Cotignola, dalla centrale telefonica di guardia medica: "Stress, lamentele, tempi rallentati"

Romagna | 29 Novembre 2020 Cronaca
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«C’è il Covid, ci sono le problematiche che come guardia medica abbiamo sempre affrontato, c’è il malcontento della gente, che spesso chiama noi invece che altri servizi, e finisce per attendere al telefono a lungo». Maira Martelli, 27 anni, mentre frequenta il corso per diventare medico di medicina generale lavora alla centrale telefonica della continuità assistenziale che si trova al vecchio ospedale di Cotignola: «In un sabato di novembre, dalle 8 alle 20, abbiamo contato 250-270 chiamate. Sono numeri enormi, che fanno rima con una mole di lavoro molto aumentata. Non possiamo liquidare le persone che chiamano, nemmeno se ci accorgiamo che hanno fatto un errore a contattare noi: dobbiamo comunque dare spiegazioni, dirottandole in diversi casi verso altri servizi, che sia l’Igiene pubblica o il medico di medicina generale. Capita che qualcuno telefoni per i certificati di quarantena, che noi non rilasciamo, o per sapere l’esito del tampone, che non siamo in grado di vedere. Sono esempi di richieste che rallentano il nostro lavoro. Molto semplicemente, spesso non è di nostra competenza ciò che ci viene chiesto. E a noi dispiace che molti stiano in attesa di una risposta anche per mezzora». Chi aspetta a lungo, poi, spesso finisce per lamentarsi: «Se non ci fossero le chiamate improprie, sarebbe molto più veloce per noi gestire il tutto. Invece in molti casi perdiamo molto tempo a dare spiegazioni e indicazioni sulle procedure burocratiche, invece che sulle questioni cliniche». Quel che emerge, in generale, è che le persone sono molto disorientate: «Noi siamo un servizio di continuità assistenziale che può dare un consulto telefonico, inviare una visita domiciliare o fare andare i pazienti negli ambulatori. La novità rispetto al Covid è che ci coordiniamo con le Usca: quando valutiamo che la persona dall’altra parte del telefono possa avere sintomi sospetti e necessitare dell’intervento del medico, mandiamo a casa le unità speciali. Se invece la situazione è tranquilla, la persona non sta male e non ha malattie pregresse, la facciamo contattare dall’Igiene pubblica. Non sempre, però, questa organizzazione del lavoro risulta chiara alle persone». (s.manz.)
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