Compie 10 anni il riconoscimento a Igp della Piadina Romagnola, simbolo dello street food

Romagna | 21 Aprile 2023 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Rappresenta al meglio la summa dello street food romagnolo. Un cerchio di farina, acqua e strutto, cotto sul testo che da sempre rappresenta il «Pane di Romagna». Una semplicità fatta gusto che oggi, a dir la verità possiamo affermare da dieci anni, è diventato anche prodotto a Indicazione Geografica Protetta (Igp). Era infatti l’inizio del 2013, anche se ufficialmente la possibilità di utilizzare il sigillo di garanzia a livello extra nazionale arriva nel novembre 2014, quando venne pubblicato sulla gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale di protezione nazionale transitoria per la Piadina romagnola Igp. Il Consorzio nasce nel 2011.

STORIA ANTICA
La Piadina come detto ha origini antichissime. Un racconto che intreccia alimentazione e antropologia. Il tutto all’insegna della semplicità che nel corso del tempo ha saputo imporsi, ed emerge, da mero simbolo del sostentamento rustico e popolano, era infatti definito il «pane dei poveri», a prodotto di largo consumo, diventato anche simbolo del concetto moderno di «Street food». Se oggi tutti conosco la piada o piadina romagnola, con questo termine, il merito va dato al grande poeta di San Mauro Pascoli, Giovanni Pascoli il quale italianizzò la parola «piè». In un suo poemetto tesse, infatti, un elogio della piadina, definendolo «il pane nazionale dei Romagnoli» a. Fino alla prima metà del secolo scorso la piadina veniva utilizzata in sostituzione del pane a cui si ricorreva tra un’infornata settimanale e l’altra. Accanto alle piadine povere ad formantòuon (di farina di mais) o armés-ci (farina di grano e mais mescolate) esistevano già quelle più sostanziose di pura farina di frumento, ulteriormente arricchite con strutto di maiale. Nel secondo dopoguerra, la Piadina Romagnola decolla scendendo dalle campagne ed entrando dalle porte principali delle città. Con gli anni Settanta, da una dimensione prettamente domestica, queste delizie approdano anche alla produzione artigianale. Nell’area costiera del Riminese si è imposta una variante mentre nell’entroterra questa aumentava di spessore sottile e flessibile. E’ stata proprio questa divisione a rallentare la creazione di un disciplinare per Igp.

I NUMERI OGGI
La produzione di Piadina romagnola certificata Igp, nel 2022, è stata di 23.756 tonnellate per un valore alla produzione che ha sfiorato i 34 milioni di euro. Interessante è il trend di crescita della produzione Igp, che in questi anni ha registrato un incremento del +251% pari a quasi 17mila tonnellate in più: è passata dalle 6.768 tonnellate del 2014, all’atto dell’adozione della certificazione, alle 23.756 tonnellate dello scorso anno.

IL DISCIPLINARE
Secondo il disciplinare approvato la «Piadina Romagnola» viene definito come prodotto a base di farina di grano tenero con aggiunta di acqua, grassi, sale, e alcuni ingredienti opzionali. Un prodotto che tradizionalmente di presenta di color bianco-avorio con macchie ambrate di varie dimensioni e tonalità sui due lati, e con sapore fragrante e odore caratteristico simile a quello del pane appena sfornato. Il prodotto pronto per il consumo, si presenta in 2 tipologie una le cui caratteristiche sono macchie ambrate di cottura di piccole dimensioni sulla superficie con una distribuzione omogenea, compatta, rigida e friabile, diametro da 15 a 25 centimetri spessore da 4 a 8 millimetri. L’altra è quella alla Riminese le cui caratteristiche sono di avere vesciche di cottura di grandi dimensioni sulla superficie, con una distribuzione non omogenea, morbida e flessibile, diametro da 23 a 30 centimetri spessore fino a 3 millimetri. La zona di produzione è rappresentata da quella compresa nelle province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna ma solo fino ai comuni tracciati dal corso storico del fiume Sillaro.

NOVITA’ APPORTATE
Recependo proposte, indicazioni e richieste arrivate da più parti nel territorio, dal febbraio 2023, si apre alla possibilità di alcune varianti divenute parte integrante nella produzione della Piadina romagnola. Prima di tutto sul fronte delle farine con la possibilità anche dell’utilizzo di farine di farro. Inoltre riconosce materie opzionali come latte vaccino, miele di fiori, e l’olio di semi di girasole purché utilizzato insieme e in quantità inferiore all’olio extravergine d’oliva. Per la precisione per il latte vaccino la quantità deve essere pari o inferiore a 300 ml, per il miele di fiori si deve arrivare a un massimo di 20 g.

SVILUPPI GOURMET
Recentemente, per potenziare la visibilità del prodotto,  ha aderito a CheftoChef emiliaromagnacuochi . L’adesione ufficiale è avvenuta quest’anno. Per Alfio Biagini, presidente «È un onore per il nostro Consorzio fare parte di un sodalizio che raccoglie i principali chef della nostra regione – spiega Biagini – CheftoChef ha l’obiettivo di valorizzare i grandi prodotti tipici dell’Emilia Romagna, insieme alle loro filiere, in un percorso che è prima di tutto culturale. Una finalità di questo tipo non può che incontrare il favore dal momento che la Piadina è il simbolo per eccellenza della nostra terra».

