Sandro Bassi - Verrà inaugurato domenica 25 novembre, alle 10.30, il nuovo allestimento nel Parco dell’ex Cava Monticino di Brisighella, altrimenti detto «Museo geologico all’aperto» perché questa è la sua caratteristica. Oltre a grandi sezioni stratigrafiche, campioni di rocce, memorie di archeologia industriale e più in generale di lavoro dell’uomo intrecciato alla dimensione naturale che costituisce una cornice d’eccezione, oggi il museo possiede la testimonianza tangibile di animali che 6 milioni d’anni fa popolarono questa porzione della neonata Vena del Gesso.
Sulla base dei resti fossili venuti alla luce a partire dagli anni Ottanta del ‘900 un paleontologo faentino, Marco Sami, ha progettato sette ricostruzioni, in resina e in scala naturale, di mastodonte (antenato dell’elefante), rinoceronte, iena, coccodrillo, formichiere, scimmia e cavallo. In realtà si tratta sempre di «antenati» di questi e come tali oggi estinti ma ricostruibili in base ad «estrapolazioni» che partono dai resti fossili. L’esecuzione è di una ditta polacca sempre su supervisione di Sami.
Alla cerimonia parteciperanno in tanti anche perché «in tanti hanno portato un contributo volontario - spiega il direttore del Parco, Massimiliano Costa - e questo sarà un modo per ringraziarli. A parlare sarà il sindaco e poi il presidente dell’Associazione italiana ciechi e ipovedenti perché questi animali, con la loro fisicità e le loro «pelli», sono apprezzabili anche in senso tattile. Poi illustrerò il progetto - continua il direttore - e Marco Sami entrerà nel dettaglio scientifico. Lui stesso poi condurrà una visita guidata e infine, tutti assieme, andremo a piedi fino al Carnè per sentiero: 45 minuti fra creste, rocce e boschetti e infine pranzo al rifugio».
Tra le novità del Parco c’è anche la mostra relativa alla candidatura della Vena del Gesso a Patrimonio dell’Umanità Unesco. Mostra che si terrà al Salone delle Bandiere di palazzo Manfredi a Faenza dal 27 novembre al 21 dicembre. «Il contenuto - ancora Costa - è merito degli speleologi della Federazione regionale, ma servirà a far vedere che il patrimonio della Vena non è solo sotterraneo ma coinvolge tutte le scienze naturali, oltre ad archeologia, antropologia e storia».