Sandro Bassi - Mercoledì 15 febbraio alle 20.45 il Museo «Malmerendi» ospita una relazione, organizzata dal Cai Faenza, che si preannuncia interessante: «Il lupo e il suo ritorno in pianura». Relatrici la faentina Carlotta Nucci e la riolese Lia Olivieri, ricercatrici dell’associazione «Pangea» e che già da anni tengono sotto controllo la popolazione lupina della Vena del Gesso; stavolta però escono dall’ambito collinare e illustrano l’espansione del lupo in pianura. A Carlotta Nucci chiediamo qualche anticipazione. «Si tratta di un ritorno - spiega - nel senso che il lupo non era e non è legato ad ambienti necessariamente tanto selvaggi, montani o forestali. Il lupo è una specie molto adattabile ed è tornato ad occupare la pianura dove è sempre stato storicamente presente fino a che l’uomo non l’ha estinto cinque secoli fa. Tuttavia preciso che inizieremo con una introduzione generale cioè sulla sua biologia ed etologia».
Chiarimenti sui «comportamenti» del lupo?
«Sì, comportamenti che comportano alcuni problemi nei suoi rapporti di convivenza con l’uomo, soprattutto con l’uomo-pastore e oggi allevatore, per ovvi motivi, ma comportamenti che sono tutti ben spiegabili».
Il lupo in pianura è attirato dall’abbondanza di nutrie?
«Sì ma non solo. Le nutrie per il lupo sono prede “facili”, abbondanti, però non dimentichiamo gli ungulati: caprioli e cinghiali arrivati tramite quei “corridoi ecologici” che sono i fiumi, e, nel caso delle pinete, daini, introdotti dall’uomo».
E gli allevamenti?
«Anche questi possono fungere da risorsa. Non tanto per i capi di bestiame – una stalla di pianura correttamente gestita è inaccessibile - quanto per gli immediati dintorni dove possono esserci cascami organici, che inevitabilmente attraggono il lupo».
Qualche dato numerico?
«Il lupo è un predatore mobile, capace di spostamenti veloci e ampi. Sul Gesso ci sono almeno quattro nuclei stabili, riproduttivi; in pianura l’ambiente è un po’ meno favorevole, vista l’antropizzazione e la mancanza di anfratti e cavità ove collocare la tana; a quest’ultimo problema, il lupo ha imparato a far fronte riciclando, con allargamenti e adattamenti, le tane di animali negli argini».