Cervia, al ristorante Acervum una storica verticale per i 25 anni del Plino della Taverna

Romagna | 29 Giugno 2024 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Ormai è assodato e crediamo anche condiviso da tutti gli enonauti e wine lover che il Trebbiano di Romagna sia, palesemente, ormai salito di rango. Da vino base, neutro, e quasi senz’anima, si è eretto come vero e proprio alfiere di una grammatica territoriale e organolettica assolutamente personale e capace di raccontare perfettamente il terroir dal quale proviene. Se questo è sempre più vero, riscontrabile dai sorsi, ma solo da qualche anno, c’è chi su questa sfida vitivinicola ci ha creduto da almeno più di un decennio. Stiamo parlando della Tenuta Il Plino. Realtà che dal 1999 tra San Carlo di Cesena e Bertinoro, in terreni di sabbie e argille tendenti all’ocra, produce vini che parlano di rispetto e identità. Un quarto di secolo in cui l’impostazione «filosofica» e aziendale è sempre quella: «vini naturalmente complessi e straordinariamente longevi, fortemente territoriali e capaci di raccontare nel calice le diverse sfumature di ogni singola annata. Il rispetto della biodiversità - sottolinea il titolare Alessandro Ramilli -, la capacità di saper aspettare il momento giusto, la scelta di vinificare solo le uve migliori, la ricerca maniacale di profondità, eleganza e piacevolezza è il mix dal quale nascono i nostri vini artigianali». Tra questi c’è sicuramente il «Plino della Taverna». Un Trebbiano in purezza ricavato da vecchie vigne di proprietà. Non solo. I grappoli prima di essere raccolti aspettano di essere abbracciati dalla cosiddetta muffa nobile. Siamo all’incirca a novembre, quando, i titolari dell’azienda, raccolgono le uve per iniziare a trasformare un grammatica viticola figlia della stagione, in un vero e proprio racconto liquido che guarda al futuro. Per averne riprova una recente verticale, andata in scena nella suggestiva location ristorativa di Acervum, ne ha dimostrato l’essenza concreta di questa straordinaria longevità. Quattro vini figli di annate anche molto diverse che regalano al palato una vibrante vitalità. Dalla più recente 2021 progressivamente si corre indietro passando per la 2015 (molto calda), la 2013 (fredda) arrivando alla strabiliante 2010 (annata perfetta). E’ un viaggio nella sensualità complessa di un vitigno che sorprende. Acidità, freschezza, eleganza sono le fondamenta sulle quali si staglia una complessità e una finezza di sorso veramente sorprendenti. Un gioco di frutti gialli, tropicali, quasi esotici e sferzate vegetali. In tutti i vini l’equilibrio tra calore e colore, tra vigoria e finezza, tra eleganza e complessità è rispecchiata. Cromie dorate antiche regalano respiri che parlano di mediterraneità, di esotico e mineralità per tradursi in sorsi eleganti e tesi, con finissime sferzate di riduzione che si equilibrano in corpi di frutta gialla esotica, di vegetalità da bassa macchia mediterranea officinale, balsamica quasi. Sono vini vivi e vibranti anche a distanza di oltre un decennio. Si respira e assapora l’eleganza d’alveare e di una mineralità che ancora rimane socchiusa in aliti leggiadri, ma che dimostrano la tensione verso una maturità del copro e dell’anima di questi vini che parlano di un’idea ben precisa: essere testimonial di una storia vitivinicola ancora tutta da riscrivere. Queste interpretazioni, artigianali e fiere, del Trebbiano Romagnolo, hanno una personalità autentica che racconta annata, territorio e mano del vigneron in modo chiaro, lampante, lapalissiano. Il tutto con una lunghezza e uno stile che li rendono vini perfettamente capaci di abbinarsi ai piatti, di mare e terra, che parlano di Adriatico e Appennino. Parafrasando i Gotan Project potremmo dire di aver ascoltato «La revancha del... Trebbiano».
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