Cre per i piccolissimi, i dubbi del pedagogista ravennate Sarracino

Romagna | 17 Giugno 2020 Cronaca
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Barbara Gnisci
«Che si riapra a luglio o a settembre, si dovrà rivedere il paradigma pedagogico in fatto di accoglienza, perché i bambini da zero a tre anni quattro mesi trascorsi a casa rappresentano un quarto o un quinto della loro vita ed equivalgono a “da sempre””. A parlare è il pedagogista Ernesto Sarracino, coordinatore pedagogico dei servizi per l’infanzia dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, che pone l’accento sulla necessità di una «ri-accoglienza» graduale e rispettosa dei tempi dei bambini: «Allo stesso modo, si dovrà tener conto delle necessità delle famiglie, che avranno bisogno di tornare al lavoro. Si tratterà di modulare e gestire due bisogni differenti, ma ugualmente importanti e delicati». Da considerare, poi, ci sono anche i timori di alcune famiglie: «Sono in videoconferenza quotidianamente con alcuni genitori che esprimono la loro paura rispetto al contagio. Per quanto riguarda la fascia 0-3 anni ci si sta organizzando con gruppi formati da un’educatrice e tre bambini. Questo permetterà di ridurre al minimo la possibilità del contagio. Proprio per il numero esiguo, sarebbe difficile adesso utilizzare in maniera funzionale gli spazi e le strutture a disposizione. Non basterebbero, senza parlare dell’enorme costo economico». A livello di spazi, ne esistono anche di esterni, sempre più rivalutati in ambito pedagogico: «Se il Covid-19 ci ha lasciato qualcosa di buono è la rivalutazione di alcune modalità di intervento. Sta diventando opinione comune che “educare e insegnare stando all’aria aperta è meglio’” Una pratica che noi mettiamo in atto anche in inverno». Niente mascherine, in ogni caso, per i più piccoli: «Con la fascia 3-6 ci si potrebbe organizzare facendo delle attività inerenti, come disegnare la mascherina, per esempio. Con loro è più facile anche far tenere le distanze, organizzando giochi che la richiedano, come con il gioco delle bocce. Ma per i 0-3 è tutto più difficile. Una cosa, a mio parere, fondamentale per tutti, è cambiare la dicitura “distanza sociale” trasformandola in “distanza fisica”, perché questa esprime veramente il concetto che si vuole comunicare. La prima può avere più significati e spaventa di più». 
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