Da Ravenna a Faenza, i liberi professionisti: "Preoccupati per il futuro"

Romagna | 02 Maggio 2020 Cronaca
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Barbara Gnisci e Silvia Manzani
«Prevedo almeno quattro mesi senza avere un’entrata». Simone Herrera, 30 anni (nella foto), è un videomaker che si occupa anche di grafica, creazione musicale, marketing. Da poco si è trasferito con la fidanzata da Faenza a Brisighella: «Lei per fortuna lavora in un supermercato e quindi continua a prendere lo stipendio. Per me, la metà dei lavori si è interrotta perché le aziende hanno chiuso o perché io, essendo un esterno, non posso andare. Per il resto, avevo del lavoro arretrato che sto finendo di smaltire». E le preoccupazioni non mancano: «Parlando anche con colleghi del Milanese, la sensazione è che ci sarà un calo per tutti noi. Le imprese investono in pubblicità se hanno un surplus, quando sarà il momento di tagliare andranno a colpire proprio la parte che mi riguarda». Per sostenersi, Herrera ha chiesto all’Inps il bonus da 600 euro: «Dopo oltre un mese dalla richiesta, però, non ho ancora percepito nulla. Il mio commercialista mi ha spiegato che lo stanno erogando un po’ a macchia di leopardo, spero che tocchi presto anche a me». Per ingannare il tempo, Herrera sta dando una mano nell’azienda agricola di famiglia che è di fianco a casa: «Non è assolutamente un piano B, non si guadagna nulla se non per il proprio sostentamento alimentare, per un po’ di patate e pomodori. Non può essere un’alternativa. Qui ogni mese ci sono 600 euro di affitto da pagare, oltre alle bollette e alla spesa. Spero che, quando si tornerà alla normalità, i lavori in sospeso possano sbloccarsi. Ma non è affatto una garanzia».

«ARTISTI NON RICONOSCIUTI»
«Per noi artisti è una situazione delicata che mette in risalto il fatto che, in Italia, non siamo valorizzati come lavoratori». Tonia Garante, napoletana trapiantata a Ravenna, insieme al marito sta vivendo in modo molto diretto le ripercussioni che l’emergenza Coronavirus sta avendo sul mondo dei professionisti: «Siamo entrambi attori e ci siamo ritrovati a chiedere, entrambi, il bonus da 600 euro. Mio marito l’ha ottenuto facilmente, io ho dovuto penare di più. Come attrice, infatti, non ne ho diritto perché lo scorso anno, con Ravenna Teatro, ho fatto meno di trenta giornate lavorative. Alla fine l’ho ottenuto come collaboratrice della cooperativa Libra, visto che nel 2019 il contratto è stato abbastanza cospicuo». Fatto sta che se la situazione si dovesse protrarre, sarebbero guai: «Noi siamo un po’ a metà, sufficientemente benestanti da avere due macchine ma troppo per poter chiedere altre misure di sostegno, che sia il reddito di cittadinanza o altro. Io, con Ravenna Teatro, avrei dovuto iniziare un nuovo contratto a partire da marzo, poco prima dell’inizio delle misure restrittive: fossi stata, ora, sotto contratto, avrei potuto chiedere la Naspi o il congedo parentale. E invece no. A livello nazionale stiamo chiedendo al Governo l’attivazione di un sussidio per quando non lavoriamo, per darci il modo di auto-sostenerci mentre creiamo e produciamo. Non aiuta l’assenza di un albo, che tra l’altro non esiste nemmeno per i sociologi, altra categoria alla quale appartengo». Un lumino di speranza, comunque, resta acceso: «Il direttore del Teatro delle Albe Alessandro Argnani è stato molto corretto: nonostante le repliche che avremmo avuto tra marzo e aprile siano saltate, avrebbe comunque voluto assumermi, chiaramente a tempo determinato, e almeno le giornate delle repliche sarebbero state pagate, almeno la paga minima sindacale. Questo, però, pare non sia stato possibile per via dei decreti in atto che non hanno consentito assunzioni in tempo di quarantena. Ma la promessa è che, appena si sboccherà tutto, assumeranno coloro che avrebbero dovuto scritturare per la tournée di marzo e aprile. Devo dire, in generale, che l’Emilia-Romagna è più attenta di altre regioni ai nostri bisogni».

