Faenza, Andrea Malucelli del CineDream: «Dopo la paura, la gente tornerà al cinema»

Romagna | 08 Febbraio 2022 Cultura
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Federico Savini
«A me non risultano sale chiuse e attività interrotte per sempre in questo biennio, anche perché i ristori ci sono stati e hanno aiutato. Certo è che il perdurare di questa situazione mette davvero a rischio il settore cinematografico, che ha anche altre problematiche da affrontare». Andrea Malucelli, titolare del CineDream di Faenza, è stato da pochi mesi confermato alla guida regionale dell’Agis/Anec, l’ente di rappresentanza degli operatori delle sale cinematografiche, ed è quindi la persona più titolata a fare il punto sulla crisi del cinema, il settore sul quale sono puntati i riflettori delle maggiori preoccupazioni per l’impatto che la pandemia sta avendo sulle sale. La storica filiera del cinema deve inoltre affrontare con sempre maggiore urgenza anche un altro problema, più strutturale, ovvero quello della crescita delle piattaforme di streaming, che in qualche caso (Disney o Netflix) sono anche produttrici di film, quelli che sempre più spesso bypassano le sale per arrivare direttamente in tv, con successi sempre meno trascurabili.
Di grave crisi delle sale si è parlato molto nelle ultime settimane, ma Malucelli vede il bicchiere, se non proprio mezzo pieno, almeno non del tutto vuoto. «In autunno inoltrato, fra ottobre e novembre, abbiamo visto il pubblico tornare in sala e con numeri incoraggianti - dice il titolare del CineDream -. C’erano, per questo, delle aspettative notevoli sul Natale, tanto più visto il grande successo del terzo Spiderman della Marvel...».
Però poi con Omicron questa «striscia positiva» si è interrotta...
«E anche bruscamente, visto che il decreto del 24 dicembre sull’emergenza nazionale è stato quello che ha cambiato le cose da un momento all’altro. In quel momento sì che l’affluenza si è drasticamente ridotta, mentre prevaleva la paura, visto l’aumento vertiginoso dei contagi. Il Natale, insomma, è andato male, ma dopo un periodo di crescita. Questo ci fa ben sperare in una ripresa quando i numeri caleranno e la paura passerà. In Inghilterra e Francia in questi giorni si è già osservata una buona ripartenza dei cinematografi».
Cosa sapete dei ristori?
«Mancano i dettagli ma c’è la garanzia che ci saranno, così come la copertura della Cassa Integrazione per i dipendenti. In questo momento molte, o forse tutte le sale, romagnole e non, sono aperte in perdita. Ci manteniamo attivi più che altro per l’amore per il cinema e per non dare brutti segnali. La continuità è importante, ma non la si può sostenere in eterno senza guadagno. Per febbraio sono in programma titoli di notevole appeal, da Assassinio sul Nilo al nuovo Batman, fino ad Uncharted. Di buono c’è che la gran parte di questi film, pensati per il grande pubblico, restano un’esclusiva delle sale».
Un tema caldo, già prima della pandemia, era proprio quello delle «Windows», ovvero le finestre temporali che fissano lo iato fra l’uscita di un film in sala e il suo arrivo in piattaforma, che è sempre più ravvicinato, vedi il caso di Don’t look up. Che prospettive ci sono?
«Insieme alle produzioni di film che dovranno riportare il grande pubblico in sala, questo è il tema chiave del futuro. Preciso che un film come Don’t look up ha avuto una storia peculiare, perché non era nato per le sale. Ci hanno comunque provato, è rimasto poco e poi ha avuto successo in streaming, ma probabilmente perché era nato per quel tipo di fruizione. Quindi è un caso interessante di per sé ma non indicativo dello stato del cinema. In Francia c’è un nuovo regolamento sulle “Windows”, che prevede quattro settimane prima che un film entri nel circuito della seconda visione e addirittura 15 mesi prima che giunga nelle piattaforme. In Italia abbiamo una legge simile, ma vale solo per i film italiani, mentre per quelli americani, che hanno più richiamo, ci si sta basando sui criteri americani. Che però sono studiati per quel mercato, che non è il nostro. Certamente vanno rivisti e c’è un dibattito politico e sindacale in corso».
La pandemia ha accelerato il successo delle piattaforme tv, ma poi un’eventuale diradazione delle sale avrebbe ricadute sul mondo del cinema anche a livello produttivo, proprio sui film. Quali scenari si possono ipotizzare?
«Di sicuro la pandemia ha reso più rapide e radicali le strategie di alcune Major Company, come la Disney, che ha puntato molto sul suo canale digitale. Questa accelerazione complica la vita anche a chi deve poi legiferare in materia. Io comunque credo nella convivenza dei due sistemi e penso lo vedremo a breve, quando passerà la paura. La gente avrà voglia di tornare a socializzare e i cinema sono luoghi ideali per farlo, in questo senso si paleseranno anche i limiti dello streaming. Se pensiamo alle ricadute sulla produzione, non c’è dubbio che i film in sala oggi siano troppi. Il mercato sarà differenziato, non può essere altrimenti, i film non sono tutti adatti alla stessa fruizione. E non è una novità: il mercato dell’home-video già differenziò le produzioni negli anni ‘80 e ‘90, ebbe grande successo e non uccise affatto le sale».
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