Basket B, Regazzi-Faenza, c’eravamo tanto amati: «Una splendida favola cominciata al bar»

Romagna | 07 Ottobre 2022 Sport
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Valerio Roila
Troppo spesso dimentichiamo che siamo fatti della stessa materia delle emozioni che abbiamo vissuto. Magari pensiamo sia solo chimica, e la sotterriamo convinti che bisogna sapersi dominare per conservare lucidità. Ma così facendo ispessiamo corazze, respingendo scintille di vivida umanità, privandoci di colori che ci rendono brillanti, per metterci a pari con un bigio resto del mondo. Coach Marco Regazzi questo errore non lo commette. Cinque anni vissuti a distanza non hanno cancellato alcun ricordo dei sette vissuti sulla sua panchina dei Raggisolaris, portata dalla Promozione in Serie B. E nominare Faenza, città in cui ha vissuto anche parte della sua carriera da giocatore, alla vigilia del suo ritorno per la prima volta da avversario al PalaCattani, come coach della Virtus Imola, è come scoperchiargli un vaso di Pandora delle emozioni, di cui non possiamo che seguire il flusso. Rapiti, perfino commossi, quasi invidiosi di tanto candore. «Qui a Imola - premette - attendono tutti con ansia il derby con l’Andrea Costa, che non si disputa da 35 anni, e che nessuno pensava possibile quando le due società militavano in categorie così diverse. Ma confesso che, quando sono usciti i calendari, sono andato subito a cercare la sfida con Faenza. Quando l’ho vista in programma così presto, non sapevo se ridere o piangere. Speravo di avere più tempo e di avere la prima in casa, per meglio elaborarla, ma d’altra parte così mi levo subito il dente. Cerco di non darlo a vedere, ma è inevitabile che questa sfida mi comporti un moto d’ansia. Tre anni da giocatore, sette da allenatore, più quelli da vice, seppure in diverse società, vivendo i momenti più fulgidi del basket cittadino, non si cancellano in un lustro. Io sono un romantico, allenare è una passione che mi fa passare le notti in bianco, non mi vergogno di dirlo: sfidare il mio passato è un’esperienza emotivamente forte».
La chiusura del rapporto, al tempo, gli provocò qualche ferita, ora rimarginata. Restano, più vive, le tante emozioni vissute, nel suo stile: in disparte nei successi, in prima linea nei momenti bui. Un atteggiamento nobile, con una sola concessione all’orgoglio: che tutto ciò gli venga riconosciuto: «Penso di aver dato a Faenza più di quanto ho ricevuto, di aver dato il mio contributo a rendere grande la società. Siamo andati oltre le attese, superando i piani societari, partendo dalla Promozione ed arrivando in B in quattro anni. È stata una vera favola, di cui ho vissuto l’incipit sin da quel giorno in cui ci siamo incontrati in un bar, tracciandone i primi tratti. Siamo stati la rivelazione della B all’esordio, abbiamo sempre migliorato il record precedente, tranne l’ultimo anno, quando l’abbiamo pareggiato. Dopo la sconfitta nei playoff ho assistito a qualche commento a caldo spiacevole. Non ho mai replicato e non ho intenzione di farlo. Si volta pagina, mi sono ritagliato le mie soddisfazioni personali altrove, tenendo nel cuore le cose importanti realizzate e le amicizie vere coltivate, e non sono mai voluto tornare al Cattani per un discorso sentimentale. Ora che sono costretto, ci vengo con l’animo sereno, di chi è sempre stato rispettoso e coerente nei comportamenti. E sono felice che in tanti mi chiamino in questi giorni per dirmi che verranno a salutarmi, segno che qualcosa di positivo l’ho seminato».
Il fiume di emozioni si placa, ha il suo naturale sbocco nel mare magnum del piano tattico del derby. Perché alla fine, il passato è passato e davanti c’è sempre una partita da giocare. «Sappiamo di dover affrontare una squadra che dichiaratamente punta alle prime posizioni ed è strutturata per questi obiettivi. Noi all’esordio, dal punto di vista fisico e di intensità, abbiamo pareggiato la sfida con Jesi, che l’ha spuntata con giocate di talento. Speriamo di averne tratto lezioni importanti: siamo un po’ immaturi, dobbiamo acquisire malizia, e affinare l’intesa di squadra, integrando Tommasini e recuperando Morara. Abbiamo il nostro entusiasmo e niente da perdere, non faremo certo da vittime sacrificali».
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