Dopo due anni di pausa, Niccolò Fabi a teatro a Ravenna
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Silvia Manzani - Ci aveva lasciati così, Niccolò Fabi. In piedi, lo sguardo quasi e cercare un orizzonte, davanti a quello che doveva essere il suo ultimo pubblico almeno per un po’, al PalaLottomatica di Roma, due anni fa. Dopo aver ricevuto un’autentica standing ovation fatta di lacrime e applausi, dopo aver vinto il premio Tenco per l’album «Una Somma di Piccole Cose», dopo una carriera di poesie e accordi iniziata vent’anni prima, sempre nella capitale.
Aveva pensato di prendersi un tempo lungo per fermarsi, lasciar sedimentare, rielaborare, ascoltare, scrivere. Un annuncio che era stato anche travisato da chi ci aveva letto un basta definitivo, un addio di quelli veri. Invece Fabi se lo voleva solo gustare, tutto quel che aveva regalato e tutto quel che aveva avuto in cambio. Se lo voleva solo godere dopo aver cantato «Vince chi molla», un brano di quelli che lasciano il segno, laddove «per ogni tipo di viaggio, è meglio avere un bagaglio leggero». Per fortuna non ha mollato, tornando con una nuova energia e un nuovo lavoro, «Tradizione e Tradimento» ma anche con una leggerezza alla Calvino, quel planare sulle cose dall’alto senza macigni sul cuore. Il Teatro Alighieri di Ravenna, domenica 1 dicembre alle ore 21, sarà la seconda tappa della sua ripartenza, dove il tutto esaurito è stato registrato in tempi record. Sì, Fabi voleva provare a trovare nuovi linguaggi artistici, voleva farci disabituare alla sua altezza. No, non ce l’ha fatta: è rimasto quello che dice le cose importanti senza urlare, quello che cerca la parola più giusta, quello che esce sempre dal proprio baricentro. E allora, tra il suo capolavoro «Costruire» entrato persino in qualche libro di antologia per le scuole e «Io sono l’altro», dove l’attualità di questo paese e l’invito a interrogarci su quanto siamo diventati individualisti è evidente e urgente, il passo è così breve da farcelo, per fortuna, riconoscere ancora una volta.