Credito, La Bcc ravennate, forlivese e imolese, dopo 20 anni lascia il presidente Ricci: «Dalla "banchina" fino a leader nel gruppo Iccrea»

Romagna | 22 Aprile 2022 Economia
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Manuel Poletti - «Dalla “banchina” ad oggi il passo è stato lungo e complesso, ma pieno di soddisfazioni. Oltre 20 anni di lavoro in Bcc mi hanno insegnato tanto, in primis i valori della cooperazione, dove il socio deve controllare e gli amministratori devono tutelare tutti. Comunità e territorio sono i pilastri anche per il futuro». Secondo Ricci, presidente uscente de La Bcc ravennate, forlivese e imolese, in questa intervista compie un bilancio generale del suo lungo lavoro all’interno dell’istituto che ha la sede principale di fronte al Duomo di Faenza. Da 16 Casse rurali a una delle prime 5 Banche di credito cooperativo a livello nazionale del sistema Iccrea, che ne riunisce ben 130. Circa 35mila soci, da Imola alla provincia di Ravenna, a Forlì ed oggi anche a Cesena, con le ultime 11 filiali acquisite da Banca Sviluppo. Questi i numeri principali dell’istituto di credito guidato da Ricci fino a fine aprile.
Presidente Ricci, viviamo anni complessi e molto impegnativi, anche per gli istituti di credito. Che bilancio può fare?
«La fase che viviamo è ancora molto complessa e impegnativa, dal Covid che ha paralizzato alcuni settori economici in questi due anni (commercio e turismo in primis), alla guerra in Ucraina, che sta facendo decollare prezzi delle materie prime e costi dell’energia, la situazione generale economica rimane molto seria. Il conflitto poi, ha riportato alla mente, soprattutto alla mia generazione, i tempi e le nefandezze della Seconda guerra mondiale. Difficile capire perché in Europa nel 2022 succede ancora una cosa del genere e soprattutto quanto durerà ancora? Interrogativi importanti anche per la nostra attività del credito».
Nel 1998 nacque il Credito Cooperativo Provincia di Ravenna che nel 2002 divenne la Bcc ravennate e imolese, poi 5 anni fa la fusione con Forlì. Passaggi impegnativi per il futuro dell’Istituto. A livello personale cosa le è rimasto?
«Io sono entrato quando c’erano ancora i fondatori, Dalle Fabbriche e Albonetti, che misero in piedi “la banchina”, quella dei contadini. E’ chiaro che pensare a quella fase primordiale, in cui avevamo su questo territorio tante banche locali, fra cui le Casse rurali, ben 16 che oggi rappresentiamo, fa un certo effetto. Poi vedere che alcune banche locali più grandi di noi non ci sono più o si sono fatte assorbire da istituti nazionali, fa ancora più impressione. Il nostro percorso è stato di costante crescita, oggi siamo diventati più grandi, tant’è che fra le associate Iccrea siamo fra le prime cinque a livello nazionale. Sicuramente c’è stato un impegno di tutti, non solo del presidente o del consiglio di amministrazione, ma in particolare dei collaboratori. Sapere che c’è una banca locale solida e di livello nazionale penso sia motivo di soddisfazione per molti. L’impegno che lasciamo a chi viene dopo è quello di valorizzare la cooperativa di credito, che oggi ha 34-35mila soci. I 2,5 milioni di euro che nel 2021 abbiamo distribuito sul territorio su circa un migliaio di iniziative, rappresentano un sostegno prezioso per molte attività e associazioni. La banca è impegnata a lavorare in maniera prevalente su questo territorio, e lo continuerà a fare anche in futuro».
Che momenti particolari si ricorda di questi anni? Il più soddisfacente e quello più impegnativo?
«La scelta fatta nel 1997-98 quando abbiamo costituito la Bcc unica della provincia di Ravenna è stato un passaggio vincente, abbiamo unito le esperienze positive che già c’erano, non c’erano situazioni di crisi allora, ma abbiamo fatto bene, visti i risultati ottenuti. Poi c’è stata l’incorporazione della piccola realtà imolese agli inizi degli anni 2000. Infine 5 anni fa, nel 2017, la scelta più dura e più costosa per noi, con l’incorporazione della realtà forlivese che aveva qualche difficoltà. Ma a distanza di pochi anni possiamo dire che anche quella è stata una scelta con buoni margini di crescita di soci e di clienti. Questo dimostra la necessità di avere una banca locale affidabile e solida».
Avete allargato ancora il territorio fino a Cesena, con le ultime acquisizioni di 11 filiali di Banca Sviluppo. Perché?
«Stiamo affrontando anche questo passaggio, la risposta è stata incoraggiante, stiamo facendo nuovi soci e clienti, verrà costituito un Comitato locale per coinvolgere realtà del territorio che parteciperanno alla gestione dei fondi di beneficienza e delle sponsorizzazioni. Il nostro modello è sempre stato questo, coinvolgere i territori dove siamo andati ad operare e sostenere imprese e famiglie».
A piccoli passi La Bcc è diventata sempre più romagnola, ma rimane «fuori» la Bcc Romagna Occidentale di Castel Bolognese. Come mai?
«Da parte di quella piccola banca è stata fatta una scelta miope quando costituimmo la Bcc sulla provincia di Ravenna. Per noi fu incomprensibile. Oggi anche i gruppi nazionali di riferimento per il nostro sistema, sia Iccrea che Cassa Centrale, spingono verso aggregazioni più grandi».
La scelta di entrare in Iccrea che risultati sta dando?
«Gli ultimi anni sono stati impegnativi, in Iccrea sono entrate 130 banche di credito locali. La capogruppo con il contratto di coesione deve uniformare scelte, comportamenti e modalità informatiche di lavoro. Sono percorsi impegnativi, a cui serviranno anni di lavoro,  pian piano le economie di scala stanno arrivando, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo».
Le regole europee sul credito hanno cambiato molto le banche, anche quelle locali, appaiono decisamente più rigide o no?
«La volontà degli organi di controllo sono chiare, alla Bce tanto per intenderci sono “tedeschi” nei loro approcci. E’ chiaro che in questa ottica è cambiato molto rispetto alla Casse rurali, quando a volte “bastava” una stretta di mano come garanzia del debito che si contraeva con la banca. Il mondo è cambiato ed insieme con lui anche le regole del nostro mercato, per questo anche gli istituti locali sono meno flessibili, ma più solidi, come nel nostro caso».
In generale sul fronte del credito dalla Romagna arriva un’immagine tutto sommato positiva, compresa anche l’espressione del presidente nazionale dell’Abi, oggi il ravennate Antonio Patuelli, confermato già per più mandati. Che idea si è fatto?
«L’immagine che arriva dalla Romagna è decisamente positiva per quanto riguarda il sistema delle Bcc, per altri gruppi meno. Per quanto riguarda il presidente Patuelli, sta facendo molto bene alla guida dell’Abi, in maniera chiara ed autorevole. Nettissima la differenza con chi l’aveva preceduto (Giuseppe Mussari, che guidava Monte dei Paschi di Siena, ndr), che fu coinvolto in situazioni poco onorevoli».
Infine che messaggio vuole lasciare al nuovo cda che verrà eletto fra pochi giorni?
«Il messaggio è quello di continuare l’impegno a difendere la comunità ed i territori anche nel mondo del credito, questi sono i pilastri per il futuro. I soci sono importanti, chi è chiamato a gestire la banca deve sapere che è osservato e deve tutelare gli interessi di tutti. Sono regole fondamentali della cooperazione e valgono anche per la nostra banca».
 
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