LA «VIA EMILIA» PER MANTOVANI
Nel mio percorso gastronomico sono stato influenzato da molti ingredienti, condividendo tecniche e influenze di molti paesi. Questo ha caratterizzato il mio modo di pensare al cibo, rendendomi cuoco che ama il territorio che interpreto con amore e libertà. Ma Se penso a uno dei contenitori più stimolanti del panorama gastronomico, ritorno sempre lì a sua maestà la piadina, straordinaria base per qualsiasi creazione. La piada che ho pensato si chiama Emilia. Per la ricetta 1 piada, 40 grammi di caciotta Badia della valle, 1 carciofo Moretto, 4 fette di melanzane, 15 grammi di insalata ghiaccio, 10 grammi di valeriana, 40 grammi di culatta emiliana, Olio extra vergine, 1 spicchio d’aglio, sale e pepe qb, mezzo limone. Pulire il carciofo togliere la barba e dividerlo, una metà’ immergetelo in acqua e limone l’altra tagliatelo a piccoli spicchi e saltatelo in olio aromatizzato con uno spicchio schiacciato di aglio. Rosolare e aggiungere un paio di cucchiai di acqua, fino alla cottura completa del carciofo. Togliere dal fuoco e piastrare 4 fette di melanzana precedentemente salate e oleate. In una bowl condire l’insalata ghiaccio tagliata, la valeriana e il restante carciofo a crudo e tagliato finemente, condire con un cucchiaio di olio, un po’ dì succo di limone sale e pepe. Mettere la piada su una antiaderente a fiamma bassa senza olio o sopra una piastra. Fare fondere la caciotta, aggiungere i carciofi cotti, la crudaiola di misticanza condita (iceberg, valeriana, carciofo), adagiargli le melanzane, condire sale e pepe e infine la culaccia. Chiudere e ripassare a piastra molto calda. Tagliare e servire in due parti sovrapposte.

I CHIOSCHI MIGLIORI DI MARIA PIA TIMO
«La piadina più buona di Romagna è quella che faceva la mia mamma», così mi ha risposto il riccionese Paolo Cevoli, collega stimatissimo, interpellato sull’argomento e non dimentichiamo che «La vera Romagna è casa mia!» recitava il grandissimo Ivano Marescotti, che tanto ci manca, e hanno ragione, ragione da vendere entrambi, perché l’istinto anarchico romagnolo vige in tutto e anche tra farina e strutto. In barba al disciplinare, che pure ha avuto il merito di provvedere a tutelare un prodotto che ci rappresenta nel mondo, le ricette sono moltissime, diverse, ognuna coi suoi segreti, e tutte storicamente tramandate in famiglia da nonna a nipote. C’è chi ci mette il lievito, chi il latte, chi il miele, chi qualche goccia di limone, chi le uova. A Lugo da «La Piadina della Baracchina» in viale Masi, trovate, infatti, una piadina fatta con le uova nell’impasto, come da vecchia tradizione locale. Quel chiosco è lì da tempo immemorabile ed è tra i pochi in Romagna che ora ha anche un laboratorio ad hoc per i celiaci, che possono commuoversi mangiando introvabili e buonissimi crescioni glutin free appena fatti. Il chiosco di Aldo a Fognano, con le sue piadine grosse, spessissime, morbide e lievitate almeno una giornata, ha cambiato gestione, ma lui si è portato via la sua ricetta, il suo lievito, e ora i suoi goduriosi manufatti li potete cercare in una variegata caccia al tesoro, tra il furgone-bancancarella di gastronomia nel mercato di Faenza in piazza delle Erbe e il market di Bulzaga sulla strada per Errano. Mirabile è il gusto della piada cotta sulla pietra refrattaria a Cervia di fronte all’ingresso delle saline, nel Chiosco del Lago. Una cottura complicata in cui la piadina deve essere portata in giro, per tutta l’area del «testo», che avendo spessori diversi, cuoce in maniera differente. Ci vuole un’esperienza somma! Per gli abbinamenti più fantasiosi e azzeccatissimi, tra cui brillano fragole, aceto, balsamico, arance, tocca salire in cima al centro storico di Santarcangelo, in un posticino spartano, dove si respira pure la vera genuina rudezza romagnola di un oste, Massimo, che spadroneggia sotto Il Campanone, torre che dà il nome al localino dove c’è sempre la fila. Lunghissima. Impossibile prenotare. Se cercate il sapore di mare, per le alici cotte in forno con una leggera panatura, accompagnate da radicchio da taglio e cipolla sottile, e poi adagiate dentro una piada impareggiabile, bisogna correre a Rimini alla Casina del Bosco, locale più che storico e frequentato anche da tanti riminesi e non solo dai turisti. Merita! Cinque segnalazioni sono poche. Non bastano. Mancano tanti altri nomi, chioschi, sapori, amici, attenzioni, passione, gusti che porto nel cuore, e purtroppo anche un po’ nel giro vita.
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