«SENZA TUTELE»
Il lavoro continua per Gloria Ghiberti, ingegnere edile ravennate. Sebbene in smart working, infatti, la 34enne in queste settimane sta continuando la propria attività principalmente per uno studio con il quale collabora da gennaio: «Sono a partita Iva dal 2015, per chi fa il mio mestiere è molto difficile essere dipendenti. Danni per il momento non ne ho avuti, continuo a essere pagata e ho ricevuto i 600 euro di bonus che nel mio caso vengono richiesti a Inarcassa, che segue la previdenza degli ingeneri e degli architetti. Il mio reddito, infatti, non è alto come si potrebbe pensare: rientravo senza problemi nei parametri per aver diritto a un aiuto. Se la stessa possibilità si presenterà di nuovo, tornerò a fare richiesta». E se ora, da casa, Ghiberti va avanti con il lavoro, le difficoltà presenti e le preoccupazioni per il futuro ci sono eccome: «Non è facile relazionarsi con gli enti pubblici e con i privati: causa delle limitazioni imposte dal Coronavirus gli ostacoli non mancano, anche se ci si adatta. Se, poi, questa situazione dovesse protrarsi per altri mesi, non facendo sbloccare i cantieri, le difficoltà arriverebbero anche per me. Essendo una libera professionista e quindi esente da tutele, potrei essere tra le prime a rimetterci. E in un periodo del genere, trovare un’altra occupazione sarebbe pressoché impossibile. Per fortuna, per ora, lo studio con il quale collaboro regge il colpo».

«TUTTO BLOCCATO»
«Il matrimonio provoca emozioni, è uno dei giorni più belli della vita di una coppia e le persone vogliono goderne a pieno. Condividerlo con amici e parenti è una delle gioie irrinunciabili ed è per questo che se in questa stagione ne riuscissi a farne almeno qualcuno sarebbe un miracolo». A parlare è Vincenzo Pioggia, 40enne, fotografo ragusano, che vive da oltre 20 anni a Ravenna, dove si occupa di foto per eventi, fiere e aziende, ma soprattutto di servizi per matrimoni: «Sono fermo dal decreto del 9 marzo. Ho dovuto disdire tutti i servizi che avevo in programma e, contemporaneamente, non ne sono entrati di nuovi. Le ultime foto che ho scattato riguardano un lavoro sulle uova di Pasqua, fatto in studio. Per il resto è tutto bloccato». Così Vincenzo, come tanti altri liberi professionisti, si trova ad avere grosse incognite rispetto al lavoro dei prossimi mesi: «I servizi per i matrimoni rappresentano il 70% della mia produzione e quasi tutta la stagione che va da aprile a dicembre è stata cancellata. Gli sposi non vogliono celebrare le proprie nozze con mascherine e con un numero limitato di persone, come ci si aspetta che si svolgeranno le cerimonie nei prossimi mesi, e allora la maggior parte ha voluto posticipare all’anno dopo. Ho deciso di compilare la richiesta per il bonus che spetta a chi ha la partita Iva, procedura estremamente facile, ma al momento non è arrivato nulla, solo le tasse da pagare». E intanto Vincenzo prova a organizzarsi anche in altri campi: «Insieme a un mio amico che si occupa di web design ci stiamo occupando di siti di ristoranti e negozi che in questo momento stanno sopravvivendo grazie al delivery. Credo che questo possa essere un terreno fertile per il mio lavoro, ma non andrà a ricoprire il resto delle perdite. Sono preoccupato, ma soprattutto sono in sospensione fino a quando non sapremo meglio come muoverci, ma non credo che si tornerà presto alla normalità. Per il momento non riesco a immaginare che cosa accadrà, cercherò di potenziare il lavoro con le aziende e provare a galleggiare fino alla stagione prossima».

«IL BONUS? ASPETTO»
Più positivo Marco Deidda, 30 anni, fisioterapista ravennate: «Sto ancora valutando se fare la domanda del bonus o meno, perché mi è stato congelato l’affitto dello studio da parte della palestra che mi ospita e non ho attrezzature da pagare». Il periodo, dunque, è di attesa: «Io mi occupo soprattutto di trattamenti chinesiologici, specifici al mantenimento di uno stato di benessere e non solo di riabilitazione. Sarà probabile che dopo la riapertura in molti saranno restii a riprendere le sedute perché, almeno all’inizio, prevarrà la paura dei contagi, ma al momento si tratta solo di aspettare e di vedere come evolveranno le cose. Per ora non ho bisogno di soldi che non mi sono meritato. Quando nel 2014 ho aperto la partita Iva. sapevo che avrei guadagnato solo se avessi lavorato».
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