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Basket B Nazionale, alla scoperta del veterano Ammannato dei Blacks Faenza: «Da Siena al bronzo europeo, la mia vita sotto canestro»

Romagna | 28 Marzo 2025 Sport
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Valerio Roila
«Sono cresciuto nella Mens Sana Siena dei tempi d’oro. Mi allenavo con Stonerook, Lavrinovic, Zukauskas, Nicola, Kaukenas, Myers, con coach come Recalcati e Pianigiani. S’impara tanto quando hai così tanto materiale di studio a disposizione». Marco Ammannato, centro dei Blacks, nato a Bagno a Ripoli nel 1988, aveva appena iniziato la sua carriera, muovendo i primi passi, seppure di pochi chilometri, in direzione Sud: San Giovanni Valdarno prima, Siena poi. La chiamata si farà più forte nel corso degli anni. «Mi sono sempre sentito più a mio agio in Meridione. Non a caso i miei rapporti più lunghi sono stati quelli con Scafati e Reggio Calabria, dove mi sono sentito a casa. Una questione di modo di pensare: da quelle parti ti apprezzano per come sei, non solo per il talento. Credo di avere il pregio di farmi voler bene essendo me stesso, in campo mi sbatto, mi tuffo a caccia dei palloni. E mi piace giocare per chi apprezza chi si suda la canotta. A Scafati sono arrivato maturo e con la mia concezione del basket chiara: avrei firmato a vita per loro, anche per l’ottimo rapporto col patron Longobardi. Al terzo posto in questa classifica metto Livorno».
Lì dove iniziò il rapporto con coach Garelli, nel 2020/2021. Quando sfiorarono la promozione in A2, perdendo in finale alla «bella» con la Piacenza in cui militava Seba Vico. In quella drammatica gara-5 ne fecero 14 a testa, lui e l’argentino, ma furono gli emiliani ad esultare.
«Una grande amarezza. Io e il coach vorremmo completare il lavoro a Faenza. Quando mi chiamò Livorno ero scettico perché sarei dovuto scendere in B dopo tanti anni in A2, invece fu una stagione eccellente. Ho un ottimo rapporto con Gigi, ci siamo rincorsi senza riuscire a ritrovarci per qualche stagione. Così, quando ho ricevuto la chiamata dai Blacks, ho detto sì senza nemmeno sapere lo stipendio».
È a Faenza da tre mesi. Dopo un’esperienza in una Serie C deluxe a Mantova, con campionato vinto, ed un problema alla schiena risolto con un intervento. Questo periodo gli è stato utile per capire qualcosa che non poteva sapere prima di riassaggiare le assi del parquet: «Volevo vedere se potevo stare ancora in campo in questa categoria. Posso rispondere in maniera affermativa adesso. Il livello è elevato, non basta il talento, bisogna avere fisico, essere svegli. Ho capito di poter dire ancora la mia. Sono in un bellissimo gruppo, in una società con ambizione e conti a posto, che non ti fa mancare niente. Abbiamo avuto un periodo sfortunato, ma ora difendiamo la qualificazione diretta ai playoff, poi da lì tutto s’azzera e inizia un campionato a parte. Domenica arriva al Cattani una Fidenza che possiamo considerare la rivelazione del girone, ma noi dobbiamo guardare in casa nostra: abbiamo il destino nelle nostre mani».
Ne è passata tanta di acqua sotto i ponti, dal bronzo europeo del 2007 con la Nazionale Under 20, in compagnia di Hackett, Aradori, Datome, arrendendosi solo alla Spagna di Llull e alla Serbia di Teodosic, e battendo la Russia di Shved. Ma Ammannato ha imparato a guardare davanti a sé, a quel che vuol fare da «grande», nella sua seconda vita: «Quella medaglia fu un’enorme soddisfazione, anche perché avevo un anno in meno della maggior parte dei giocatori. Un’esperienza unica misurarsi con quei giocatori, s’intuiva che l’intelligenza cestistica li avrebbe portati lontano. Non so per quanto continuerò a giocare, posso fissare come obiettivo i 40 anni, poi dipende da quanto il fisico seguirà la testa. Intanto, ho studiato da general manager e sostenuto l’esame, facendo pratica con Casalvieri a Mantova. Vorrei rimanere nell’ambiente, perché so già che mi mancherebbe troppo».
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