Faenza, a «Vini ad Arte» si presentano i simboli della Romagna in calice

Romagna | 03 Settembre 2021 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Il 2020 in bottiglia. Con l’ultima giornata di Vini ad Arte, andata in scena all’interno della splendida quinta scenica del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, le produzioni vitivinicole, dell’ultima vendemmia, si sono presentate alla stampa specializzata. Una degustazione che ha visto 31 sfumature d’orate e di giallo paglierino intenso dell’Albana, a cui si sono aggiunte 10 interpretazioni in passito, e ben 121 campioni di rosso rubino (sfumature annesse in granato per le Riserva 2018), quello del Sangiovese per intenderci, che hanno permesso di avere un’idea di cosa ci si deve aspettare del mondo vitivinicolo romagnolo quest’anno. Per noi anche il 2020 ha spostato l’ago della bilancia della positività sull’Albana rispetto al Sangiovese, che ci è parso ancora un po’ chiuso, tendente molto al frutto in cui echi vinosi riecheggiano nel calice rendendo i sorsi molto pieni e, per certi versi, «da morsicare».

ANALISI D’ANNATA
La 2020 è annoverata «tra le più belle vendemmie di sempre per la Romagna» (Consorzio Vini di Romagna). Inverno freddo e piovoso ha anticipato una primavera con pioggia e gelate tra fine marzo e inizio aprile. Buona progressione climatica fino a  giugno con il caldo che si è presentato a fine luglio. La vendemmia si è caratterizzata con produzioni quantitativamente scarse rispetto alla media ma con uve sane e di qualità. L’Albana, con la sua rusticità e acidità spiccata ha saputo resistere al grande caldo agostano. Sui rossi la raccolta è stata con uve mature, senza appassimenti.

ALBANA SUPERSTAR
Una trentina di sorsi d’orati fotografo lo stato di grazia, anche per il 2020, della regine delle uve romagnole: l’Albana. Il 2020 presenta un livello qualitativo distribuito in modo omogeneo dall’imolese fino al basso cesenate. Tra chi gioca sulla freschezza, chi più sulla complessità aromatica, il livello presentato è comunque di un grandissimo lavoro di rispetto e accuratezza identitaria che dalla vigna alla cantina viene fatto dai vignaioli romagnoli. Tra le altre grandi presenze che abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare, qui riportiamo solo quelle che hanno toccato e superato la soglia dell’eccellenza vera e propria (i fatidici 90 punti ndr). Stiamo parlando di «Gioja» di Giovannini (Imola), «Sandrona» di Ca’ di Sopra (Marzeno), «Bianco di Ceparano» di Fattoria Zerbina (Marzeno), «Sette note» di Poderi Morini (Oriolo), «Vigna Rocca» di Tre Monti (Imola). Scendendo verso sud troviamo il «Belladama» di Poggio della Dogana (Castrocaro), «Croppi» di Celli (Bertinoro), «Neblina» di Giovanna Madonia (Bertinoro) e «Frangipane» di Tenuta la Viola (Bertinoro). Tra queste d’orate luminescenze liquide spicca in assoluto il capolavoro in anfora tirato fuori qualche anno fa dai fratelli Navacchia (Tre Monti) del «Vitalba». Un sorso impressionante e impressionista (bellissime le sue sfumature tendenti all’arancione), potente ed etereo al contempo, un gioco continuo di freschezza, struttura, complessità ed eleganza (in senso boteriano ndr). Molto particolari e sensuali all’assaggio anche il «Codronchio 2019» di Monticino Rosso (Imola) anche se meno fresco rispetto ad altre annate, il «Corallo Giallo 2019» di Gallegati (Brisighella) e, infine, «Albarara Cru artigianale 2018» della tenuta Santa Lucia (Rimini) in cui esplode una tropicalità che si equilibra con una  piacevole freschezza iodata.

