e al 2000, con autori chiave del design e del dialogo tra le arti avvenuto proprio nella contemporaneità.
«Abbiamo scelto di esporre le opere - aggiunge Valentina Mazzotti - con una doppia chiave di lettura: tipologica e di confronto, perché è vero che le ceramiche popolari costituiscono un mondo meraviglioso ed evolutosi spontaneamente, ma è vero anche che derivano spesso da forme arcaiche che sono quelle “auliche”. Quindi ecco le brocche popolari confrontate con l’oinokoe greco, ecco i boccali da osteria confrontati con quelli nobili, magari manfrediani, del ’400 ed ecco anche i possibili confronti con gli oggetti d’arte che a queste forme si sono ispirati».
Naturalmente, oltre all’insieme - di potente impatto visivo - ci sono dettagli che possono emozionare più di altri: ad esempio un magnifico (nella sua apparente rozzezza, ma chi conosce l’autore non se ne stupirà) servizio da tè di Guido Gambone, le porcellane, terraglie e grès di maestri geniali e indiscussi come Giò Ponti, Antonia Campi, Enzo Mari, Ettore Sottsass, Nanni Valentini, Alfonso Leoni e, per quanto riguarda le piastrelle, quelle originali cinquecentesche, decorate con una sorta di «mezzaluna», della Libreria Piccolomini del Duomo di Siena.
Grande attenzione è dedicata infine alle nuove tecnologie, dalle grandi superfici di rivestimento fino alle realizzazioni con le stampanti 3D, innovazione tecnica adottata da diversi autori di design e artisti come Andrea Salvatori, Paolo Polloniato, Andrea Anastasio, Salvatore Arancio.
Lo sforzo è stato possibile grazie al contributo del Ministero dei Beni Culturali, della Regione e di Tecnargilla, Cersaie, Caviro ed Hera. Per la complessità e la ricchezza degli argomenti sono intervenute a collaborare Daniela Lotta, Federica Fanti ed Elena Dal Prato.
Da martedì a venerdì ore 14-19; sabato e domenica 10-19. info@micfaenza.org; 0546/697311.