Centri sociali anziani nel Ravennate, Calistri (Ancescao): "Tanta voglia di tornare"

Silvia Manzani
«Gli anziani ne sentivano un’estrema necessità: leggere il giornale, giocare a carte e fare due chiacchiere sono aspetti importantissimi per chi è stato tanti mesi isolato. Non è un caso, credo, se i tesseramenti 2021 sono andati molto meglio rispetto alle aspettative, nonostante sia innegabile una certa dose di allontanamento da parte delle persone». Casimiro Calistri è il referente territoriale di Ancescao per la provincia di Ravenna e ha sotto mano la situazione di 28 centri sociali.
Calistri, hanno riaperto tutti, dopo il via libera?
«Sono rimasti chiusi, per il momento, solo quei pochi che non hanno a disposizione uno spazio esterno: stiamo parlando di poche unità. E poi sono chiusi quelli soggetti a lavori di ristrutturazione, come il “Portoncino” e “Le rose”, per quanto riguarda Ravenna città. Speriamo che la situazione si possa presto sbloccare per tutti: in fondo, con il distanziamento, le mascherine e le finestre aperte, le regole potrebbero essere rispettate comunque».
Venite da un anno di chiusure a causa della pandemia: ci sono state forme di aiuto?
«Devo dire che i centri che erano in regola e che ne hanno fatto richiesta, hanno ricevuto una forma di compensazione economica adeguata da parte della Regione. Non possiamo, in questo senso, lamentarci».
Lei che sentore ha, rispetto al bisogno degli anziani di tornare a socializzare?
«Tocco con mano una forte spinta a tornare a frequentare i centri, che fungono non solo da avamposto contro la solitudine ma che hanno anche un’utilità pratica: c’è chi si rende disponibile a portare i farmaci a casa del socio, ad accompagnarne un altro a una visita. Senza contare il calore umano: nei centri ci si vuole bene, anche quando si discute. Sono luoghi importanti, tra l’altro siamo in un periodo di forte cambiamento per il nostro settore, che spero sarà capace di rispondere a ciò che oggi le normative richiedono».
Qual è il suo timore?
«Negli anni Novanta ci fu molta improvvisazione ma oggi i centri sociali devono rispettare regole, normative, avere bilanci trasparenti, dimostrare correttezza. Non si tratta di soggetti che devono perseguire il profitto e al loro interno devono operare volontari veri. Personalmente, posso dire che non dappertutto c’è consapevolezza di questi aspetti, del fatto che spesso la proprietà degli immobili è dell’ente pubblico e al suo interno i gruppi non possono fare quello che vogliono. Chi ha fatto investimenti, non potrà interrompere i rapporti in essere. Ma chi non he na, dovrà dichiarare in che modo ha i titoli per gestire un centro sociale».
Come vi state muovendo, a questo proposito?
«Ho chiesto un incontro a Michele De Pascale, per capire come dobbiamo comportarci per avere diritti e titoli utili ad avere le concessioni dei centri. Io capisco che i presidenti che hanno assunto l’incarico tanti anni fa faticano a riconoscersi nelle novità, ma oggi di mezzo ci sono responsabilità economiche, fiscali e sociali».