Basket A2, l'OraSì e il dna vincente di Bulleri: "Sono a Ravenna per imparare"

Romagna | 01 Novembre 2019 Sport
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Stefano Pece
Dietro al lavoro di un buon allenatore c’è sempre l’impegno di uno staff affiatato ed efficiente, quella parte del gruppo di lavoro di cui non si parla mai abbastanza, ma che risulta fondamentale nella routine quotidiana. A Ravenna, al fianco di coach Cancellieri, lavora un uomo del calibro di Massimo Bulleri, un valore aggiunto per la realtà romagnola poiché il «Bullo» di vittorie se ne intende. Due scudetti, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane e una Saporta a livello di club, oltre all’indimenticabile argento alle Olimpiadi di Atene.
Bulleri, qual è il club dove si è trovato meglio nella sua lunga carriera?
«A Treviso ho speso la maggior parte dei miei anni ed è quindi il posto dove sono stato meglio. Ho iniziato dal settore giovanile e sono rimasto per circa dieci anni, quasi metà della mia carriera. Anche Brindisi e Varese sono state società in cui mi sono trovato bene, mentre a Milano è stata una situazione agrodolce. I momenti peggiori? Quelli degli infortuni quando mi sono rotto prima la caviglia e poi il ginocchio».
Passando alla Nazionale, la sua è stata l’ultima a regalare qualcosa di prezioso all’Italia.
«Quell’argento però va a braccetto con il bronzo agli Europei di Svezia dell’anno prima, perché senza quel lasciapassare non saremmo andati ad Atene. È chiaro poi che nella mente resta l’argento, ma tutto è nato dalla Svezia».
Si tratta di un risultato irripetibile per la nostra Nazionale?
«Oggi il metro che si usa per giudicare una squadra è quello dei risultati piuttosto che quello delle potenzialità. E sul piano dei risultati ad oggi la nostra è stata l’ultima Nazionale che ci ha dato soddisfazioni».
Qual è lo stato del basket italiano?
«La Nazionale è la cartina di tornasole di tutto il movimento e se questa non fa risultati vuol dire che il basket italiano non sta benissimo. Le potenzialità ci sono, ma non si riesce a concretizzarle. A livello di club penso però che esistano dei segnali positivi. Per esempio la proprietà Zanetti a Bologna, Armani a Milano, il ritorno di Ettore Messina, la guida Djordjevic, la realtà di Venezia e il ritorno di Treviso sono tutte situazioni che fanno sperare in una crescita globale del movimento. E credo che la vittoria della Virtus in Champions League e di Sassari nella Eurocup ne siano indizi importanti. Ma per quanto riguarda la crescita degli italiani, tutto passa da un maggiore utilizzo dei nostri giocatori rispetto a quello che si fa oggi».
C’è un giocatore che le somiglia nel basket odierno?
«Quando giocavo e mi accostavano a qualcuno, il paragone mi metteva sempre in imbarazzo. I tempi cambiano e il gioco è diverso, quindi sarebbe scomodo fare accostamenti. Ci sono certamente dei ragazzi che hanno grande voglia e desiderio di arrivare ma non vorrei fare nomi».
Adesso è a Ravenna in serie A2: secondo lei è davvero la categoria degli italiani? E può diventare un serbatoio per la serie A e per la Nazionale? 
«È un dato di fatto che sia il campionato degli italiani, poiché gli stranieri sono soltanto due. Il livello è molto interessante e ci sono giocatori futuribili. Il bello e il difficile di questo mestiere è capire chi di loro possa poi rivelarsi appetibile anche per la massima divisione. Penso che qualche atleta ci sia e la storia recente lo ha dimostrato: il primo che mi viene in mente in questo senso è Moraschini, quindi qualcosa si muove».
Bulleri è venuto a Ravenna per...?
«Per imparare da un allenatore con grande esperienza come Cancellieri. Poi per vivere un’esperienza diversa rispetto a quella che ho fatto fino all’anno scorso e per arricchire il mio percorso di crescita professionale».
Un domani diventerà capo allenatore: quale squadra le piacerebbe allenare?
«Più che al domani, preferisco pensare all’oggi. Quel futuro è ancora lontano e preferisco pensare giorno per giorno a cosa sono in grado di fare».
L’OraSì è partita molto bene in campionato, qual è stata la sua arma migliore?
«È una squadra che ha delle doti caratteriali importanti. L’ha dimostrato con Caserta, con Ferrara e a Forlì. Tutte partite vinte dopo una dura battaglia nella quale siamo stati sotto di parecchio. Contestualmente si è vista una crescita sensibile rispetto all’inizio e questo vuol dire che in palestra si lavora bene e che i ragazzi recepiscono in maniera positiva. Il lavoro sta dando dei frutti che vogliamo continuare ad avere in quantità maggiore e in qualità migliore».
Dove può arrivare Ravenna?
«Dobbiamo avere l’ambizione e l’audacia di continuare a fare bene. Possiamo stare dalla parte sinistra della classifica e una volta lì, pensare di arrivare il più in alto possibile, ma senza mai cadere nella presunzione».
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