ASPETTANDO IL SANGIOVESE
L’assaggio del 2020 dimostra ancora una forte caratterizzazione vinosa del Sangiovese. Per carità, caratteristica dovuta anche al poco riposo in vetro che il vino ha subito, ma che comunque denota una forte giovinezza che ancora non permette ai vini di esprimersi nella loro veste più equilibrata. Emerge comunque un grande potenziale perchè questa 2020 possa diventare veramente un gran bell’annata. Tra le caratteristiche positive notiamo la grande capacità di tenere sotto controllo i tannini e una calibrata eleganza giocata tra corpo, frutto, alcol e mineralità. Dagli oltre cento assaggi per noi spiccano alcune ottime interpretazioni. Tra tutti, per il 2020, segnaliamo: «Crepe» di Ca’ di Sopra, «Papesse» di Villa Papiano (Modigliana), «Campo di Mezzo» di Tre Monti, «Il bosco» di Pertinello (Predappio), «Tre Miracoli» di Rocche Malatestiane (Rimini) e «Scabi» di San Valentino (Rimini). 
Per il 2019 citiamo invece «Iko» della cantina Tozzi (Brisighella), «Cadisopra» di Ca’ di Sopra, «Gemme» di Torre San Martino (Modigliana), «Leggiolo» di Calonga (Oriolo), «Ravaldo» di Berti (Predappio), «Tre vigne» di Condè (Predappio), «Godenza» di Noelia Ricci (Predappio, «Girapoggio» di Bissoni (Bertinoro) e «Caciara» di Enio Ottaviani (Rimini). 
Infine per il 2018, e qui di fatto entriamo nel mondo molto disomogeneo per stile, delle Riserve. Croce e delizia per una terra che con il legno, forse, ha bisogno di misurarsi con maggiore delicatezza. Qui ci sentiamo di menzionare: «Fondatori PG» di Merlotta (Imola), «Vigna Ca’ del Rosso» di Ca’ di Sopra, «Monografia» di Fattoria Zerbina, «Vigna 1922» di Torre San Martino, «Probi» di Villa Papiano e «Thea» di Tre Monti. Si ariva poi all’esuberante «Calisto» di Berti e «Le Lucciole» di Condé. Altre grandi riserve romagnole sono per noi «Pandolfa» di Noelia Ricci, «Vigna Colecchio» di Bissoni e «Dado» di Enio Ottaviani.
Ammettiamo, per onestà, di non essere arrivati ad assaggiare le versioni presentate in batteria del 2017 che avremo premura, quanto prima, comunque di provare per potervi raccontare le impressioni.

UN COLPO DI FULMINE
E poi arriva lui il «Pre» 2018 Romagna Sangiovese Predappio Doc di Villa Papiano. Una stilettata al palato e al cuore. Un’emozione fatta sorso. Una rivoluzione della sintassi di un terroir ben identificato come quello dello «Spungone» romagnolo. Un Sangiovese, di Predappio, che non ti aspetti (sempre che non si conosca l’ideatore, Francesco Bordini ndr) in cui il territorio si degusta in filigrana. Un Sangiovese tagliente, freschissimo, sottile e balsamico. Un corpo filiforme per un gigante in sorso. Davide batte il Golia predappiese in cui potenza, presenza, preponderanza del frutto soccombono alla fulminea bevibilità di una creatura liquida che nasce da vigne antiche, dimenticate, d’altura, eroiche nel vero e autentico senso della parola. Sono sorsi alpini in terra di Romagna. Un Sangiovese, che per una volta, e gli dona perfettamente, indossa le vesti delle migliori firme del Pinot noir altoatesino. Un lessico nuovo dato a un vitigno e un terroir antico che parla di contemporaneità di gusto e interpretazione. Un figliol lontano, Villa Papiano è di Modigliana, che saprà sicuramente far parlare, bene, di sé. Chapeau.

APPASSIMENTO D’ORATO
In chiusura spazio alle versioni del Romagna Albana passito Docg. A far la voce da padrone è un’istituzione riconosciuta a livello internazionale, Cristina Geminiani della Fattoria Zerbina, con i suoi «AR» e «Scaccomatto». Ottime anche  l’«Albana Passito» della Fattoria Monticino Rosso, l’«Albarara passito» della tenuta Santa Lucia e «D’or luce» di Branchini (Imola).
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