Ciclismo, «Luigino» Veneziano da Bagnara era lo storico meccanico del Pirata: «Tubolari e capelli gialli, per lui misi pure l’orecchino»
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Oscar Veneziano, Luigino per gli amici, oggi abita a Bagnara e ha lavorato come meccanico al Tour de France per sette edizioni e mezzo. Cinque con la Mapei, di cui un Tour de l’Avenir con i giovani della società, vinto dal russo Yevgeny Petrov, due con la Mercatone Uno e solo mezzo, a causa di problemi fisici, con la Vini Ricordi. «Venezia» diventò famoso al Giro del 1998 quando, nella 17ª tappa con arrivo a Selva di Valgardena, balzò dall’ammiraglia per soccorrere Pantani a cui era scesa la catena: «L’adrenalina era tanta che continuavo a spingerlo finché non mi urlò di mollarlo».
Con Marco le cose non erano mai banali e Luigino era con lui anche al trionfale Tour del 1998: «Nella Grenoble-Le Deux Alpes dove attaccò Ullrich e prese la maglia gialla, Pantani aveva montato dei tubolari gialli, che facevano pendant con la bici, da 18 millimetri di sezione, che ormai non si usano più nemmeno nelle bici da passeggio. Nel camper avevo delle ruote di 21 mm e volevo cambiargliele senza che se ne accorgesse ma lui se ne “intagliò” e mi intimò di non farlo. All’arrivo, dopo quella meravigliosa cavalcata su Galibier mi apostrofò ironico: “Venezia, hai visto che si vince anche con i tubolari del 18!”. Alla sera andammo a festeggiare davanti all’albergo il Club del Borello di Cesena e Marco iniziò a cantare Romagna mia a squarciagola».
Oggi al Tour ci sono i motorhome ma a quei tempi era diverso: «Sembrava di essere tornati nei militari, un po’ perché spesso si dormiva in camerate tutti insieme ed un po’ per la disciplina ferrea imposta dagli organizzatori. Un anno avevamo la Peugeot come macchina ufficiali e la Esso era uno degli sponsor, quindi dovevi rifornirli con quel carburante. Spesso però i distributori erano distanti e Poggiali, direttore sportivo, dopo due viaggi non ebbe voglia di andare anche con la terza ammiraglia e pagò lui il pieno nel distributore più vicino. Il giorno dopo fu richiamato dall’organizzazione che impose di non rifarlo, pena l’esclusione».
Anche Veneziano ha dovuto sottoporsi alla tintura gialla dei capelli prima dell’ultima tappa conclusa sui Campi Elisi, ma Pantani impose a tutti anche l’orecchino, che porta ancora: «Figurati che io avevo paura anche delle iniezioni e chiedevo a tutti se la foratura del lobo facesse male. Quelle sono state grandi stagioni», e si capisce che Veneziano le ha vissute intensamente.