Brisighella, emerse strutture civili, cimiteriali e religiose oltre che militari a Ceparano

Romagna | 03 Settembre 2021 Cronaca
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Sandro Bassi - Al contrario dello scorso anno flagellato dal virus, si è potuta svolgere in questa estate la campagna di scavi al castello di Ceparano, giunta alla sua terza puntata. Come nell’analogo caso di Rontana, a dirigere una decina di giovani archeologi laureandi o neolaureati, è stato Enrico Cirelli dell’Università di Bologna.
«Primo risultato, appurare l’estensione del sito - spiega Cirelli – che si è rivelato infatti ben più vasto dei 200 metri quadri iniziali: adesso siamo a quasi un ettaro di strutture fortificate e civili messe in luce».
Ricordiamo che prima dell’avvio dei lavori, nel 2018, di Ceparano era noto solo il rudere dell’omonima torre, imponente e bellissima con il suo aspetto quasi da nuraghe sardo, ma scoperchiata fin dalla distruzione operata nel 1577 dalle truppe pontificie per renderla inutilizzabile ai «briganti», termine molto improprio riferito agli abitanti del castello insubordinatisi al potere papalino soprattutto da un punto di vista fiscale.
In tre anni di ricerche sono affiorate strutture che vanno da un capo all’altro della sommità del colle occupandone entrambi i cucuzzoli, quello orientale con la torre appunto e quello occidentale più spostato verso il Marzeno. «Un insediamento complesso - chiarisce Cirelli -capace di ospitare una comunità di almeno 150 persone cui si aggiungeva la guarnigione militare in numero variabile a seconda delle necessità».
Poi gli estremi cronologici: finora le origini erano collocate attorno al X secolo per via dei due documenti ravennati (anni 965 e 970) che per la prima volta menzionano il castrum Ceparani, ma quest’anno nel settore occidentale sono venute alla luce reperti ceramici ancora più antichi, pienamente altomedievali. A proposito di materiali, oltre alle ceramiche e al locale «spungone» (la pietra calcarea qui estratta per costruire e per ricavare macine da molino), sono stati trovati residui di pietra ollare, roccia metamorfica compatta ma tenera e facilmente lavorabile, commerciata in antico dall’Italia nord-occidentale (soprattutto Piemonte) per fabbricare orci, pentole e teglie da fuoco. Inoltre, straordinaria si è rivelata la quantità di materiale romano di spoglio, segnatamente mattoni, talvolta rilavorati mediante taglio per riadattarli, già noti per la torre ma comparsi anche nelle murature degli edifici civili e probabilmente provenienti da una villa rustica dei dintorni databile al III-V secolo d.C. 
Ma passiamo alle funzioni del sito: «Oltre a quelle militari e di avvistamento dovute alla posizione strategica - conclude Cirelli - abbiamo riscontrato importanti aspetti cimiteriali e religiosi. Per i primi c’è da rimarcare l’esistenza di un vero e proprio sepolcreto-ossario, sistemato nel XIII secolo in una fosse comune appositamente creata per depositarvi il contenuto di preesistenti tombe rimosse per l’espansione delle strutture militari. Per inciso, le ossa sono già state in buona parte analizzate e studiate rivelandoci preziose informazioni: la popolazione era dedita a pesanti lavori agricoli e manuali, soffriva di patologie e la durata media della vita non oltrepassava i 50 anni. Per gli aspetti religiosi sono venute alla luce le fondamenta di una chiesa che quasi certamente è quella di Santa Maria di Ceparano, citata dalle fonti e spostata dalla sua originaria posizione nel tardo Medio Evo ma rimasta all’interno delle mura e da non confondere quindi con la pieve di San Giorgio che nacque separatamente, fuori dal castello e abbastanza distante da esso».
Infine la torre: gli scavi di quest’anno hanno messo in luce le parti inferiori, precedentemente interrate al punto che il pertugio di ingresso, ricavato da un’originaria feritoia-archibugiera, è ora ben «leggibile» nella sua posizione sopraelevata. Sopraelevato peraltro era anche il vero ingresso originario, accessibile mediante scale in legno che venivano retratte in caso di necessità rendendo il fortilizio difficilmente espugnabile.     
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