Casola, i dipendenti della Saint Gobain manifestano domenica alla Festa dei Frutti dimenticati contro la chiusura della cava
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Riccardo Isola - «Ma qui, politicamente, qualcuno si prenderà le responsabilità di aver mandato a casa 100 dipendenti e di rischiare, nel breve periodo, di cancellare una comunità già fortemente scossa e ferita nel profondo dall’ondata di maltempo di maggio?». Non le manda a dire Vanda Poggiali, rappresentante Rsu Uil alla Saint Gobain, nel commentare quello che si sta paventando, nell’alta valle del Senio, all’ombra dello «scintillante» riconoscimento della Vena del Gesso Romagnola a Patrimonio dell’umanità Unesco. «Pretendere di chiudere la cava - prosegue la sindacalista - significa cancellare una comunità. Stiamo parlando di un centinaio di persone legate al sito produttivo a cui si devono aggiungere altrettante famiglie legate invece all’indotto. A Casola il 50% del reddito arriva dalla Saint Gobain. Se lo stabilimento chiude, perché se chiude la cava anche la produzione nel breve periodo farà la stessa fine, chiudono negozi, bar, pubblici esercizi e poi toccherà ai servizi e alle scuole perché per lavorare ci si dovrà, per forza, trasferire». Per fare ulteriormente sentire la voce dei dipendenti e degli operai del gesso, domenica 15 ottobre, durante la Festa dei Frutti Dimenticati «abbiamo deciso di allestire un banchetto di protesta e sensibilizzazione. Saremo all’inizio di via Matteotti dalla tarda mattina fino a sera con slogan, cartelli, volantini e soprattutto con la nostra determinazione a non volerci arrendere». Al banchetto, spiega la rappresentante dei lavoratori e delle lavoratrici «abbiamo inviato i sindaci della vallata e i rappresentanti amministrativi di maggioranza e opposizione. Questa - ribatte Poggiali - deve essere una questione di tutti». Nello specifico la rappresentante Rsu sottolinea che «qui parliamo di una realtà imprenditoriale che, a differenza della Magneti Marelli per la quale la Regione si sta stracciando le vesti, non vuole andare via, ma continuare a lavorare e far lavorare un territorio che altrimenti non avrebbe altrofuturo. Gli ambientalisti millantati - prosegue Poggiali - ci dicono che l’arrivo del riconoscimento Unesco porterà una riconversione economico-sociale grazie al turismo. Una presa in giro visto che gli stessi, in Arabia, hanno assicurato che anche su questo possibile afflusso, prima detto ‘di grandi numeri’ e poi ridimensionato, vigileranno attentamente e soprattutto limiteranno. Basti pensare che le grotte visitabili da Reggio Emilia a Rimini sono cinque in tutto. Quindi di cosa si sta parlando? Di volano turistico o di turismo per pochi eletti? Siamo al corto circuito generale, sulla pelle non solo di famiglie, ma di una comunità e di un territorio che, spopolato, dimostrerà il contrario di quello che gli ambientalisti vogliono: tutela, rispetto e attenzione ambientale». Intanto anche la politica locale si muove. Nel consiglio comunale di giovedì a Casola è arrivata una mozione bipartisan in cui si chiede di «non arrivare con un Piano Territoriale del Parco, in adozione, che imponga e dia tempstiche sulla questione della cava di Monte Tondo».