Ddl Zan, la testimonianza del ravennate Martin Benini: "Doveroso"

Romagna | 24 Maggio 2021 Cronaca
ddl-zan-la-testimonianza-del-ravennate-martin-benini-quotdoverosoquot
«Non si comprende come una legge che prevede aggravanti specifiche per crimini d’odio e discriminazioni nei confronti di determinate categorie di persone, abbia un iter così complesso e delle opposizioni così infondate». Martin Benini, 27 anni, ravennate, è reduce dall’adeguamento all’identità di genere, un percorso di transizione complesso ma che oggi lo rende orgoglioso di se stesso.
Come pensa che la Legge Zan potrebbe tutelare maggiormente le persone che hanno percorsi simili al suo?
«La tutela che il ddl Zan mira a dare è una doverosa protezione all’esistenza del singolo, sia nel privato sia nelle forme sociali con le quali è obbligato ad interagire (obbligato perché, per esempio, un percorso di adeguamento di genere indirettamente riguarda anche la collettività, che deve rispettare ed accettare di convivere con tutte le sfumature dell’individuo). Penso che in un Paese dove si “patologizza” l’autodeterminazione, un’integrazione di determinati articoli del nostro codice possa essere un autentico primo passo per prevedere una vera e propria aggravante che si discosta da “per motivi abietti e futili” che l’opposizione ritiene già omnicomprensiva di qualsivoglia forma di odio».
Al momento, secondo il suo parere, le persone Lgbtqi che condizione vivono, in questo Paese?
«Al momento, purtroppo, il sentimento che prevale anche sull’amore stesso è la paura e fino a che l’omosessualità, in primis, verrà considerata un interesse meramente privato, la classica frase “non sono contro a nulla, ma determinate cose (anche due ragazzi che si tengono per mano) devono farle a casa propria” avrà sempre terreno fertile. Come sostengo sempre, si tratta di privilegi, unitamente alla paura: molte persone non sono a conoscenza della loro fortuna, del loro non doversi preoccupare di portare un curriculum da qualche parte per paura che venga fuori il loro nome anagrafico o il loro orientamento sessuale ed essere scartati solo per questo, pur possedendo ogni requisito richiesto. Ad oggi si soffocano le emozioni per paura di non poterle vivere nella propria sfera esistenziale, ma, magari e con riservatezza, solo tra le quattro mura domestiche».
Il fatto che il ddl Zan stia trovando ostacoli e resistenze, che cosa ci indica?
«Ci indica solamente una cosa: si ha paura del diverso e non lo si reputa un valore aggiunto, ma un qualcosa che potrebbe minare irreversibilmente le proprie convinzioni, facendo rimanere nell’ignoranza e nella staticità una società che deve necessariamente progredire ed innovare un diritto che, per periodo storico nel quale è nato, aveva necessariamente altre priorità. Oggi l’autodeterminazione e la conseguente tutela devono essere le priorità e il ddl Zan ne è un punto di partenza»
Lei ha mai vissuto discriminazioni che una legge come quella in discussione potrebbe punire?
«Io sono stato molto fortunato e questa è una doverosa premessa. La mia fortuna deriva dalla forte consapevolezza del mio io, che possedevo già prima di iniziare formalmente il percorso di adeguamento di genere, sia dalle persone che mi sono state vicine (famiglia ed amici), così dal mio modus vivendi: “Vivi e lascia vivere”. Dire di non aver ricevuto offese sarebbe una falsità, così come dire di non aver perso persone per il mio percorso, ma sono cose che si superano. Sono sempre stato razionale, ho imparato a soffocare la mia impulsività e ho sempre cercato, nel mio piccolo, di non aggrapparmi alle parole che le persone, per ignoranza, potevano dirmi, anche solo per entrare nel mio mondo ma non trovando il modo giusto per poterlo fare. Se da una parte, quindi, c’è la consapevolezza del singolo, dall’altro non si può, però, far passare che siano gli altri a dover decidere cosa possa toccare e/o ferire e cosa no (essendo totalmente personale). Se ad oggi sono il primo a scherzare sulla mia condizione, anche solo quattro anni fa, probabilmente, mi sarei chiuso in me stesso e non avrei minimamente reagito col sorriso o con l’autoironia. Si tratta di stadi del proprio cambiamento che chi ci sta vicino, così come la società, deve rispettare. Bisognerebbe essere molto più umani, spesso scardinando le proprie convinzioni ed essere aperti al dialogo. Come? Lasciando libere tutte le persone di essere se stesse e provando a conoscerle per come realmente sono». (s.manz.)
Compila questo modulo per scrivere un commento
Nome:
Commento:
Settesere Community
Abbonati on-line
al settimanale Setteserequi!

SCOPRI COME
Scarica la nostra App!
Scarica la nostra APP
Follow Us
Facebook
Instagram
Youtube
Appuntamenti
Buon Appetito
Progetto intimo
FuoriClasse
Centenari
Mappamondo
Lab 25
Fata Storia
Blog Settesere
Logo Settesere
Facebook  Twitter   Youtube
Redazione di Faenza

Via Severoli, 16 A
Tel. +39 0546/20535
E-mail: direttore@settesere.it
Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
Redazione di Ravenna

via Arcivescovo Gerberto 17
Tel 0544/1880790
E-mail direttore@settesere.it

Pubblicità

Per la pubblicità su SettesereQui e Settesere.it potete rivolgervi a: Media Romagna
Ravenna - tel. 0544/1880790
Faenza - tel. 0546/20535
E-mail: pubblicita@settesere.it

Credits TITANKA! Spa
Setteserequi è una testata registrata presso il Tribunale di Ravenna al n.457 del 03/10/1964 - Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione:
23201- Direttore responsabile Manuel Poletti - Editore “Media Romagna” cooperativa di giornalisti con sede a Ravenna, Arcivescovo Gerberto 17.
La testata fruisce dei contributi diretti editoria L. 198/2016 e d.lgs. 70/2017 (ex L. 250/90).
Contributi incassati

settesere it notizie-romagna-ddl-zan-la-testimonianza-del-ravennate-martin-benini-doveroso-n29339 005
Licenza contenuti Tutti i contenuti del sito sono disponibili in licenza Creative Commons Attribuzione