Emergenza clima: fioriture precoci in provincia, mondo agricolo in allarme

Romagna | 24 Febbraio 2024 Cronaca
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Le fioriture precoci dei 38 mila ettari di frutteto della nostra regione preoccupano non poco gli agricoltori. Il cambiamento climatico degli ultimi 5 anni, infatti, ha registrato gelate tardive a primavera che hanno distrutto buona parte della produzione. Negli ultimi decenni, siccità, intemperie (temporali intensi o piogge costanti) e gelate fuori stagione si verificano sempre più frequentemente causando danni alle produzioni agricole molto più significativi che in passato, sia in termini di rese sia di qualità finale del prodotto. Le piante che fioriscono nel secondo mese dell’anno sono, quindi, a rischio e se consideriamo che le agevolazioni europee sulle polizze del 2024, come è già stato annunciato, si ridurranno drasticamente passando dal 70% al 40% è chiaro che ogni azienda si troverà a pagare il doppio dei costi. Abbiamo fatto il punto con Nicola Dalmonte, presidente del CER, Consorzio canale emiliano romagnolo, Vice Presidente di Coldiretti Emilia-Romagna e Presidente della Coldiretti Ravenna, Andrea Betti, presidente Confagricoltura Ravenna e Danilo Misirocchi, presidente Cia Romagna. MISIROCCHI: «SFRUTTARE MEGLIO I FONDI» «Anche quest’anno l’inverno è stato particolarmente mite- ha spiegato Danilo Misirocchi, presidente Cia Romagna- e ci aspettiamo ritorni di freddo che potrebbero compromettere il raccolto. Contro il cambiamento climatico molto possono fare la scienza e la genetica con piante più resistenti, la difesa attiva con impianti antibrina, antigrandine e ventoloni e la difesa passiva con un piano assicurativo studiato ad hoc dal Ministero che, però, non è ancora stato stilato. Sulla difesa attiva sono stati fatti passi avanti anche grazie ai bandi regionali, ma bisognerebbe farne anche su quella passiva, lavorare su un piano assicurativo nazionale e utilizzare in maniera appropriata i fondi pubblici. Le aziende agricole che prendono i pagamenti diretti PAC (Politica agricola comune ndr), possono beneficiare del fondo mutualistico nazionale AgriCat che copre i danni da eventi meteoclimatici catastrofici, un fondo che andrebbe utilizzato decisamente meglio. Purtroppo le tante regioni che compongono il Paese non la pensano tutte allo stesso modo e una buona parte non è interessata ad assicurarsi e preferisce prendere i fondi solo in caso di danni atmosferici. Come Cia siamo sempre stati favorevoli ad uno sviluppo green, ma sempre contrari all’obbligo di tenere terreni incolti. L’impatto ambientale è diminuito negli anni, le tecnologie hanno aiutato l’agricoltura e si può ancora migliorare grazie alla ricerca, ma dopo la pandemia e le guerre abbiamo capito quanto sia importante essere autonomi nella produzione di generi alimentari. Lasciare terreni incolti significa importare da altri paesi che magari hanno norme meno restrittive sull’impatto ambientale rispetto a noi, mentre il nostro è un paese con un’agricoltura virtuosa che va tutelata». BETTI: «SERVONO TAVOLI PERMANENTI» «In questi giorni assistiamo a tante manifestazioni con le quali mi trovo solidale. Credo, però, che nell’emergenza non si possano risolvere problemi che attanagliano il comparto ormai da 20 anni. Purtroppo l’agricoltura è sempre stata la “Cenerentola” della situazione, il fanalino di coda di cui i Governi si sono occupati solo dopo tante altre questioni. Oggi la crisi è più che mai drammatica pertanto, da oltre un decennio, chiediamo tavoli permanenti su ogni settore del nostro comparto che è davvero complesso». Andrea Betti, presidente Confagricoltura Ravenna parla delle difficoltà che il mondo agricolo sta vivendo sottolineando come non risalgano agli ultimi tempi. «Cambiamenti climatici, scarsità di fondi ed assicurazioni che coprono sempre meno hanno messo in ginocchio un