Calcio, la storia del faentino Foschini, giovane promessa del Bologna ha respirato l’aria di Europa in rossoblù: «Baggio era una divinità, con lo Sporting rischiai di entrare»

Romagna | 20 Maggio 2024 Sport
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Oggi ha 46 anni e fa l’agente immobiliare sdoppiandosi tra Faenza, dove è nato, e Castel Bolognese, dove lavora. Nell’ormai lontano 29 settembre 1998, invece, era un duttile centrocampista di 21 anni convocato da Carletto Mazzone per Bologna-Sporting Lisbona, gara di ritorno del primo turno di Coppa Uefa. E’ passato un quarto di secolo, ma Antonio Foschini ricorda ancora molto bene quel giorno che avrebbe (anche) potuto cambiargli la vita: «Saltai la gara di andata a Lisbona, perché essendo militare non potevo uscire dall’Italia, ma al ritorno Mazzone mi portò in panchina perché eravamo decimati. Dopo un quarto d’ora si fece male Kolyvanov ed entrò Eriberto, l’unico senior presente tra le riserve. Poi, al 28’, si fece male anche Paganin e Carletto fece alzare dalla panchina me e Gallicchio: pensavo di entrare, perché in Primavera facevo anche il difensore, ma il mister decise di arretrare Ingesson in difesa e così rimasi in panchina. Un mese dopo il Bologna scelse di mandarmi al Varese e il sognò terminò, ma non potrò mai dimenticare quelle meravigliose esperienze in rossoblù». Foschini lasciò Faenza all’età di 14 anni, quando entrò in punta di piedi nel settore giovanile del club felsineo: «Ho fatto tutta l’arrampicata dai Giovanissimi alla Primavera e poi sono stato due anni in prima squadra, partecipando ai due ritiri di Sestola e giocando anche 19 minuti con Ulivieri in Coppa Italia contro il Ravenna. Non posso scordare quel biennio anche perché ho avuto la fortuna di giocare con Roberto Baggio, Gigi Buffon e Francesco Totti: con il primo a Bologna, con gli altri due nelle nazionali giovanili e in quella militare». Fu proprio l’incontro con Baggio a conquistare Foschini: «Eravamo a tavola a Sestola e all’improvviso arrivò lui. Erano rimasti solo alcuni posti nel lato che abitualmente occupavamo noi giovani e, a un certo punto, proprio in uno di quelli prese posto Roby. Quando si sedette davanti a me, fu uno shock, perché per me era una divinità e non me lo sarei mai immaginato al Bologna, figuriamoci in ritiro assieme a me, allo stesso tavolo e nello stesso spogliatoio. Con Ulivieri ci qualificammo all’Intertoto, alle spalle delle cosiddette “sette sorelle”, e poi l’anno dopo battemmo in finale il Ruch Chorzow prima di passare in Coppa Uefa e di sfidare lo Sporting». Proprio nelle ultime due gare casalinghe di Intertoto contro la Samp e i polacchi, Foschini andò in panchina, cosa che accadde anche con lo Sporting e in campionato con il Milan alla prima giornata (a San Siro) e in casa contro il Parma: «Facevo il centrocampista ma in Primavera giocavo anche da difensore. Sono stati anni bellissimi, anche se poi non sono riuscito a fare il salto di qualità e sono dovuto ripartire dalla Serie C. Cosa mi è mancato? Il fisico (scherza, ndr). Tecnicamente e soprattutto tatticamente ci stavo, ma avevo poca forza fisica e probabilmente anche mentale. A Varese non sono riuscito ad alzare il mio livello, ma avrei potuto fare di più. Non mi lamento, perché alla fine posso ancora raccontare di aver giocato con tre dei più grandi fuoriclasse del calcio italiano». Rivedere il Bologna in Europa e addirittura in Champions non ha lasciato per nulla indifferente l’ex centrocampista classe 1977: «Rivedere il Bologna in Europa è bello. Intanto perché è un traguardo straordinario, visto che la Coppa dei Campioni mancava da 60 anni. Diciamo che sono stati più bravi di noi. Conoscendo l’entusiasmo che si respira in città, sarà ancora più bello ed emozionante l’anno prossimo. Da faentino li ringrazio: ora, per vedere la Champions, non dobbiamo più andare a Milano o a Torino, ma fare solo mezzoretta di macchina». (l.a.m.)
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