Coronavirus, i piccoli servizi educativi chiedono aiuto, da Lugo l'appello di Silvia
Ci sono anche quattro servizi educativi per la prima infanzia della provincia di Ravenna tra i mittenti della lettera inviata al Consiglio dei ministri, alla Regione e ai Comuni dell’Emilia-Romagna da diverse realtà che da Rimini a Piacenza operano nel settore. «Piccoli tesori» di Ravenna, «Centro Mary Poppins» di Ravenna, «Scarabocchiando a casa di Silvia» di Lugo e «Scarabocchiando a casa di Gianna» di Cotignola chiedono, insieme agli altri, di pensare a misure economiche a sostegno dei costi di gestione che vanno sostenuti anche se i bambini sono a casa: «Abbiamo canoni di locazione, mutui, dipendenti, utenze da pagare e una famiglia da mantenere. Nessuno, purtroppo, sa quanto durerà questa emergenza e non è corretto, né socialmente sostenibile, che questo porti alla chiusura delle nostre attività. Le misure di cui si è trattato fino ad oggi sono prevalentemente rivolte ad educatori con contratti pubblici o che lavorano in grosse cooperative, ma non sono state considerate le piccole realtà che, nonostante siano fondamentali per la società tutta, sia in termini di qualità che di integrazione dei posti pubblici insufficienti rispetto alla richiesta, non vengono nemmeno nominate nei decreti già emanati. Ci sembra doveroso porre in risalto il lavoro svolto da noi privati in termini di efficienza, efficacia, qualità e sostegno alle famiglie che, per scelta o per necessità, ci affidano i loro bambini». Tra le dirette interessate c’è Silvia Stignani, che nel 2005 ha aperto il piccolo gruppo educativo «Scarabocchiando a casa di Silvia» che fa parte della rete nazionale «Scarabocchiando a casa di…»: «Il mio servizio, che è all’interno della mia casa a Lugo, può ospitare fino a sette bambini dai tre ai 36 mesi. Al momento ne abbiamo quattro. La situazione è preoccupante, perché le realtà come la mia sono tagliate fuori da fondi e sovvenzioni. Io ho una dipendente da pagare e non avrei certo fatto la scelta abitativa che ho fatto, sostenendo costi importanti, se la mia casa non fosse anche la sede della mia attività. Mi sostengo, fondamentalmente, con le rette delle famiglie. Senza quelle, la paura di non riuscire a stare a galla è tanta». I titolari delle decine di attività che hanno firmato l’appello chiedono l’applicazione di misure urgenti e certe per le attività imprenditoriali come contributi economici diretti alle strutture private proporzionali alle rette non incassate, un programma biennale che permetta alle strutture private rivolte alla prima infanzia di risollevarsi e continuare ad offrire un servizio di qualità alle famiglie, un sussidio per le titolari, coordinatrici, referenti e socie che non hanno le caratteristiche per attingere ai fondi già stanziati, la sospensione del pagamento delle utenze senza more o interessi. (s.manz.)