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Consorzio Astra di Faenza, fatturato a quota 30 milioni, l’analisi del direttore Gabusi: «Il 2024 è stato positivo, 2025 con più incertezze»

Romagna | 18 Dicembre 2024 Economia
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Riccardo Isola - Il 2024 si chiude con risultati positivi per il Consorzio Astra. Dopo il coinvolgimento dello stesso nelle operazioni di gestione post alluvione del 2023, la realtà consortile con sede a Faenza, ha visto anche quest’anno lavorare per aiutare i territori, questa volta soprattutto nell’area del bolognese colpiti dal maltempo in autunno, a rialzarsi. Stando a un’analisi ancora non definitiva il fatturato quest’anno dovrebbe arrivare ai 30 milioni di euro. Una crescita importante visto che la storia recente di Astra vedeva lo stesso attestarsi sui 20 milioni di euro. Il tutto sempre di più puntando su asset che stanno diventato non solo strategici, ma necessari e quotidiani. La soddisfazione della performance, le attese per la chiusura dell’anno e le strategie del 2025 sono fotografate dal direttore Stefano Gabusi.
Direttore che bilancio può trarre da questo 2024 ormai in chiusura per il Consorzio?
«Positive. Sicuramente. Abbiamo lavorato molto. Anche a causa delle ondate di maltempo che hanno colpito la nostra regione, soprattutto il bolognese, i soci del consorzio non si sono tirati indietro, come del resto già fecero nel 2023 per la Romagna».
In che modo Astra è stata «protagonista» nel bolognese?
«Fin da subito siamo intervenuti per raccogliere il materiale ingombrante che le famiglie, le imprese e chi in generale è stato colpito dal fango e dall’acqua, per poi conferirlo negli impianti atti alla loro differenziazione e smaltimento. Altro ambito che ci ha visto partecipare attivamente è stato poi quello del recupero e stoccaggio-lavorazione dei fanghi alluvionali. Soprattutto quelli che hanno interessato l’areale appenninico. Fanghi che poi sono stati puliti e vagliati. Stiamo parlando di almeno una quarantina di mezzi coinvolti per un totale di circa 1.500 metri cubi di materiale movimentato per quanto concerne gli ingombranti e quasi 4.000 tonnellate di fango».
Quali ambiti vi hanno visto ottenere le maggiori performance?
«Il nostro core business è quello legato al contesto ambientale del mondo dei rifiuti, intesi però in una chiave sostenibile, di recupero e reinserimento nel sistema produttivo. Anche se in questo ultimo trimestre notiamo un rallentamento, possiamo tranquillamente definire il 2024, con un’attività che ha come baricentro operativo la Romagna, come un anno con un segno nettamente positivo».
Le sfide dell’economia circolare in che modo sono state portate avanti e implementate dal Consorzio?
«E’ il nostro, storico, core business. Sia esso di dimensione urbana, cantieristica o industriale, la mission  è quella di rendere il rifiuto inerte un nuovo tassello dell’economia. Rimettere sul mercato materiali che prima venivano solamente buttati, rendendoli così risorse nuove, è strategico per il presente e il futuro. Una grande sfida, soprattutto in ambito di opere pubbliche, arriva sicuramente dal Pnrr. Si è rimesso in moto e in gioco un settore fondamentale e noi abbiamo accompagnato questa dinamicità».
Quali debolezze strutturali insistono oggi affinchè si possa parlare di una vera rivoluzione svolta in questo ambito?
«C’è bisogno di un adeguamento, mentale, operativo e strategico del concetto di sostenibilità. I termovalorizzatori, per esempio, non devono più essere visti solo in modo critico. Servono perché sono un tassello importante in questo sistema. Oggi questi impianti giocano un ruolo che non è quello di essere meri bruciatori. Qui ci vanno, infatti, quei rifiuti finali, a fine vita, che non possono essere riutilizzati. La catena della differenziazione è altrettanto importante affinchè il comparto possa ancora crescere e sviluppare. Questo crea economia, reddito, occupazione e sviluppo, anche e soprattutto eco sostenibile e compatibile con la cura dell’ambiente. Bisogna capirlo. Un altro esempio è quello di Calderana, qui il progetto va avanti e sarà un punto di svolta nell’assetto ambientale del territorio».
E per il 2025 quali sono le prospettive?
«In un primissimo azzardo potremmo dire che stiamo vedendo un possibile rallentamento, almeno nel primo trimestre, soprattutto a causa delle incertezze che riguardano il contesto industriale. La crisi dell’automotive è chiaro e quindi le imprese non sono performanti come negli anni precedenti. Ma il contesto urbano, edile, dal nostro osservatorio, sta attraversando una fase di riassestamento che, nell’immediato futuro, vedrà svilupparsi. In definitiva, però, serve un’informazione e una formazione più accurata sul concetto del recupero, soprattutto di inerti, perché questo è e crea valore, in termini sia assoluti (economici) che sociali e ambientali».
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