Basket B, il "Professor" Serra si presenta: "Voglio una Rekico affamata e carica"

Romagna | 28 Maggio 2020 Sport
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Valerio Roila
Il professor Kaplan, accademico di Harvard, sostiene che il segreto dell’invenzione matematica è saper guardare da un angolo inusuale. Ed il nuovo coach dei Raggisolaris Faenza, Alberto Serra, che la matematica la insegna ai suoi allievi del Liceo Scientifico, sta già cercando gli angoli giusti del PalaCattani per sviluppare il suo estro creativo e formare la Rekico che verrà. Forlivese, classe 1972, detto il «Professore», ex guardia formata nel Cà Ossi, con cui esordì in serie C a 17 anni, ha poi vestito la maglia di Libertas Forlì, Manetti Ravenna e Gaetano Scirea Bertinoro, di cui diventò presto allenatore. Nove stagioni di serie C, collimate con una clamorosa finale per la promozione in B, poi la chiamata di Gigi Garelli alla Pallacanestro 2.015 Forlì, il ritorno nella sua città da vice, per la cavalcata promozione e le successive quattro stagioni in A2. Ora ha la sua grande chance per mettersi in gioco in prima persona, in un campionato per lui nuovo, ed in un momento difficile, con una stagione troncata alle spalle ed una dai contorni ancora incerti davanti.
Coach, quanta preoccupazione c’è per questo suo debutto?
«Nessuna, perché dal punto di vista sportivo non c’è niente di drammatico. Piuttosto lo sono dal lato umano, ma spero che l’emergenza si chiuda e che potremo ripartire per dare un senso di normalità e sano divertimento a chi ama assistere ad una competizione sportiva».
La Rekico 2020-2021 è tutta da allestire, con il solo contratto di Sgobba in mano e tante idee in testa. In quale direzione spingerà per inserire i vari tasselli del puzzle neroverde?
«L’idea generale è di avere in squadra atleti affamati, vogliosi di crescere o a caccia di rivalse, che sappiano attaccarsi alla maglia ed uscire dal parquet con la canotta sudata».
È noto per essere legato ad un credo tattico di stampo «difensivista». Vedremo una Rekico che gioca a prenderne uno in meno degli altri?
«Tranquilli, non vinceremo le partite 2-0, vogliamo far divertire chi ci viene a vedere. Mi piace la difesa, perché per segnare può bastare il talento, mentre per difendere serve anche la volontà. Non è però la mia unica idea, ed il tipo di gioco che faremo dipenderà da quello che avrò in mano. Vorrei comunque una squadra aggressiva da entrambi i lati del campo, questo dev’essere l’obiettivo comune».
Ha fatto delle esperienze lunghe e diverse, da capo allenatore in un piccolo sodalizio ad assistente di una società molto ben strutturata. Quanta e quale parte di queste esperienze porterà a Faenza?
«Tutta, perché ho avuto esperienze molto formative. Mi è servita la gavetta in una squadra a conduzione familiare come Bertinoro, in cui ho condiviso tutto con una dirigenza che mi ha permesso di sbagliare, quanto le stagioni a livello professionistico, dove tutto si è accelerato e diventato più difficile da gestire, in uno staff ben organizzato, anche fuori dal campo».
Che promesse si sente di fare ad un pubblico appassionato ma anche esigente come quello del PalaCattani?
«I proclami sugli obiettivi non servono, non posso e non voglio farne, posso però promettere di mettere tutto me stesso, il mio entusiasmo e la serietà nel lavoro».
Se avesse a disposizione un budget illimitato, quale giocatore o tipologia di giocatore le piacerebbe allenare?
«Come Ettore Messina, amo allenare giocatori auto-esigenti, a cui devi spegnere le luci della palestra per farli andare via. Ce ne sono a tutti i livelli, ed anche se è difficile averne dieci in squadra, spesso ne bastano alcuni per trascinare tutto il gruppo a dare il meglio».
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