Basket A1 donne, Porcu saluta il parquet ma non Faenza: «E-Work, a 25 anni cambio vita e passo dal campo alla scrivania»

Romagna | 04 Giugno 2022 Sport
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Tomaso Palli
«Di cose da fare ce ne sono tante, abbiamo appena iniziato». C’è tanta determinazione nelle parole di Rachele Porcu che, a 25 anni, ha fatto una scelta coraggiosa e, probabilmente, inusuale. Dopo la salvezza con la sua E-Work, dove lei era playmaker, ha deciso di lasciare la pallacanestro giocata per passare dietro alla scrivania e ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione e marketing nella società dove ha giocato nelle ultime due stagioni. 
Porcu, dal campo alla scrivania: perché questa decisione?
«A fine stagione abbiamo tirato le somme. La volontà della società era quella di tenermi ma con un minutaggio ridotto perché il roster sarebbe stato ancora più competitivo. Contemporaneamente cercavano una figura per comunicazione e marketing, il lavoro che avrei voluto fare un giorno. Magari non già quest’anno ma tra due o tre. Però si è presentata l’occasione e non potevo non coglierla».
Da quanto la passione per questo settore?
«Quando ero a Venezia, mi sono avvicinata a questo mondo. In quel periodo dovevo anche scegliere l’università e così ho optato per Scienze della Comunicazione. Una volta laureata è arrivata questa opportunità che unisce entrambi i mondi: ho accettato subito». 
Il sogno nel sogno?
«Entrare nel mondo della comunicazione e marketing legato alla pallacanestro era il mio sogno più grande. Si combinavano troppe cose e non potevo dire di no». 
Quanto è stato complicato decidere di smettere a soli 25 anni?
«Sono andata via di casa a 15 anni per una vita da professionista, anche se non siamo riconosciute tali. Negli ultimi dieci non c’è stato altro: allenamenti, fine settimana impegnati, un determinato stile di vita e sette estati di fila con la Nazionale tra Europei e Mondiali. È stato bellissimo, non ho nessun rimpianto e rifarei tutto. Ma a 25 anni sono a un punto che… (pausa, ndr) non mi ha fatto così male l’allontanamento dal campo. Pensavo peggio. Anche se a settembre, quando rivedrò le altre giocare, sarà durissima (sorride, ndr), ma fa parte del gioco». 
Cose le mancherà di più?
«Vivere la squadra! Già adesso sento la differenza. Perché sì, il basket giocato mi mancherà ma, da grande appassionata, vedo tutte le partite, seguo qualsiasi campionato e sono allenatrice nel minibasket. Ma la squadra, il rapporto con le altre, il darsi il cinque durante la partita: è una sensazione che ho sempre avuto nella mia vita e sono certa che sarà la mancanza più grande. Però rimango nell’ambiente che vivrò quasi al 100%».
Sembra a Faenza da una vita: com’è nato questo legame?
«Ero a Campobasso. Durante il lockdown, mi chiamò direttamente Mario (il presidente Fermi, ndr) per offrirmi la possibilità di giocare a Faenza, in una squadra che avrebbe lottato per salire. Ho poi parlato con l’allenatore (Paolo Rossi, ndr) ed ho subito sentito la fiducia tipica di un ambiente giusto. Poi, arrivata in Romagna, ho scoperto tutto il resto: società, gente, città… e ora mi sembra davvero di essere cresciuta qua, non avevo nessuna intenzione di andarmene». 
E si è posta un obiettivo personale nel nuovo ruolo?
«Vogliamo fare un salto di qualità perché l’A1 è un altro livello, non solo in campo. Abbiamo iniziato a buttare giù molte idee, ma l’aspetto importante è l’appoggio totale e la vicinanza della società. Faenza è una grande famiglia e per questo vorrei esaudire l’idea della società senza deludere nessuno».
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