Ciclismo, i ricordi di Adorni campione del mondo 52 anni fa a Imola: "Il circuito era meno duro"
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Tomaso Palli
Vittorio Adorni vinse quel Mondiale del 1968. Arrivato all’appuntamento iridato senza i gradi del favorito, sulle spalle invece del connazionale Gimondi e del belga Merckx, sbaragliò la concorrenza e arrivò al traguardo con un enorme vantaggio di 9’50”. A distanza di 52 anni, il Mondiale torna a Imola.
Adorni, cosa si prova a ricordare quei momenti? Soprattutto quest’anno che torna a Imola.
«È una sensazione difficile da spiegare. Una volta in fuga, iniziai a pensare che fosse ancora troppo lunga e che, prima o poi, il gruppo ci avrebbe ripreso. Decisi poi di andare via, a 90 km dall’arrivo, da solo per staccare il belga Van Looy: era più veloce e, in volata, sarei sicuramento arrivato secondo. L’idea fu quella di andare dando tutto ciò che avevo anche perché, nel caso fossi stato ripreso, c’era più possibilità per gli altri italiani che stavano bene ed avevano controllato Merckx (favorito con Gimondi, ndr). Alla fine, è andata molto bene per me ed ho vinto con quasi 10’: non facile da rifare».
Irripetibile come la vittoria al Giro d’Italia nel 1965 con 11’26”?
«Più volte sono stato vicino a vincere il Giro, senza mai riuscirci. In quel caso, ho cercato di guadagnare più tempo possibile e mi sono ritrovato con quel grande vantaggio».
Una corsa a tappe come il Giro d’Italia da una parte e il Mondiale dall’altra. Cosa prende?
«Il Mondiale! Anche perché il Giro d’Italia è una cosa nostra. Vincere il Mondiale significa essere il numero uno e poi, quando ne parli, le persone tendono sempre a spalancare gli occhi».
Domenica cosa si aspetta?
«È un percorso bello e duro, il circuito che ho vinto lo era meno anche perché, dagli anni ‘60, è cambiato tanto il ciclismo. Molti scenari sono aperti: possono arrivare in volata in tre o quattro o anche uno solo. Il percorso svizzero presentava una sola salita molto dura che avrebbe fatto una grande selezione mentre domenica la corsa si deciderà sulle quelle due salite importanti».
Cassani non ha mai nascosto la sua passione per il ciclismo nata al Mondiale nel ‘68.
«Me l’ha sempre detto: venne a vedere il Mondiale e si innamorò del ciclismo e della bicicletta. Ha poi avuto anche la fortuna di fare una bella carriera seppur non vincendo tantissimo ma oggi è ct».
E come vede l’Italia?
«Abbiamo Nibali, un corridore capace ed in grado di fare sempre qualche cosa; in questo caso, anche senza avere la preparazione di un Tour (arriva dalla Tirreno-Adriatico e parteciperà al Giro d’Italia, ndr). Spero sia lui o un italiano a portare a casa il Mondiale. Ma vorrei dire una cosa…».
Prego.
«Il Mondiale è una cosa a sé da giocare anche tatticamente. Quest’anno, chi viene dal Tour, avrà un vantaggio: dopo una gara come quella, seppur stanco, un corridore riesce a recuperare in due o tre giorni e può avere una potenza e una preparazione superiore agli altri. Non c’è mai stato un calendario con una corsa a tappe di 20 giorni e, a distanza di una sola settimana, il Mondiale. È una situazione particolare».