Ciclismo, dalla bicicletta al... microfono, il commentatore Riccardo Magrini non ha dubbi: «Quante insidie nelle prime due tappe»

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Tomaso Palli
Di Tour de France, Riccardo Magrini, ne ha corsi due da professionista. Nel 1979 e nel 1983, entrambi conclusi anzitempo con un ritiro. Nella sua terza vita da commentatore, dopo la non breve parentesi da direttore sportivo, ne può vantare molti di più, con il grande merito di aver riempito le case di tifosi e appassionati emozionando ed emozionandosi nel raccontare fughe, scatti, volate e imprese dei campioni che negli anni si sono susseguiti. Così la voce del ciclismo di Eurosport scalda i motori e, insieme al compagno di cronaca Luca Gregorio, è pronto a raccontare anche il Tour de France 2024 con l’inedita «Grand Départ» italiana, tanto attesa da chi in Toscana è nato: «Sono molto contento, ma soprattutto perché si partirà da Firenze, capoluogo della mia regione. Sarà un’esperienza unica per tutti e non è detto che in futuro il Tour non possa tornare a farci visita in qualche maniera visto il grande coinvolgimento in questi giorni di Prudhomme (direttore del Tour de France, ndr)». Un evento unico ed eccezionale capace di attirare l’interesse di molti, moltissimi, così come «solo il Tour è in grado di fare». 
Magrini, cosa rappresenta questa «Grand Départ» per l’Italia?
«Non era mai successo, sarà certamente un qualcosa di importante e significativo. Ci sarà, e credo se ne siano già accorti, un ritorno molto forte per il settore commerciale, alberghiero e della ristorazione. Questa cosa è stata fortemente voluta dall’Emilia-Romagna, e certamente dalla Toscana, con Davide Cassani (presidente dell’Apt servizi della Regione, ndr) che si è speso molto e ci ha sempre creduto. Non c’è evento che possa tenere il passo del Tour de France, il terzo al mondo dopo Olimpiadi e Campionati del Mondo di calcio, con la differenza che questi ultimi vengono disputati ogni quattro anni mentre il Tour c’è sempre. Oltre alla partenza molto prestigiosa, ci sarà anche il passaggio nei luoghi, in Toscana e Romagna, dei grandi campioni del passato». 
Italia protagonista nel percorso, riuscirà ad esserlo anche nei risultati?
«Per le posizioni di classifica sarà difficile. Per i successi di tappa, spero e credo possano esserci buone possibilità. Ciccone potrebbe puntare alla classifica, ma la marcia di avvicinamento forse non è stata ideale. Può quindi concentrarsi sulla maglia a pois, anch’essa molto prestigiosa. Per le tappe, c’è ovviamente Bettiol, fresco vincitore del campionato italiano: ha gamba e… la spinta della maglia tricolore, potrebbe anche indossare la gialla. Per le tappe metterei anche Formolo, che ha cambiato squadra e l’ho visto pedalare molto bene». 
Momento pronostico. Pogacar davanti e poi Roglic, il suo pronostico ad inizio stagione. E Vingegaard? 
«I pronostici sono fatti per essere smentiti. Percepisco un certo merckxismo in Pogacar, il numero uno in assoluto, e quindi favorito, per quello che fa, per come lo fa e per la leggerezza che mette in ogni impresa. Poi Roglic che ho pronosticato ad inizio stagione pensando fosse difficile l’accoppiata Giro e Tour. Oggi, invece, sono convinto si possa fare: come lo facevamo Merckx e noi altri, non vedo per quale motivo non lo si possa fare anche oggi. Poi c’è Vingegaard che non credo sia lì per fare la comparsa. Forse romperà un po’ le scatole a Pogacar che però penso non sia nelle condizioni di soffrirlo come negli anni precedenti. Ma ne aggiungo altri due». 
Prego. 
«Evenepoel e Bernal. Il primo, ad esempio, mi dicono che sia davvero concentratissimo sull’impegno principale di quest’anno nelle gare di tre settimane. Ha la dote di essere un cronoman e potrebbe così colmare alcune lacune in salita. Il secondo, invece, viene da prestazioni che lo hanno riportato ad un buon livello, non al massimo, e nella terza settimana potrebbe trovare il pedale giusto per fare qualcosa e garantirsi un piazzamento. Tutto questo ci dà cinque squadre in grado di determinare la corsa, è importante». 
Le prime due tappe indirizzeranno già il Tour?
«Sono insidiose. Ma non dimentichiamo che alla quarta c’è una tappa molto importante con anche il Galibier. L’inizio può influire se non si è al top, ma non credo che ci saranno grandi sorprese. Tutti i corridori, però, dovranno fare molta attenzione perché, con un inizio così, il giorno di crisi può sempre esserci». 
Dove vorrebbe andare a gustarsi il passaggio della carovana?
«A Bologna. Assolutamente Bologna, sul San Luca, dove lo spettacolo sarà davvero assicurato. A parte la marea di gente presente sul posto, lì ci sarà il succo di tutto. E non vedo l’ora di commentare quella tappa: ho il mio mantra di “bada la gente” e credo che quel giorno lì mi toccherà dirlo tante volte, perchè l’entusiasmo sarà alle stelle».
Dopo le grandi emozioni del Giro, cosa vorrebbe vedere in questo Tour de France?
«Al Giro non abbiamo mai visto tappe scontate, forse solo quella vinta da Vendrame in fuga. Altrimenti c’è sempre stata la sorpresa. Ecco, vorrei vedere un turbinio… per dirla alla francese, tourbillon, di sorprese ed emozioni, con quel pathos che ti tiene lì fino all’ultimo per capire cosa possa accadere. Al Giro mi sono davvero tanto divertito e vorrei accadesse lo stesso in questo Tour de France».
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