Dad per 42mila studenti in provincia di Ravenna, i genitori si dividono

Romagna | 13 Marzo 2021 Cronaca
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Silvia Manzani
Torna a far parlare di sé, perché di nuovo al centro della vita di migliaia di famiglie, la didattica a distanza, che oggi più spesso viene chiamata didattica digitale integrata e che sta coinvolgendo, in provincia di Ravenna, 41.988 studenti dalla primaria alle superiori (dato fornitoci dall’Ufficio scolastico provinciale). Dal 2 marzo, quando le scuole hanno di nuovo chiuso i battenti, i genitori si sono rirtrovati con i figli a casa collegati ai dispositivi per le videolezioni. Un tema scottante e che continua a dividere gli animi, perché sollecita, come raccontano le testimonianze di queste pagina, più questioni: le difficoltà di conciliazione dei genitori, i bisogni relazionali di bambini e ragazzi, la sicurezza rispetto al virus che ancora circola, gli ostacoli tecnologici. Domenica 7 marzo, nel frattempo, «Ravenna per la scuola. Genitori contro la Dad» ha rialzato la voce in piazza del Popolo per chiedere la riapertura della scuola in presenza. Un argomento che solletica anche gli psicologi specializzati in infanzia e adolescenza, come Francesca Siboni, che ha così commentato il ritorno degli studenti, piccoli o grandi che siano, davanti agli schermi: «Stiamo chiedendo loro troppo, stiamo chiedendo loro di comportarsi come soldatini durante una guerra. Sono preoccupata di questa passività e, sulla base di quel che vedo, mi piacerebbe dire ai genitori di ascoltare i figli, di assecondarli. Se un giorno non hanno voglia di collegarsi, sono arrabbiati e piangono, non ci opponiamo al loro desiderio. Si collegheranno il giorno dopo. Si rischia, infatti, di non farli sentire valorizzati, in un momento nel quale noi adulti siamo i primi a trasmettere apatia, ansia, preoccupazione per il futuro. Ricordiamo che si cresce nella relazione e nel rapporto con gli altri. Cose che stiamo imponendo loro di non avere». 

«SCONFITTA PER TUTTI»
«A me non fa rabbia la didattica a distanza in sé. Mi fa rabbia, invece, che siamo nella stessa situazione di un anno fa. Nel 2020 tutto questo era giustificabile, oggi no. Vedo famiglie in difficoltà, vedo bambini che restano inevitabilmente indietro per il gap nell’alfabetizzazione digitale o altri problemi. Non sono solita guardare solo al mio cortile. E dico, allora, che questa è una sconfitta per tutti». Valentina Brunelli, faentina, ha una figlia in quarta elementare che già prima dello stop alle attività didattiche in presenza era a casa in quarantena fiduciaria per un caso di Covid nella sua classe: «Io mi considero una privilegiata. Gestisco l’amministrazione e la contabilità nell’azienda di famiglia e posso permettermi di lavorare in smart-working senza consumare, come molte madri e molti padri, ferie e permessi. Allo stesso tempo, non ho bisogno di mettere mano al portafoglio per pagare una baby sitter: è un sacrificio, certo, ma nulla in confronto ai genitori che hanno altre situazioni lavorative e non sanno come gestirsi con i figli a casa». Valentina si ritiene fortunata anche perché le insegnanti della figlia sono state, fin dall’inizio della pandemia, molto disponibili: «L’anno scorso non era stata attivata Classroom ma loro si facevano mandare i compiti su WhatsApp, interrogavano per telefono, non avevano problemi a farsi contattare sui numeri personali, fuori orario. Quest’anno è ovviamente tutto più strutturato e organizzato, mia figlia devo dire che regge bene, dall’altra parte io cerco per quanto possibile di limitare le conseguenze del mio stress su di lei, facendole capire che questa è una situazione temporanea alla quale dobbiamo adeguarci. Non è facile, certo. Quando lei è collegata alle videolezioni io riesco a lavorare, quando ha le ore libere riesco a combinare poco. Ma ci arrangiamo». Valentina, per scherzarci sopra, attinge al nome del suo blog «Anche Wonder Woman a volte rincoglionisce»: «Quella Wonder Woman non credo sia meno rincoglionita di prima, anzi». 

«FAVOREVOLE, MA LAVORO TRIPLO»
«Io alla didattica a distanza sono favorevole, perché ci consente di essere più tranquilli dal punto di vista della sicurezza e perché a scuola non si lavorava serenamente. Non nego, però, che la fatica sia immensa e che questo non sia il massimo della vita. Il lavoro è triplicato». La storia di Federica Oliani, ravennate, è è particolare. Lei insegna in una scuola media, il marito in un’altra e le tre figlie, che frequentano la terza elementare, la prima media e la seconda superiore, sono ovviamente tutte a casa a seguire le videolezioni: «Io e mio marito andiamo a scuola solo quando ci sono studenti con bisogni speciali in presenza e dobbiamo, quindi, assicurare la copertura. Per il resto, anche noi lavoriamo da casa, con tanti disagi». Mentre è collegata con i suoi studenti, per esempio, Federica deve assicurarsi che le figlie non la chiamino e non la interrompano: «Sono una professionista, non posso certo permettermi di fermare la lezione per questioni familiari. D’altro canto è normale che le mie figlie possano aver bisogno. Ci sono giorni, poi, in cui appena finiamo tutti, si pranza in fretta e poi inizia la maratona dei compiti da scaricare, da fare, da inviare alle insegnanti. Senza contare anche la mia frustrazione di insegnare così, guardando uno schermo. Frustrazione che ovviamente vedo anche nelle mie figlie».

