Riccardo Isola - Mezzo secolo di vita è un traguardo non indifferente per un rifugio e poi un’area protetta nella collina faentina. Soprattutto in quanto l’idea nacse in un momento storico in cui la tutela ambientale non era certo al centro delle priorità socio-economiche e politiche. Stiamo parlando del Carnè, che quest’anno compie 50 anni dalla sua istituzione come zona ambientale tutelata a fini naturalistici e turistici. L’ideatore di questa intuizione è stato l’allora sindaco di Brisighella, Egisto pelliconi. «Venni a sapere agli inzizi degli anni settanta che le Opere pie di Brisighella volevano vendere il podere, poco produttivo, posto nell’area dove oggi sorge il parco. Decidetti - ricostruisce Pelliconi - di provare ad acquistarlo, anche se il bilancio del Comune in quegli anni era in negativo. Non fu un’impresa semplice perchè la decisione doveva essere approvata dal vice Prefetto, che era molto attento alla parte finanziaria. E non a caso non ci venne subito accordato l’acquisto. Ma la mia voglia di realizzarlo - prosegue l’ex sindaco - mi portò a organizzare un sopralluogo con l’allora sindaco di Faenza Elio Assirelli che venne accompagnato dal grande imprenditore Roberto Bucci e dai rappresentanti dell’allora ente di promozione turistica della provincia di Ravenna. Un sopralluogo terminato attorno a un piatto di tagliatelle nel quale venne, di fatto, deciso di partire con questa idea a tre: Faenza, Brisighella e Provincia». La cifra che venne sborsata fu 10 milioni di vecchie lire ripartiti equamente tra Comune, Faenza e la Provincia a cui si aggiunsero altre risorse per la messa a posto della strada, dell’area esterna e della casa colonica che aveva bisogno di una risistemata. Ma alla luce di questa «società» con capitale pubblico, la proprietà a chi sarebbe spettata? «Per assolvere a questa situazione - ricorda - decidemmo di creare una sorta di ente con un terzo a testa gestito tramite sei persone». Da quel momento parte la storia vera di un’intuizione che possiamo tranquillamente affermare sia una delle fondamenta su cui oggi poggia il ben più ampio Parco regionale della Vena del gesso. «Sono orgoglioso - prosegue Pelliconi - di essere stato amministratore in quegli anni e di aver realizzato questo progetto». Da qui è partito così il crescendo che ha portato migliaia e migliaia di persone, del territorio e non, a vivere questo spazio che di fatto è un punto di riferimento turistico e ambientale e che vede oggi oltre a un rifugio a spazi dedicati al ristoro e al pernottamento per gli amanti dell’escursionismo, degli speleo, degli Scout e di chi ama la natura, vera.