Brisighella, lo studioso Enrico Cirelli illustra le novità degli scavi di quest’anno a Rontana

Romagna | 17 Luglio 2022 Cronaca
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Sandro Bassi - Si è tenuto nelle settimane scorse l’open day a Rontana, una mattina intera con gli archeologi a disposizione del pubblico per visite guidate gratuite a getto continuo. Come noto, il sito è oggetto di scavi da parte dell’Università di Bologna fin dal 2007, con la direzione di Enrico Cirelli e Debora Ferreri. In quasi quindici anni (fu saltato solo il 2020 a causa del Covid) è venuto alla luce l’intero castello, di cui in precedenza erano noti solo: il torrione ogivale tuttora esistente; la pianta redatta a fine ‘800 da Achille Lega per il suo Rocche e Fortilizi di Romagna; alcune foto scattate da Francesco Nonni prima della Grande Guerra e che ci mostrano il torrione più o meno com’è oggi, solo privo di edera, vitalbe e frasche varie.
E veniamo ai recenti ritrovamenti: tombe dell’VIII secolo (cronologia confermata da frammenti ceramici associati e da una cintura in rame), una porta di accesso sul lato nord (con gli stipiti in pietre lavorate con grande cura) e soprattutto un imponente muro in laterizi sul lato di sud-est. Quest’ultimo risale agli adeguamenti voluti dai Manfredi nel XV secolo: è magnifico, perfettamente conservato e dà un’idea dell’importanza militare del sito. 
«Ancora controversa - spiega Enrico Cirelli - è invece l’identificazione della primitiva pieve, inglobata nel castello ma probabilmente rasa al suolo dopo il Mille per far posto a nuove fortificazioni e all’area centrale cortilizia dove oggi si vede la parte forse più “parlante” di tutto l’insediamento, cioè il sistema di “pozzi alla veneziana”, in realtà con un solo pozzo centrale alimentato da due cisterne laterali che raccoglievano acque di tetti e di pavimenti per poi depurarle in altre due cisterne piene di sabbia. Supponiamo che la chiesa fosse orientata, quindi con l’abside verso est, e che il suo muro sinistro coincidesse più o meno con quello realizzato per ospitare la porta recentemente venuta in luce».
​Infine, i reperti. Ben note le ceramiche rinascimentali trovate dodici anni fa nel pozzo (una ventina di brocche di cui cinque assolutamente integre e le altre ben restaurabili) e poi un po’ ovunque monete, dadi da gioco in osso, vetri prodotti in loco in un’apposita fornace, abbeveratoi in gesso, un grosso manufatto in calcare cavernoso, tre rocchi di una colonna in Rosso Ammonitico in tutto e per tutto analoga a quella di Pieve Tho... Ma il più interessante è venuto alla luce lo scorso anno e consiste in un sigillo papale in piombo con inciso il nome Gregorius: «Se risulterà Gregorio Magno, cioè il Primo - sorride Cirelli - , allora dovremo antedatare tutto al VI-VII secolo. Il sigillo era una sorta di certificato di autenticità che veniva allegato, tramite cordoncino un po’ come si fa tuttora per i salumi, ad importanti documenti come regalie o concessioni». Per inciso e per avere un confronto si può andare alla Biblioteca Manfrediana di Faenza dove proprio adesso, in occasione della mostra sull’Archivio Zauli Naldi, è esposto un documento con sigillo plumbeo ancora legato; certo, molto più tardo...… inoltre a Rontana il documento, probabilmente in pergamena o in papiro, è andato ovviamente perduto.
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