Da Ravenna al G8 di Genova, 20 anni fa la trasferta del gruppo «Cormorano»: «Fummo costretti a scappare»

Romagna | 23 Luglio 2021 Politica
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Samuele Staffa - «Eravamo partiti per partecipare a una grande festa, ad un avvenimento storico. Ma ci siamo trovati a scappare». Emiliano Galanti vent’anni fa faceva parte del gruppo dirigente della Sinistra giovanile di Ravenna, la federazione under 30 degli allora Democratici di sinistra.
«Avviammo un dialogo con le altre forze politiche, a partire da Rifondazione comunista, e le associazioni ravennati, dall’Arci alla Rete Lilliput, che in quel momento partecipavano ai movimenti antiglobalizzazione nati a Seattle nel ‘99 - ricorda Galanti -. Così abbiamo dato vita al Cor.mo.ra.no (acronimo di Coordinamento per la mobilitazione ravennate no global, nda). Ognuno seguiva la sua battaglia, ma in questa iniziativa trovammo un comune denominatore». C’erano anche Valentina Morigi e Giovanni Paglia per Rifondazione Comunista, poi rispettivamente assessora comunale e onorevole.
Qualche giorno prima della partenza venne organizzata anche una cena di autofinanziamento al Bagno Baloo di Punta Marina. «Noi partecipammo come Sinistra giovanile (il segretario era Giuseppe Roccafiorita, nda), mentre i vertici nazionali dei Democratici di Sinistra vietarono, anche alla luce di quanto successo il venerdì, la partecipazione alla manifestazione del sabato. Ma noi - sottolinea Galanti -, col marchio del Cor.mo.ra.no, aggirammo il divieto e andammo lo stesso. E il segretario provinciale dei Ds, Miro Fiammenghi, non si oppose».
Ritrovo di mattina presto dal parcheggio tra via Fiume Abbandonato e via Missiroli, a due passi dalla camera mortuaria. Tanti ragazzi tra i 20 e 30 anni. La morte di Carlo Giuliani aveva rabbuiato gli animi, ma tutti partono con l’idea di partecipare ad una manifestazione di portata storica. «Il G8 di Genova era un giro di boa per un movimento anticapitalista di portata planetaria ed un’occasione unica per dimostrare contro la piega imboccata dai grandi della Terra - ricorda Galanti -: i conservatori Bush, Berlusconi, Chirac e Putin. Ma anche Tony Blair, per alcuni colui che avrebbe dovuto aprire la cosiddetta ‘Terza via’».
Arrivato a Genova, in una giornata caldissima, il gruppo ravennate prende parte al corteo che scende verso il lungomare. Facce distese e clima di festa. A poche centinaia di metri dalla ‘zona rossa’ il rallentamento, il fumo in lontananza e lo striscione con la scritta «Assassini». Il corteo prosegue e i partecipanti si prendono per mano a costituire un «cordone di sicurezza». La festa finisce e iniziano i disordini: le forze dell’ordine irrompono nel corteo proprio quando sfilano i ravennati e iniziano le cariche da dietro: scudi, stivali, elmetti. Fazzoletti bagnati davanti alla bocca: l’aria brucia la gola e piangono gli occhi.
Chi affretta il passo, chi corre, chi scappa a nascondersi nell’androne di un palazzo. Qualcuno è stato raggiunto da un fumogeno alla schiena: fortuna che c’era lo zaino. Qualcuno ha preso pure un paio di manganellate.
Il corteo si ricompone in un’altra parte della città, ma oramai l’equilibrio è rotto. «Ge-no-va, li-be-ra!», cantano tutti.
Ognuno ha vissuto storie differenti. Chi scrive ha imboccato una strada laterale per raggiungere l’amico a Genova dal giorno prima, ma che sarebbe tornato con noi. Prima a passo d’uomo, poi di corsetta come un mezzofondista. Poi con scatti da centometrista per finire sotto lo stadio di Marassi. Sembra tutto finito, tutto tranquillo: poi ancora fumo, sirene e gente che corre non si sa dove. Meglio acquattarsi contro un muro prima di ricominciare a correre. Una giornataccia finita sul pullman, ultimo a salirci, alle 18.30. Poca voglia di ridere e tanti chilometri nelle scarpe. Impossibile dimenticare.   
«Di quelle giornate - conclude Galanti -, oggi si ricordano la morte di Carlo Giuliani, le violenze alla Diaz o le vetrine rotte. In realtà era nata in quei mesi un’alleanza civile e politica che aveva l’obiettivo di mettere in evidenza tutti i limiti del neoliberismo. A Genova ci hanno mortificato con la complicità di un vergognoso governo di destra. Poi è arrivato l’11 settembre e non abbiamo avuto più alcuna speranza. Ma possiamo dire che ‘avevamo ragione’. Che è ancora peggio».
 
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