Casola Valsenio, l'azienda Colinelle l’unico produttore in Regione del mais per i simpatici «galèt»
Riccardo Isola - Quale occasione più ghiotta, è proprio il caso di dire, se non quella del periodo natalizio. Giornate vacanziere, fredde, magari nevose. Serate da passare in famiglia, in coppia o anche da soli. Magari spaparanzati sul divano, sotto un caldo plaid, accompagnati da un bel film, una tisana, una bibita o un buon vino, rigorosamente territoriale, ma soprattutto con loro, i pop corn. Accompagnatori classici delle emozioni in celluloide che possono essere anche e soprattutto di origine locale. Ebbene sì perché se è vero che il mais da scoppio è orginario della lontana America, da tantissimo tempo, anche in Emilia Romagna, se ne coltivava una specie poi diventata «autoctona». Soprattutto nella terra del Passatore i ricordi di questo mais si ritrovano nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena. Diverse le testimonianze che ne attestano la presenza. Una è Maria Quarneti (1930 - 2023) che ha rilasciato la propria testimonianza sul fatto che «questo mais, a Casola, era usato solamente per la preparazione dei pop corn», un’altra è quella di Domenico Ghetti di Brisighella che ricorda come «questo mais non veniva usato per l’alimentazione animale in quanto i polli non gradivano le sue cariossidi appuntite». Non solo, lo stesso Ghetti coltivava un mais da pop corn molto simile a quello di Casola Valsenio, anche se non era bianco e traslucido ma «giallino», ma purtroppo la semente è andata perduta attorno al 1967. Infine c’è Luciano Cavassa di Alfonsine che sottolinea come «i pop corn mia madre li faceva tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, erano rigoramente salati e da noi venivano chiamati clumbén o clumbéni». Termine questo che richiama l’aspetto del Pavoncello bianco, razza di colombo dalla vistosa coda a ventaglio. Un altro mais affine sembra venisse coltivato attorno al 1970 a Massa Lombarda (Ravenna), precisamente messo a dimora tra le viti. Oggi, in tutta la regione, però rimane il fatto che l’unico produttore di questo particolarissimo mais si trova a Casola Valsenio. Custodi, ma anche archeo-agricoltori, sono i tiolari dell’azienda agricola Colinelle. La famiglia di Anselmo Agide oggi lo moltiplica e coltiva ancora con grande attenzione e cura. Una coltivazione unica e particolare ereditata dalla moglie Gisella Zama e a sua volta dalla suocera Maria Quarneti e da Domenico Quarneti. A dir la verità anche nella collina forlivese-cesenate è stato trovato un altro tipo di mais da pop corn, simile alle varietà d’Oltreoceano note come strawberry (la cui pannocchia ricorda una fragola), coltivato da Medardo Castronai a Pereto di Verghereto. L’origine locale non è certa, ma di possibile provenienza lombarda. Rispetto all’abitudine rurale, contadina, tra il passatempo e la merenda «alternativa», ormai lasciatasi alle memorie orali o scritte dell’antropologia, di far scoppiare il mais non nell’olio di semi bollente e men che meno nel burro (tipico degli ultimi quarant’anni), ma su un basamento in pietra del focolare (jola), di tempo ne è passato. Oggi addirittura si usa il microonde.... Questi batuffoli bianchi, nella tradizione popolare delle campagne, prendevano una particolare terminologia che indicava proprio la forma scoppiata. Nomi fantasiosi che richiamavano le colombe o i fiori fino ad arrivare alle creste di gallo (galét, s-ciupét, fiurét, fiuchét). Non solo. La «fioritura scoppiettante» dei semi, molte volte, veniva chiamata anche suore mentre quelli che diventavano neri a causa di un eccessiva cottura, frati. Dal 2023 il mais «Di Casola Valsenio» è stato iscritto al Repertorio Volontario Regionale dell’Emilia-Romagna. Le sue caratteristiche sono quelle di essere una varietà più tardiva delle altre, caratterizzata da abbondante produzione di polloni. Ogni pianta è in grado di produrre più spighe, di piccole dimensioni (11,5 cm di lunghezza e 3,5 cm di diametro) con 16-18 ranghi di frutti di colore bianco-perla.