Basket B Nazionale, i Blacks Faenza alla scoperta di Begarin aspettando canestri più «pesanti»
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Valerio Roila
La scintilla e l’emozione delle «prime volte», quelle che fanno la storia di una società sportiva. Allargando confini, fissando nuovi punti di partenza, costruendo ponti verso nuove possibilità, non con la pretesa di scoprire nuove terre, ma guardandoli con nuovi occhi. La scorsa settimana, per i Raggisolaris, è stata quella della prima volta di un giocatore straniero a vestirne la maglia. L’arrivo di Jessie Begarin rappresenta più di un semplice ingaggio: è un segno dei tempi, un’apertura verso un mondo dove le frontiere si sfumano e le culture si intrecciano, ed il basket diventa linguaggio universale.
STRANIERO A CHI?
Va inteso cosa si intende per «straniero», perché di giocatori nati da oltre confine ne erano già passati a Faenza, dal montenegrino Milosevic all’ucraino Klyuchnyk, ai camerunesi Ly-Lee e Nkot Nkot. Si trattava però di giocatori formatisi cestisticamente in Italia, quelli a cui la Federazione concede il passaporto sportivo nazionale, equiparandoli a quelli nati nel Belpaese, dopo quattro anni di partecipazione ai campionati giovanili. Si parla invece ora di uno dei giocatori nati e cresciuti cestisticamente all’estero, per i quali, con la riforma entrata in vigore da questa stagione, è stato colmato un anomalo vuoto. In precedenza, infatti, ne era permesso il tesseramento alle società di Serie A e A2 (rispettivamente sei e due), e addirittura in Serie C (per permesso di studio o di lavoro dipendente), ma non in serie B. La nuova normativa ne concede uno per squadra, purché di formazione comunitaria, e sono state diverse le società che hanno accolto tale opzione già da settembre, con le più ambiziose a guardare ad elementi riciclati dalla A2, e le più creative ad attingere al serbatoio della C o pescando dall’estero. Faenza, dopo un’iniziale ritrosia, ha deciso per il grande passo a febbraio, sfruttando la conoscenza del mercato francese di Lotesoriere, che ha puntato su Begarin.
OUI, IL Y A JESSIE
Nato nelle Guadalupe, dipartimento caraibico di proprietà francese, Jessie è il primo di quattro figli, tutti inseriti nel mondo del basket. Tre giocano (il più piccolo, Juhann, è stato selezionato al draft Nba dai Boston Celtics nel 2021, ed attualmente è in Patria, al Nanterre), uno allena. Jessie ha lasciato la sua isola a 16 anni per entrare nel programma federale dell’Insep, ed ha giocato nelle Nazionali giovanili, vincendo l’oro europeo Under 18 ed il bronzo ai Mondiali Under 19. Ha poi difeso i colori di diverse società francesi, con esperienza più prestigiosa in massima serie a Le Portel, giocando l’Europe Cup ed i quarti playoff. Al debutto fuori dalla sua Patria, Begarin ha mostrato, come legittimo, luci ed ombre. L’avvio è stato traumatico, con un paio di triple che non hanno visto il ferro. Poi il suo talento è emerso, dirompendo sul parquet in un finale da 18 punti negli ultimi 11 minuti. Però, c’è un però. Arrivato con le stimmate del play che fa girare la squadra, ad una domanda fatta in sede di presentazione aveva giurato di «non avere preferenze tra un tiro e un passaggio» e di fare sul parquet quello che serviva per vincere. L’evidenza dell’esordio parla di 24 tentativi individuali (col 33% di realizzazione), a fronte di tre assist e tre perse. E non sono purtroppo serviti per vincere con Lumezzane. Il tutto va ovviamente filtrato alla luce di una squadra e di un contesto per lui completamente nuovi, con compagni di cui deve ancora conoscere le peculiarità e con cui affinare l’intesa. Sottratto ora a taccuini e microfoni, per preservarlo da ulteriore esposizione mediatica, la speranza è che nel chiuso della palestra rintracci quel linguaggio comune da condividere con il resto della squadra per abbatterne realmente i confini.