Casola, lavoratori, agricoltori e istituzioni insieme sul palco per dire no alla chiusura: «Basta fango sulla cava di gesso, evitiamo che la vallata muoia»

Romagna | 21 Ottobre 2023 Cronaca
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Riccardo Isola - Decine e decine di persone, non solo operai, dipendenti e casolani ma anche diversi turisti e curiosi hanno partecipato al sit in di protesta che domenica scorsa si è tenuto in occasione dell’ultima giornata della festa dei Frutti dimenticati di Casola. Un momento in cui il mondo lavorativo dello stabilimento della Saint Gobain, assieme ad alcuni rappresentanti delle istituzioni territoriali, tra cui il sindaco casolano Giorgio Sagrini, la prima cittadina di Riolo Terme Federica Malavolti e il presidente dell’Unione della Romagna faentina, Massimo Isola ha espresso preoccupazione per le sorti del futuro occupazionale e socio-economico in relazione alla chiusura della cava di Monte Tondo. Cava che produce la materia prima, il gesso, per l’azienda posizionata nella zona industriale del paese collinare e che con l’arrivo del riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità Unesco è quasi certamente avviata alla sua dismissione operativa. E proprio la prima parola, dopo quella dei dipendenti che hanno rimarcato, per voce della rappresentante Rsu Vanda Poggiali, le «preoccupazioni che viviamo sulla nostra vita e su quella delle nostre famiglie» è stata quella del primo cittadino Sagrini. «Condividiamo le felicitazioni per il riconoscimento a Patrimonio Unesco della Vena del gesso, per il quale dal 2016 ci siamo impegnati, ma è altrettanto fondamentale rimarcare che contrariamente a quanto strumentalmente e in modo irresponsabile sostenuto da alcune componenti ambientaliste, la presenza della cava non avrebbe messo in discussione il possibile risultato poi ottenuto. Il problema - ha rimarcato Sagrini - è che con la chiusura della cava, con le conseguenze che si porterebbe dietro, si rischierebbe di ottenere proprio il contrario di quello che il riconoscimento Unesco impone: tutela, salvaguardia e valorizzazione». Per Malavolti «la vallata sta vivendo una fase molto difficile in ambito demografico, di infrastrutturazione, anche a seguito dei disastri registrati a causa delle piogge di maggio scorso, e per questo servono risposte perché il territorio rimanga presidiato. Non tutto per ora è stato scritto, anche perché il riconoscimento Unesco non deve essere e diventare un impedimento a lavoro». Anche il presidente dell’Unione Massimo Isola, nel suo intervento ha evidenziato «quella azienda (non solo Saint Gobain ndr) ha creato sviluppo e modernizzazione. Un’azienda e una cultura del lavoro in una zona che altrimenti sarebbe stata abbandonata. Questo non deve essere un territorio museale, ma dobbiamo evitare battaglie di religione tra lavoro e ambiente, dobbiamo puntare all’unità e determinazione degli intenti ma lo dobbiamo fare come squadra, perché da solo l’ambiente non può essere valida e sostenibile alternativa socio-economica». Al banchetto sono anche passati diversi componenti e rappresentanti delle organizzazioni agricole. Tra queste Stefania Malavolti, di Cia che ha sottolineato come «le aziende agricole ci sono e vede ricambio generazionale, ma non lo si può fare se cento lavoratori dovranno spostare Casola, perché verranno meno servizi, scuole, welfare». Non è poi mancato l’intervento del direttore Assuero Zampini della Coldiretti che ha rimarcato come «non esiste un territorio in sviluppo se non esiste un forte legame tra tutti gli ambiti economici e sociali. Basta vincoli e regole senza confronti con chi ci abita e vive quotidianamente. Adesso bisogna passare ai fatti e questo lo si può fare con lo stralcio dell’area limitrofa a Monte Tondo, nel piano territoriale, dall’area del parco, e tutti dobbiamo lavorare in questa direzione».
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