Disturbi d'ansia, nel Ravennate è boom tra i giovanissimi

Romagna | 13 Febbraio 2021 Mamma Mia!
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Silvia Manzani È un boom di richieste d’aiuto quello che la Neuropsichiatria infantile dell’Asl sta registrando, dall’estate a questa parte, anche da parte dei genitori di pazienti nuovi, mai conosciuti prima dal servizio. Ad analizzare il fenomeno è la direttrice Valeria Savoia, che spiega come la richiesta stia interessando la fascia di età della scuola media e dei primi anni delle superiori: «Stiamo vedendo anche ragazzini e ragazzine che magari avevamo seguito in passato per altre problematiche, ma davvero è un problema che si sta espandendo e che ci preoccupa. Basti pensare che sotto Natale, in Pediatria, ci sono stati sette-otto ricoveri di questo tipo: sono casi nei quali sono stati esclusi problemi di natura organica. Si trattava, dunque, di psico-somatizzazioni. Non sono mancati i casi in cui i pazienti avevano più di 16 anni, presentavano problemi di psicopatologia e sono stati ricoverati in Psichiatria. In generale assistiamo a numeri impressionanti, in un momento in cui il servizio è già messo a dura prova da pensionamenti e maternità. In parte la situazione è rientrata, stiamo aspettando una nuova psicologa ma ciò non toglie che questi nuovi fenomeni appesantiscono il lavoro di routine». Per Savoia il caso ravennate non è ovviamente isolato: «Confrontandoci con i colleghi del territorio regionale e nazionale, abbiamo ben presente che la situazione di cui parlo è generalizzata. Non è facile focalizzare una causa, il discorso è complesso e senza dubbio multifattoriale. Certo è che la riduzione dei contatti sociali, la didattica a distanza e anche la condivisione forzata degli spazi con i familiari, in una fascia di età come quella pre-adolescenziale e adolescenziale, non aiutano. A questo va aggiunto il clima di pesantezza che i giovanissimi, come tutti, respirano: basta accendere la televisione per sentire un martellamento continuo di notizie negative sulla pandemia, contesto che può far sviluppare ansia, preoccupazione, nervosismo. Tutto questo diventa, oltretutto, estremante delicato, per chi sta vivendo momenti di passaggio, già critici per definizione, come può essere l’inizio di un nuovo ciclo scolastico». Non ci sono ancora numeri a definire meglio quello che è successo e che sta succedendo, anche se Savoia ha in mente di lavorare presto a una quantificazione: «Non appena saremo a regime col personale, vorrei che venissero raccolti i dati, per renderci davvero conto, anche numericamente, di quanto si sia mofidicata la richiesta di aiuto».
Quanto al lavoro più tradizionale con le famiglie dei bambini con disabilità, dopo l’estate le attività sono tornate ai ritmi tradizionali e in presenza: «L’unico cambiamento è che negli interventi di gruppo, per mantenere la distanza, abbiamo dovuto ridimensionare il numero dei  componenti. Le cose, dunque, vanno molto meglio rispetto alla prima fase della pandemia, quando ci siamo visti costretti a mantenere in vita solo le visite urgenti e quando abbiamo dovuto rivedere pesantemente il nostro modo di lavorare. In quel periodo ci siamo concentrati sulle consulenze telefoniche, per esempio ai genitori dei bambini con autismo, e i nostri tecnici della riabilitazione, come logopedisti e fisioterapisti, hanno provveduto a tenere i contatti con le famiglie e i bambini attraverso, per esempio, l’invio di video esplicativi sugli interventi da eseguire a casa».
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