«AL PUNTO DI PARTENZA»
«Ho visto diverse mamme piangere in piazza, io stessa sono molto arrabbiata e mi sento anche presa in giro. Tutti gli studi utilizzati per scrivere il decreto in cui si diceva che anche in zona rossa, per la primaria, bisognava garantire la presenza, di colpo sembrano non avere più valore». Soheila Sohee ha due figli in prima media e quarta elementare, oltre a lavorare sul sostegno all’Alberghiero di Cervia. Lo scorso anno, dopo la chiusura delle scuole, è stata uno dei volti della protesta. Me le istanze portate avanti allora non hanno avuto un esito positivo: «Siamo al punto di partenza, siamo qui a ribadire che i bambini hanno bisogno dell’esperienza concreta e della relazione educativa. Ravenna è una realtà pacifica, qui non ci sono state occupazioni o altri gesti eclatanti. Ma c’è davvero tanta stanchezza in una fetta consistente della cittadinanza». D’altro canto, secondo Soheila, la tensione sociale è alle stelle: «Il 7 marzo, prima della protesta in piazza del Popolo, abbiamo dovuto avvisare la Digos che avevamo ricevuto delle minacce. Non voglio perdere l’ottimismo ma ci vuole davvero tanta energia per provare a ottenere qualcosa». Personalmente, Soheila vive parecchie frustrazioni: «Per fortuna vado a scuola perché i bambini con bisogni educativi speciali possono farlo. Ma per non lasciare i miei figli da soli devo pagare la baby sitter e ovviamente spostarmi e farli spostare con i loro computer». Soheila, insieme ad altri genitori, ha lanciato una petizione rivolta al sindaco di Ravenna per la ripresa delle attività didattiche in presenza. 

«AFFRANTA E STRANITA»
«Non voglio congedi, non voglio bonus per la baby sitter. Chiedo solo che i miei figli, che frequentano la seconda e la quarta elementare, possano tornare in classe appena si potrà. Invece la scuola mi sembra un argomento passato in secondo piano». Alessia Antonellini ha commosso mezza piazza del Popolo, il 7 marzo a Ravenna, sfogando la tristezza e l’angoscia di trovarsi, dopo un anno, nelle stesse condizioni a cui le attività didattiche sono state costrette a inizio pandemia: «L’anno scorso, oltre a dover gestire la Dad dei miei bambini, da rappresentante di classe mi sono accollata le ansie, le preoccupazioni e le difficoltà tecniche dei genitori, tra chi aveva problemi di connessione, chi non sapeva usare le piattaforme, chi non aveva la stampante. La sera ero sempre al telefono mentre il pomeriggio, dopo il lavoro, bisognava scaricare compiti, farli fare ai bambini, mandarli alle insegnanti. Adesso, a distanza di un anno, sono sconcertata dal fatto di essere al punto di partenza: abbiamo rispettato tutte le regole ma sono qui, affranta nel vedere i miei figli senza relazione, cosa impensabile per bambini così piccoli come quelli delle elementari». Alessia, a settembre, ha visto anche le lacune di alcuni bambini, che l’anno scorso sono rimasti per diversi mesi senza scuola: «C’era, all’inizio della seconda, chi ancora non leggeva bene o aveva difficoltà con i problemi di matematica. I genitori ce la mettono tutta ma non possono sostituirsi agli insegnanti. Ecco, io credo che stiamo togliendo ai bambini e ai ragazzi un altro anno scolastico. Senza creare polemiche, quando vedo davanti ai bar le persone anziane senza mascherina, mi chiedo perché mai i miei figli non possano andare a scuola». 

«PRO E CONTRO»
Vede pro e contro, nella Dad, il ravennate Filippo Campeggiani, che ha una figlia di otto anni e mezzo: «Penso che per gli alunni della scuola primaria la Dad sia poco adatta per via dell’età. Specialmente in prima e in seconda i bambini hanno bisogno di presenza e contatto». Nel caso personale di Filippo, le cose stanno bene o male funzionando ma ci sono dei puntini da mettere sulle «i»: «Io sono a casa senza lavoro o quasi, mia figlia è praticamente autonoma nell’accendere il computer e nel connettersi, senza contare che per certi versi la situazione è nuova e può essere ancora considerata divertente». Ma ci sono anche altri vantaggi: «Mia figlia era abituata al tempo pieno, dunque a rimanere a scuola 8 ore. Il fatto di non portare la mascherina e di non dover rispettare distanze fisiche, essendo a casa con la propria famiglia, è una buona cosa». Per Filippo, passando agli aspetti più leggeri, è anche interessante «spiare» la sua bambina mentre fa lezione: «Normalmente non posso vedere come si rapporta a compagni e insegnanti, mi piace osservarla. Detto ciò, è una situazione che per le elementari non può perdurare. E che pone al centro il tema del cambiamento al quale non possiamo sottrarci: bisognerà riformulare il modello scolastico a prescindere dal Covid, vanno rivisti metodi e materie». (s.manz.)
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Onestamente io non vedo i miei figli così traumatizzati ansiosi fanno la terza e la quarta elementare alla mattina prendono iniziano le lezioni nel pomeriggio fanno i compiti e come nel mio caso sento tantissime altre mamme che oltre tutto c'è la tranquillità di non avere contatti con positivi visto che dall'inizio dell'anno scolastico siamo stati in quarantena 3 volte x dei casi in classe
Commenta news 16/03/2021 - Federica
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