comparto fondamentale per la sopravvivenza di tutti noi. Nel giro di qualche settimana fioriranno gli albicocchi nelle zone collinari e il rischio concreto è che si brucino con le gelate. Da tempo sosteniamo come sarebbe sia utile prendere i contributi dalla Pac, ma non un 3% come oggi, bensì un 15 o 20% per riuscire a mettere qualcosa da parte, sia rendere obbligatorie le assicurazioni. Ogni anno, invece, in caso di calamità lo Stato va in deroga alla legge 102/2004, quella che definisce vari tipi di interventi a favore del settore agricolo per favorire la ripresa dell'attività produttiva a seguito proprio di calamità naturali. Siamo fortunati perché la nostra regione ha previsto un contributo del 50% per le difese attive come ventoloni o piante antibrina, ma non tutti gli agricoltori riescono a coprire la restante parte. La grande distribuzione ci impone il proprio dictat sulle norme da rispettare e le piccole aziende non riescono più ad essere competitive. Non abbiamo mai fatto aggregazione in modo serio e, dall’ultimo censimento Istat si evidenzia come del milione e 700 mila aziende agricole in Italia il 30% abbia una superficie media di 4/5 ettari quando in Francia o in Germania la media è di 25 ettari. Purtroppo, in linea con il nostro paese, anche nella nostra provincia ci sono moltissime piccole aziende gestite da una persona tra i 60 e i 70 anni che non ha alcun interesse ad investire nei suoi pochi ettari e lavora giusto per arrotondare una magra pensione mentre, come ogni altro comparto anche quello agricolo dovrebbe essere dinamico ed allinearsi agli standard tecnologici. I giovani tra i 25 e i 35 anni occupati nel nostro comparto sono meno del 20%, il ricambio generazionale non avviene praticamente più ed oggi, più che mai servirebbero decisioni politiche magari anche scomode per rilanciare l’intero comparto». DAL MONTE : «VA MANTENUTA LA PRODUZIONE» Per sua natura l’agricoltura è sempre stata esposta a rischi (climatici e ambientali), su cui la possibilità di intervento degli operatori è limitata, che possono condizionare l’attività produttiva, generando ricadute economiche negative per le aziende. «Lo stato vegetativo attuale delle piante non è quello degli anni passati- ha aggiunto Nicola Dal Monte, presidente del CER, Consorzio canale emiliano romagnolo, Vice Presidente di Coldiretti Emilia-Romagna e Presidente della Coldiretti Ravenna- ed è fortunatamente un po’ più indietro, così come è migliore la situazione degli invasi del nord Italia, anche se non dobbiamo dimenticare che i ghiacciai italiani stanno scomparendo dunque non è più possibile contare su un bacino estivo. Commento positivo sui bandi regionali che vanno in aiuto agli agricoltori per i sistemi di difesa attivi che garantiscono la produzione, mentre preoccupazione per quelli passivi: ci stiamo, infatti, attivando visto che le risorse pubbliche saranno minori. Se ti manca prodotto e perdi ogni anno piccole quote di mercato poi il rischio è che subentri qualcun altro e di non riuscire a rientrare l’anno successivo e da qui l’importanza di mantenere sia la produzione che l’azienda. Difese attive con una quota di difesa passiva, devono essere complementari e stiamo lavorando proprio per bilanciarle. Purtroppo le assicurazioni hanno pagato tanto negli ultimi anni e oggi non sono sottoscrivibili in zone ad alto rischio. Credo vadano riviste le regole sul sistema assicurativo, ma a livello nazionale per permettere a tutti di avere un’idonea copertura ad un costo sostenibile per l’azienda. Penso, poi sia urgente fermare le vendite sotto i costi di produzione e fare più controlli contro le pratiche sleali nonché semplificare la possibilità per gli Stati europei di erogare un aiuto diretto a diminuire i costi delle imprese o indennizzare da danni subiti nelle emergenze e nelle crisi». (Marianna Carnoli)
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