Riccardo Isola - Il profumo pungente, inebriante, delicatalmente resinoso e amaricante del luppolo s’infonde nella pianura. In giornate calde di questa fine d’estate, infatti, a Grattacoppa, una piccola frazione della bassa ravennate più verace, la Cooperativa Luppoli Italiani sta portando a termine la sua terza storica raccolta di questo prezioso ingrediente a servizio dell’arte brassicola. Di fatto quello che possiamo dire rappresenti la timbrica personale di una birra. «Siamo quattro aziende del territorio (Riccardo Bellosi, Alessandro Tedaldi, Società agricola Bellavista e Società agricola menta e rosmarino) – spiega la presidente della Cooperativa agricola – che nel luglio del 2018 hanno deciso di intraprendere una sfida assieme e nuova per diversificare l’economia e il calendario lavorativo impiantando le prime piante di luppoli. Sono in totale quattro le varietà, di origine americana, che abbiamo testato e portato, oggi, a produzione in cinque ettari. Si tratta del Centennial, Cascade, Chinnok e Nugget». Una vera e propria sfida che vede la Cooperativa essere oggi tra le più importanti a livello nazionale visto che la produzione italica di questa Cannabaceae è di circa 60 ettari, di cui 20 in Emilia Romagna. Un luppolo veramente made in Romagna che dalla terra, dal sole e dalle brezze che spirano dal vicino Adriatico acquista quelle unicità organolettiche e di potenza aromatica che regalano sensazioni uniche durante i sorsi freschi di bione e di rosse. Magari anch’esse veramente romagnole. Non a caso uno dei più importanti clienti di trasformazione finale dei questa straordinaria materia prima è proprio un birrificio famigliare romagnolo, per la precisione di Rimini, Amarcord. «Con l’azienda riminese - sottolinea la Nati - è nata una grande sinergia di intenti. Riuscire a fare un’autentica birra romagnola». Il luppoleto, straordinaria è l’affinità di coltivazione con l’alberata maritata dell’Asprinio (Caserta), anche se quest’ultima è una vite, è un tripudio d’aromaticità. La pianta fin dai primi germogli viene attorcigliata a fili guida che da terra raggiungono fino a oltre i tre metri di altezza. Liane intrecciate che sulla sommità, ma non solo, verso fine estate si riempioni di fiori (i cosiddetti coni) raccolti con speciali macchine che tranciano a pochi centimetri da terra le liane e automaticamente caricano su cassoni il prezioso raccolto. Ma non solo. La cooperativa «grazie a importanti investimenti fatti - spiega la Nati - riesce a seguire tutta la serie successiva di passaggi di lavorazione essenziali per permettere ai luppoli di diventare pronti all’uso. Dopo aver raccolto le liane queste vendono caricate, a mano, nella defogliatrice dove i fiori vengono separati dal materiale di scarto (che sarà utilizzato comunque come fertilizzante nei campi, ndr). Questi utlimi - prosegue - vengono messi a essiccare a temperatura controllata (circa 49°) per 10/12 ore. Da qui si passa alla pressatura e l’immissione di sacchi pieni di luppolo pressato in cella frigorifera con temperatura compresa tra i 4 e i 6 gradi. Ultima parte è l’insacchettamento che arriva dopo aver fatto analizzare il prodotto da laboratori specializzati».
La sfida è sicuramente lanciata «ma non è facile e scontata» ma già altri produttori locali (Birra Bizzantina, ndr) si sono accorti, e hanno voluto affiancarsi, a questa strordinaria potenzialità che la Cooperativa ha voluto offirire al mercato, sempre più in crescita e sempre più in espansione, della birra di qualità artigianale.
Non solo ingrediente fondamentale per la birra
Il luppolo non è solo un ingrediente dell’arte brassicola ma viene utilizzato anche nella cosmesi. Grazie alle sue proprietà contro gli stati d’ansia, l’agitazione, l’irrequietezza e l’insonnia. Grazie all’azione sedativa del lupulone e dell’umulone, può essere impiegato come rimedio per il trattamento di disturbi d’ansia, irrequietezza, nervosismo, agitazione e insonnia. La Cooperativa ravennate sta così promuovendo il suo olio essenziale ricavato dalla distillazione «gentile», per corrente di vapore a bassa temperatura, dei «coni» aziendali.