Coronavirus, dal 18 maggio riaprono i ristoranti, ma c’è chi non lo farà prima di settembre

Romagna | 16 Maggio 2020 Cronaca
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Riccardo Isola - Il 18 maggio ci sarà il tanto agognato via libera. Da lunedì, infatti, ristoranti, osterie, trattorie e pizzerie potranno finalmente tornare a «ospitare» i propri clienti all’interno dei locali, ma con importanti, e non certo poco impattanti, novità stringenti. Allo stato della nostra uscita il Decreto non è ancora stato pubblicato, ma stando alle indiscrezioni sui protocolli di sicurezza pensati per la ripartenza stabiliti dal Comitato tecnico-scientifico insieme all’Inail, le nuove regole imporranno in primis il rispetto del prerequisito fondamentale del distanziamento sociale. La prima conseguenza sarà un’ovvia riduzione dei coperti, sembra infatti che per rispettare il cosiddetto «limite di capienza predeterminato» lo spazio «libero» per ogni cliente dovrà essere di quattro metri quadrati mentre due saranno i metri che dovranno distanziare i tavoli. Quest’ultimo ridotto a un metro e mezzo se i commensali siedono allo stesso tavolo e ci sono i separatori in vetro o plexiglass. Si potranno e dovranno adottare così soluzioni per dividere la superficie interna del locale per far rispettare questi metri quadrati, «fatto salvo - si legge nella bozza del documento - la possibilità di adozioni di misure organizzative come, ad esempio, le barriere divisorie». Per questo il Comitato scientifico avrebbe suggerito di preferire le aree esterne. Un consiglio che però non tutti i locali potranno o saranno in grado di poter sfruttare, sia per questioni logistiche sia per organizzazione del lavoro. Sempre per quanto riguarda le nuove misure sembra che il documento imponga obbligatoria la prenotazione. Stesso obbligo valido per l’uso della mascherina sia prima che dopo i pasti per i clienti. Un dispositivo che non potrà mancare invece di essere indossato sempre e obbligatoriamente per i dipendenti, dai camerieri fino a chi lavora nelle retrovie della cucina. Altro dispositivo imprescindibile sarà quello della messa a disposizione di prodotti igienizzanti per gli avventori oltre a una barriera fisica installata sulle casse. Altra questione delicata è quella dell’utilizzo dell’aria condizionata. L’utilizzo di metodi di refrigerazione ambientale non si potranno utilizzare con la possibilità invece di privilegiare il «ricambio naturale dell’aria» in tutti i locali, compresi i servizi igenici. Infine non ci dovrebbero più essere sui tavoli i menu cartacei con la creazione di menù digitalizzati, scritti su lavagne o su fogli monouso e si dovrà obligatoriamente garantire pulizia e igienizzazione «al termine di ogni servizio al tavolo». Per ora rimangono proibiti i buffet e i condimenti dovranno essere monouso. Le famiglie dovranno dotarsi di un’autocertificazione che ne attesti la parentela. Alla luce di queste restrizioni e di queste imposizioni, e non sono in pochi, ci sono gli imprenditori del mondo della ristorazione che posticiperanno la riapertura e c’è chi sta meditando pure di riaprire non prima di settembre.

SI APRE MA QUANTE INCOGNITE
C’è sicuramente chi alla notizia della  riapertura si dice «contento e relativamente pronto» anche se le incognite sulle disposizioni rimangono ancora alte. Per Maurizio Bucci del ristorante Osteria Passatelli 1962: «In questo Paese che naviga a vista e tartassa gli imprenditori la notizia della riapertura ci trova più o meno pronti. Era forse meglio aspettare il 2 giugno ma intanto iniziamo a lavorare per cercare di allestire la situazione logistica nei nostri spazi affinchè vengano rispettate tutte le  indicazioni date per assicurare la sicurezza. Ma non possiamo essere soli. Lo Stato e le regioni devono iniziare a fare campagne comunicative che tranquillizzino le persone dicendo che andare al ristorante è sicuro. Altrimenti sarà una ecatombe per gli imprenditori ma anche e soprattutto per le famiglie dei dipendenti che, purtroppo, ancora oggi, non hanno ricevuto, ad esempio, nemmeno la cassa integrazione».

C’E’ CHI ASPETTA A RIAPRIRE
«Innanzitutto non si può pensare di avere due giorni prima le linee guida obbligatorie per poter riaprire un ristorante, i tempi tecnici per essere eventualmente in regola non ci sono. Ma non c’è solo questo, con le disposizioni e le nuove regole, che ripeto ancora non sono state ufficializzate, di fatto per realtà come la mia, una sala da 80 metri quadrati che fino ad oggi poteva ospitare circa 45 persone, significa far entrare in sala 20 persone. E chi li chiude i bilanci e rientra dalle spese con venti coperti?». Non è soddisfatta né serena Natascia Cucchi, titolare della Trattoria Marianaza di Faenza, sulle informazioni che trapelano per quanto concerne le nuove disposizioni sanitarie obbligatorie da apportare ai pubblici esercizi dediti alla ristorazione. «Ci sono troppe incognite ancora aperte, per questo - sottolinea senza remore la Cucchi - io il 18 maggio non riaprirò e non so sinceramente quando lo riuscirò a fare. L’asporto e la consegna a domicilio le farò ma quando potrò riaprire il locale con una serenità socio-sanitaria complessiva più stabile. Ho sei dipendenti tutti in cassa integrazione, un locale che comunque ha bisogno di manutenzioni e attenzioni quortidiane, adesso per esempio stiamo imbiancando, ho frigoriferi con materiale che non posso usare, e quindi mi toccherà buttare, sono chiusa da due mesi e mi si chiede di investire ancora una valanga di soldi per allestire eventuali posti a sedere fuori dal locale, per dispositivi di separazione e sanificazione, per poter riaprire?». Andare al ristorante, da sempre, non è mero atto culinario e alimentare, ma anche e soprattutto momento di socializzazione, di condivisione «E a noi si chiede di distanziare, separare, quasi di diventare controllori. Ma chi avrà voglia - rimarca la ristoratrice faentina - di uscire a mangiare in ristoranti con atmosfere e situazioni come queste?». Stesse considerazioni vengono fatte dal giovane chef dell’Alexander di Ravenna, Mattia Borroni. «Le possibilità organizzative e di spazio per poter riaprire ci sarebbero anche ma ci sono ancora diverse e non certo banali incognite che per ora ci lasciano molto perplessi e anche indirizzati a questo punto a rimandare il tutto a settembre. Per quanto riguarda gli spazi il ristorante in due sale permette di far sedere 120/130 persone. Oggi queste si ridurrebbero al massimo a una quarantina. Al di là del necessario riassetto complessivo dell’organizzazione della cucina e del servizio - aggiunge Borroni - c’è però l’incognita del la sostenibilità economica. Chi ce lo dice che poi 40 persone ci saranno se pensiamo che Ravenna città, per ristoranti che non hanno dehors o la possibilità comunque di poter mettere a sedere fuor le persone e per l’estrema vicinanza con il mare, sconta da giugno ad agosto un drastico calo di lavoro. Infine - conlcude lo chef - c’è la questione dell’atmosfera. Mangiare è anche un atto rilassante e purtroppo le imposizioni sanitarie, seppur necessarie, non giocano certo in favore di ambienti di questa atmosfera».
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