Faenza, a 5 mesi dall'alluvione i Comitati cittadini chiedono risposte alle istituzioni: «Abbiamo bisogno di più sicurezza e di avere i ristori per tornare a casa»

Romagna | 20 Ottobre 2023 Cronaca
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Riccardo Isola - C’è rabbia, sconforto e per alcuni anche un velo di rassegnazione. Sono le espressioni più ricorrenti, queste, delle persone, tante, che ancora oggi non hanno potuto rimettere piede in casa loro, in modo stabile e sicuro, a seguito delle due alluvioni che hanno colpito Faenza il 3 e 16 maggio scorso. Cittadini, in totale si parla di quasi 23mila 11mila famiglie, che fin da subito hanno deciso di mettersi insieme per dare vita a comitati di quartiere in grado di catalizzare e amplificare le esigenze, paure, richieste e risposte alle istituzioni. Se ne contano ormai quattro o cinque, e proprio per creare un soggetto più permeante, per quanto lo possa essere vista la situazione che si sta vivendo, hanno dato vita a un «super Comitato» in cui i diversi cori si uniscono in grido unanime: «ascoltateci e informateci». Al di là di questo, oggi però «inizia a crescere il disincanto rispetto alle speranze che ci fosse una concreta accelerazione verso una ripresa e una messa in sicurezza del territorio». A farsene portavoce di questo sentimento sempre più diffuso è Valentina Mascaretti, tra le promotrici del Comitato chiamato della Bassa Italia, quello che copre una delle aree più colpite nella seconda alluvione del 16 maggio. Quella posizionata nell’area di via Lapi e via Renaccio. «Adesso sta partendo la ricostruzione del muretto di via Renaccio. Un’opera che sicuramente aumenta il senso di “sicurezza”, la sua percezione, ma che per molti, me compresa, non è certo la risposta ai veri problemi di quest’area. Servono invece interventi più strutturali come casse di espansione, anche temporanee, e soprattutto piani di sicurezza. Questi però - sottolinea - non intesi come piani di evacuazione o gestione dell’emergenza. Non sono quelle le risposte di cui ha bisogno la città, ma di vere e proprie strategie, interventi, lavori e sistemi che prevengano e attutiscano gli effetti di situazioni come quelle che abbiamo subito. Ma bisogna farli - rimarca - in tempi certi e non alle calende greche». Per non parlare poi delle cosiddette pompe di sollevamento, quelle che vista la quantità enorme di acqua che ha attraversato il lungo Lamone in questi tragici giorni. In tema di regimentazione, controllo e contenimento delle acque chi ne sa qualcosa è l’Orto bertoni. Area soggetta a diverse rotture di argini e che oggi, per voce di Stefano Gaiardi, membro del comitato omonimo, sottolinea come «ancora ci sia tanto da fare. Pulizia e sistemazione degli argini, dell’alveo dai tronchi, alberi e rami che ancora sono lì dopo cinque mesi, è una necessità e una priorità. Stiamo andando verso l’autunno, con piogge forse più frequenti, come risponderà il Lamone se dovesse essere soggetto as una qualsiasi piena improvvisa?». Per non parlare poi «della questione fognature. Qui sappiamo che c’è un progetto di riorganizzazione dei flussi,  gestito da Hera, bene, magari tenerci aggiornati sugli step evolutivi sarebbe cosa buona e necessaria».

A Casola la situazione è delicata, l’Amministrazione: «Servono le risorse per intervenire»
«Rendiamo conto che abbiamo dovuto finanziare interventi per 2,5 milioni di euro, di risorse nostre, ben più del 50% del bilancio annuale del Comune per far fronte ai più tempestivi e necessari interventi di somma urgenza a seguito delle frane, dei crolli e delle situazioni pericolose che hanno colpito la viabilità del nostro territorio. Sono cifre astronomiche per noi che se non ci vengono quanto prima stornate e soprattutto aumentate rischiamo, a cinque mesi, di vedere resi vani tutti gli sforzi compiuti fino ad oggi per tamponare, e ripeto, tamponare il tamponabile». Non ha tanti giri di parole il vice sindaco di Casola, Maurizio Nati, nell’evidenziare le difficoltà che il piccolo comune appenninico sta affrontando per cercare di uscire dal «pantano» post maltempo di maggio. Sempre per l’amministratore comunale «abbiamo perso cinque mesi, intendo dal punto di vista meteorologico, straordinari per poter effettuare i primi e necessari interventi non solo di ripristino ma di vera e propria ricostruzione e messa in sicurezza del territorio. Abbiamo strada ancora da liberare, alòcune che permetteono la sopravvivenza di aziende agricole e zootecniche. Ci servono risorse per far ripartire una comunità chew altrimenti alla prossima priimavera rischia di essere ulteriormente colpita da una crisi indotta dalla impossibilità di lavorare[. Per Nati ancora «se queste piogge che adesso arriveranno dovessero destabilizzare i lavori tampone effettuati sulle strade come porteremo far arrivare derrate e materiale per permettere alle aziende di proseguire nel loro già non certo facile lavoro. Di nuovo dovranno entrare in funzionecon gli elicotteri?». Per questo l’amministratore oltre a chiedere «risorse certe e tempi celeri» sottolinea la necessità che a Casola  «nella locale caserma dei Vigili del fuoco volontari vengano portati mezzi idonei al pronto intervento». Infine sulla conta dei danni «per la ricostruzione, se mai sarà possibile effettuarla tutta serviranno almeno 200 milioni di euro. Da soli - chiude - è impossibile riuscire anche solo a immaaginare di potervi far fronte. Se vogliamo salvare Casola  e il suo futuro servono risposte concrete».

Modigliana aspetta i soldi per le infrastrutture
«La situazione è preoccupante, adesso che iniziano le piogge le incertezze sulla tenuta di un territorio fortemente colpito a maggio e non ancora messo in sicurezza ci sono. Abbiamo bisogno di risorse, tante, e soprattutto di iter burocratici e autorizzativi più snelli ed efficienti». Così il sindaco di Modigliana, Iader Dardi fotografa lo stato di salute, o meglio di non salute, del territorio che a distanza di cinque mesi ha trovato ancora poche rispote per la sua messa in sicurezza. «Abbiamo già investito in somma urgenza 1,9 milioni di euro , di cui 750mila già stornati dal Governo, ma il nostro problema è molto più grande, parliamo di 109 milioni di euro. Questi servono per mettere in sicurezza e per ricostruire strade, ponti e infrastrutture». C’è però anche un altro problema, oltre a quello delle certezze delle risorse ed è legato «alla questione delle strutture amministrative che abbiamo che difficilmente da sole possono premettersi di seguire gli iter, molto complicati e lunghi, burocratici e autorizzativi per la realizzazione dei progetti e successivamente  la consegna dei cantieri. bisogna - rimarca Dardi - che la struttura commissariale  affianchi, tecnicamente e operativamente, lo staff del Comune» Infine il primo cittadino ci tiene a sottolienare come «c’è anche un problema legato alla consegna deg. Le imprese già oggi facciamo fatica a trovarle e quindi servono risposte e aiuti concreti, sia dal punto di vista organizzativo che logistico».
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