Calcio, una promozione speciale per il portiere faentino Grandi: «Un anno fa ero in D e senza squadra, oggi festeggio la Serie A con il Venezia»

Romagna | 09 Giugno 2024 Sport
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Luca Alberto Montanari
Contravvenendo alla storia e anche alla geografia della città più affascinante del mondo, lo si potrebbe ribattezzare (ma solo per qualche secondo) Canal Grandi. Al di là delle battute e del cambio di una vocale, Matteo Grandi si è appuntato al petto un’altra promozione, nuovamente in Veneto, la terra che lo ha adottato da diversi anni: nel 2020 salì in B con il Vicenza, domenica scorsa è stato promosso in A con il Venezia. E il giorno dopo, per festeggiare, il portiere faentino è stato uno dei grandi protagonisti della sfilata sul Canal Grande. Per l’occasione, appunto, ribattezzato Canal Grandi.
Matteo, il Veneto evidentemente le porta bene.
«Dopo la promozione con il Vicenza di quattro anni fa, ho completato la mia doppietta. Nella mia carriera ho girato tanto, ma sono felice di aver vinto sempre qua, nella terra che mi ha accolto, dove ho fatto nascere mia figlia Aurora (a Bassano, dove Grandi ha giocato in due stagioni diverse, ndr). Dal Veneto sono stato praticamente adottato, è la mia seconda casa, quindi sono doppiamente felice». 
Nel 2020 saliva in B da portiere titolare, oggi sale in A da portiere di riserva al fianco di un «mostro sacro» come Joronen. Cosa le ha dato più gusto?
«Conquistare la A, naturalmente. Non ci ho mai giocato, l’ho solo sfiorata da ragazzino con il Cesena (dove Grandi è cresciuto, ndr) e sarebbe un’esperienza indescrivibile anche solo fare un minuto. Avere condiviso questa stagione con Joronen, che è stato semplicemente strepitoso, e un altro portiere di grande livello come Bertinato, mi ha riempito di orgoglio e mi ha fatto crescere tantissimo. Abbiamo creato una fortissima alchimia, un piccolo gruppo dentro al gruppo squadra. Tra noi portieri c’è stato un grandissimo affiatamento durante l’anno e una sana competizione. Il lavoro ha funzionato perfettamente. Nel mio piccolo ho cercato di aiutare entrambi, per far lavorare soprattutto Joronen al meglio in allenamento. Per noi questa è stata la chiave». 
Sapere di non giocare cosa vuol dire per un portiere?
«La nostra partita dura 6 giorni, è il contrario del titolare, perché diventiamo fondamentali durante la settimana. Accettando Venezia, sapevo che avrei ricoperto un ruolo nuovo, con il rischio di non scendere mai in campo. Ne ero consapevole e mi sono dovuto adattare. All’inizio non è stato facile soprattutto perché mi mancava l’adrenalina della partita, che non riesci ad avere quando sei seduto in panchina e soffri come un cane. Questo è il lato meno bello. Ma di contro hai una grande responsabilità: tenere alto il ritmo e la qualità dell’allenamento. Se vai forte in allenamento, poi vai forte anche in partita e così è stato per Joronen, che ha sempre fatto la differenza».
Al suo fianco lei aveva un finlandese e un brasiliano. In più il Venezia è una Babele. Aveva mai giocato con così tanti stranieri?
«No, mai. E’ un’esperienza che consiglio. Avere a che fare con nazionalità e abitudini diversi, ma anche con stili, modi e culture diverse è bellissimo e molto formativo. Questo vale anche per la tua formazione personale, non solo di portiere ma anche di persona, perché impari molto dai ragazzi venuti da fuori, a cominciare dalla lingua. Ho parlato spesso in inglese, anche in questo sono migliorato. Quanto ai miei colleghi, lo stile diverso si nota. Joronen è finlandese ma ha una formazione inglese, Bertinato viene dalla scuola brasiliana. Sono diversi e per me è stato meglio, perchè c’è sempre qualcosa da rubare».
La vera differenza rispetto all’altra promozione è stato il contorno. Finalmente ha potuto festeggiare con il pubblico.
«Sì, a Vicenza meritammo la vittoria, ma arrivò il Covid e non ci fu neppure la festa. Qua a Venezia è stato decisamente più bello ed emozionante. Siamo stati bravi a reagire dopo la batosta dell’ultima giornata, quando per diversi minuti ci siamo sentiti in A, poi siamo riusciti a vincere dei playoff difficilissimi. Festeggiare a casa nostra, con l’invasione di campo, la festa e la sfilata sul Canal Grande è stato strabiliante. Siamo gli unici che non possiamo usare il pullman scoperto per motivi evidentemente logistici: è difficile anche da raccontare l’emozione che ho vissuto lunedì in barca, nella sfilata in centro tra i canali».
Riavvolgiamo il nastro: lei un anno fa era al Sangiuliano City in C…
«Esatto. Giochiamo i playout contro la Triestina e prendiamo gol al 93’, retrocedendo in D. Nel giro di un anno, praticamente, sono passato dalla D alla Serie A. Il bello del calcio è questo: il destino ti riserva cose straordinarie. Un anno fa ero tra i dilettanti e senza squadra, oggi sono in A e con un altro anno di contratto con il Venezia. Se me l’avessero detto, mi sarei messo a ridere. Quando tutto sembra finito, il calcio ti regala sempre un sorriso». 
Questa è stata la sua prima stagione senza presenze. Cosa le ha lasciato questa esperienza?
«Ho giocato solo qualche amichevole, ma nessuna gara ufficiale. Questa stagione è stato un premio: il lavoro e i sacrifici che fai durante un anno o una carriera, prima o poi vengono ripagati. Ed è stato così».
Cosa c’è nel suo futuro?
«Ho un altro anno di contratto, ora c’è la A che avevo sfiorato solo a Cesena nel 2010 con Ficcadenti. Sono curioso di vedere il livello, di entrare in certi stadi. O di tornare al Penzo contro le più forti. Sarà da pelle d’oca».
A chi dedica la promozione?
«A mia moglie Arianna, che mi è sempre di conforto, e naturalmente a mia figlia Aurora, alla sua prima promozione».
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