Cre 0-3 anni del ravennate: "Tante incognite per la riapertura"

Romagna | 16 Giugno 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
Se per la fascia di età dai tre anni in su il tema dell’avvio dei centri estivi è stato, con tutti i limiti del caso, risolto in positivo, regna ancora sovrana l’incertezza sui bambini più piccoli. Dopo il parere positivo del Comitato tecnico-scientifico all’estensione delle linee guide anche per le attività estive di chi ha da zero a tre anni, i gestori sono ancora in attesa di capire quando e come potranno lavorare. 

«NO AL PARCHEGGIO»
Simona Scacco è la titolare del servizio educativo Tante Lune di Ravenna, che durante tutto l’anno accoglie bambini e bambine da 18 mesi a sei anni: «Mentre siamo al lavoro per partire, dal 15 giugno, con le attività per i nati dal 2017, anche se con i tre anni ancora da compiere, sui bambini più piccoli siamo in attesa del protocollo regionale e non credo, viste le lungaggini, che lo si potrà fare prima di luglio». Anche davanti a un via libera, comunque, l’educatrice non è certa che varrà la pena fare la scelta di aprire anche a chi ha meno di tre anni: «Rispetto alle precauzioni da adottare, ci aspettiamo limitazioni ancora più forti. Per i bambini più piccoli c’è tutto il discorso dell’ambientamento che, dovendo rispettare regole rigide, si andrebbe a snaturare e a perdere. Per un bimbo di due anni, per esempio, essere inserito in una situazione critica e molto vincolante per frequentare, magari, solo un paio di settimane, non ha molto senso. Ecco perché dobbiamo valutare bene il da farsi». Anche con i bambini che già si sa che potranno iscriversi, comunque, le cose saranno molto diverse dalla normalità: «Per un problema di spazi, potremmo avere solo dieci bambini alla volta, suddivisi in due gruppi. Abbiamo dovuto eliminare materiali non sanificabili, come le stoffe e le corde e investire per acquistarne di nuovi. Eravamo già abituati a disinfettare tutto la sera, così come a stare molto all’aria aperta, due aspetti che continueremo a curare. Certo è che il rischio zero non esiste e i genitori ne devono essere consapevoli. Ai bambini non verranno fatte indossare le mascherine, mentre il personale sarà costretto ad usarle. Per il resto, siamo convinti che interpretare le regole in modo troppo rigido significa smettere di fare questo lavoro: faremo del nostro meglio ma serviranno morbidezza e flessibilità, come stiamo spiegando anche alle famiglie. Purtroppo servirà adattamento anche davanti alle rette, che subiranno aumenti: non stiamo dando i numeri ma i costi, per noi, sono molto aumentati. Aprire non significherà di certo guadagnare ma solo continuare a fare il nostro lavoro, convinti che troppa rigidità significherebbe trasformarsi in un parcheggio, cosa che non siamo e non vogliamo essere».

«SCELTA SOSTENIBILE?»
Dello stesso avviso Maddalena Casanova, titolare del servizio «L’Isola di Nim» di Faenza: «Un barlume di speranza si è acceso ma di concreto non abbiamo davvero ancora nulla né in vista dell’estate, né tantomeno di settembre. Brancoliamo nel buio più totale. Le uniche note positive è che il Comune sta aiutando anche noi che siamo privati non convenzionati con un contributo che arriverà fino alla fine di giugno, e che il Comitato tecnico-scientifico si è pronunciato sulla fascia 0-3 anni dopo che, nei vari decreti, sui bambini piccoli non fosse stata detta una parola». Per il resto, nemmeno Casanova è sicura che aprire a estate già iniziata avrà un senso: «Se dobbiamo farlo a tutti i costi, giusto per fare, senza che si tratti di una scelta pedagogicamente ed economicamente sostenibile, preferiamo di no. Chiaro, la preoccupazione è forte».

«COSTI-BENEFICI?»
E preoccupata è anche Silvia Stignani, titolare del piccolo gruppo educativo «Scarbocchiando a casa di Silvia» di Lugo e in preda a mille incertezze: «All’inizio io e le altre ragazze dell’associazione di cui faccio parte ci siamo arrabattate per capire come muoverci, come poter riprendere a lavorare e dare un servizio alle famiglie. Non è servito a niente: i tempi hanno continuato a slittare e le indicazioni a essere frammentate e fumose. Non è facile rimanere su di morale e motivati in questa situazione: viene davvero da chiedersi se non sia meglio restare ad aspettare, nell’attesa che qualcuno ci dica davvero cosa fare». Nel suo caso, prima della chiusura di febbraio Silvia accoglieva quattro bambini, di cui tre sotto l’anno e mezzo: «In genere restavamo chiusi solo un mese l’anno, da metà luglio a metà agosto. Non so davvero, quest’anno, cosa succederà. Ci sono tante valutazioni da fare: in parte personali, visto che tra un mese partorisco, in parte professionali, visto che il mio servizio è nella mia abitazione e ha una cucina interna e non so se il contesto si presterà alle nuove regole per la fascia 0-3 anni. Abbiamo il vantaggio che da sempre lavoriamo sull’outdoor education, che si presterebbe moltissimo alla necessità del distanziamento, ma d’altro canto ci bisognerà capire il rapporto costi-benefici: si parla di alzare, addirittura di raddoppiare le rette. Ma come si fa a chiedere questo ai genitori?».

«SERVIZIO FRUIBILE?»
Tante le perplessità anche per Silvia Santucci del nido Domus Bimbi di Ravenna che d’estate lavora anche come Cre privato per i piccolissimi: «Il problema, nonostante siamo abituati a lavorare all’aperto e possiamo allestire lo spazio esterno del giardino, è capire se aprire è sostenibile: con la sola retta pagata dai genitori non è detto che riusciamo a reggere. L’altro aspetto critico riguarda i dubbi dei genitori rispetto all’organizzazione dei turni e dei tempi in cui dovrebbero entrare e uscire i bimbi, che difficilmente si possono conciliare con il rientro al lavoro. Siamo ben lontani dall’avere indicazioni precise che ci possano consentire di rispondere alle richieste delle famiglie. Ci chiediamo se il servizio possa, a questo punto, essere fruibile e come si possa lavorare a luglio se le certezze le avremo solo a fine giugno». 
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