Ciclismo, dentro al capolavoro di Baroncini: «L’ho telecomandato al traguardo»

Romagna | 01 Ottobre 2021 Sport
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Tomaso Palli
«Inizio solo ora a realizzare ciò che ho fatto». Filippo Baroncini si è laureato campione del mondo U23 con un’azione che richiede testa, cuore e soprattutto gambe. Il ciclista di Massa, aiutato da una strategia del team italiano perfetta, è riuscito nell’impresa (solamente altri cinque prima di lui) con uno scatto studiato nei minimi dettagli, provato e arrivato ai -5 km dall’arrivo. «Durante la ricognizione - spiega Baroncini - ho provato ad in ogni strappo per capire le sensazioni e cosa potesse venirne fuori. Quello strappetto era, secondo me, il punto ideale dove partire e ne ho ricevuto la conferma anche durante la gara Juniores: lì si poteva vincere il Mondiale». Lo strappetto in questione è una salita di 300 metri al 5.4% di pendenza media con punte all’11% sul circuito finale di Lovanio con oltre 150 km sulle gambe. Non una cosa per tutti, insomma. «Il tratto eterno è stato quello dai -3 km ai mille metri finali - prosegue - perché il gruppo era ancora molto vicino ed io veramente al limite. Ma il Mondiale è una cosa unica, un’occasione che può capitare una sola volta nella vita e così non ho mollato». E la sparata di Baroncini è stata vincente: «All’ultimo chilometro era fatta e i 500 metri finali me li sono goduti tutti, sono stati bellissimi». Poi le lacrime, le mani sul casco come a non crederci e le braccia al cielo mentre il gruppo dietro cercava di raggiungere i restanti posti sul podio. Ma la maglia arcobaleno era già sulle spalle di Filippo Baroncini, nella più classica delle rivincite ottenuta in terra belga dopo che un belga (Thibau Nys) gli aveva sottratto il titolo europeo in Italia: «Sono andato in Belgio solo con l’obiettivo di prendermi ciò che loro si erano presi in Italia. E mi sono rifatto con gli interessi». Ma la stagione del 21enne non si è chiusa con l’appuntamento iridato e infatti, martedì 28 in occasione della Ruota d’Oro, il corridore ha già avuto modo di fare la prima uscita ufficiale con la maglia di Campione del Mondo U23: «Metterla per la prima volta ufficialmente è stata una grande emozione. Le sensazioni erano buone e ora punterò al Giro di Lombardia per provare a fare ancora meglio».
A seguire Baroncini da vicino, in Belgio, c’era anche Andrea Randi, suo storico direttore sportivo ai tempi della Massese-Manipin nella categoria Esordienti e Allievi: «È stata un’emozione fantastica, me l’aveva promesso dopo il secondo posto al campionato italiano. Io e la mia compagna eravamo al traguardo e, quando è partito, l’abbiamo seguito dal maxischermo ed io ho iniziato a telecomandarlo come se davvero potesse sentirmi». Allenatore, amico e capo/fondatore del Fan Club: «Era quasi nato da Juniores - spiega Randi - ma sono sempre stato un po’ frenato perché, per un motivo o per un altro, poteva non andare. Se fosse passato professionista, l’avrei fatto. È nato un po’ prima ma è andata bene ugualmente». Un’altra persona fondamentale nella crescita di Filippo Baroncini è stato Mauro Calzoni, ex direttore sportivo nella categoria Juniores dell’Italia Nuova: «Filippo non aveva mai fatto pista ma un anno serviva come quarto per la squadra e lui fin da subito si è reso super disponibile. Non aveva dimestichezza con la pista ma è stato davvero incredibile: riuscì a tirare a una velocità stratosferica per i primi quattro giri risultando fondamentale per quella vittoria». Sia Randi che Calzoni descrivono allo stesso modo il carattere di un giovanissimo Baroncini: «È sempre stato molto determinato, lui voleva fare il corridore e diventare professionista, sicuro e convinto dei propri mezzi. Tutti noi eravamo convinti che ci sarebbe riuscito ma nessuno avrebbe immaginato un anno così con un’esplosione di questo tipo». 
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